Ordinanza n. 76 del 2006

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ORDINANZA N. 76

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-        Annibale                     MARINI          Presidente

-        Franco                        BILE                  Giudice

-        Giovanni Maria          FLICK                       "

-        Francesco                   AMIRANTE              "

-        Ugo                            DE SIERVO              "

-        Romano                      VACCARELLA        "

-        Paolo                          MADDALENA         "

-        Alfio                           FINOCCHIARO       "

-        Alfonso                      QUARANTA            "

-        Franco                        GALLO                     "

-        Luigi                           MAZZELLA             "

-        Gaetano                      SILVESTRI               "

-        Sabino                        CASSESE                  "

-        Maria Rita                  SAULLE                    "

-        Giuseppe                    TESAURO                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 119 e 142 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), promosso con ordinanza del 26 novembre 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, sul ricorso proposto da El Idrissi Mohammed contro la Prefettura di Terni ed altri, iscritta al n. 168 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2005.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2006 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

    Ritenuto che, con ordinanza del 26 novembre 2004, il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 119 e 142 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione;

    che, secondo quanto il rimettente riferisce, con sentenza in data 3 febbraio 2004, lo stesso Tribunale aveva respinto il ricorso volto all'annullamento di un diniego di regolarizzazione, ai sensi della legge 9 ottobre 2002, n. 222 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari) opposto dall'Ufficio territoriale del Governo di Terni al datore di lavoro di un cittadino extracomunitario;

    che il giudice a quo è chiamato ad esaminare la domanda di liquidazione delle spese di giudizio (compensate con la predetta sentenza), presentata dal difensore dell'extracomunitario, sulla base dell'ammissione di questo al patrocinio a spese dello Stato, disposta con decreto del Presidente del Tribunale;

    che il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiesto la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, invocando l'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui il patrocinio a spese dello Stato è assicurato solo al cittadino italiano e allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare;

    che il successivo art. 142 considera poi il processo avverso il provvedimento di espulsione di cittadini extracomunitari (di cui all'art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), per disporre che le relative spese sono a carico dell'erario e sono liquidate nella misura e con le modalità previste per i cittadini comunitari;

    che la posizione dello straniero, il quale abbia impugnato (come è avvenuto nel giudizio definito con la predetta sentenza) il diniego di regolarizzazione ai sensi della legge n. 222 del 2002, non è dunque riconducibile agli artt. 119 e 142 citati, né viene altrimenti considerata dalla normativa in tema di patrocinio a spese dello Stato;

    che il cittadino extracomunitario, infatti, non è regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, posto che la regolarizzazione prevista dalla legge n. 222 del 2002 presuppone proprio una condizione di clandestinità, sanabile in presenza di determinate condizioni;

    che, d'altra parte, l'impugnazione del diniego di regolarizzazione dinanzi al giudice amministrativo è azione ben distinta dall'impugnazione del provvedimento di espulsione dinanzi al giudice ordinario;

    che, secondo il rimettente, la mancata considerazione dell'impugnazione del diniego di regolarizzazione, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si porrebbe in contrasto con gli art. 3, 24 e 113 della Costituzione;

    che l'estensione dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato ai giudizi in materia di diniego di regolarizzazione non appare conseguibile direttamente in via interpretativa, trattandosi di un'estensione della disciplina che comporta oneri per il bilancio dello Stato;

    che, secondo il giudice a quo, nel caso di specie sussistono gli altri presupposti richiesti dalla legge per l'ammissione al beneficio (condizioni economiche disagiate e non manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso), ed il Consiglio dell'Ordine degli avvocati ha espresso il parere di congruità previsto dall'art. 82, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, con la conseguenza che la questione predetta sarebbe altresì rilevante ai fini della decisione sulla domanda di liquidazione delle spese di giudizio in esame;

    che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.

    Considerato che il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria dubita della legittimità costituzionale degli artt. 119 e 142 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), laddove non prevedono che lo straniero che si trovi in Italia in una situazione di clandestinità possa essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, perché – in relazione alla condizione di disagio sociale e difficoltà economica che rappresenta la normalità per gli aspiranti alla regolarizzazione – affiderebbero l'esito dei procedimenti di regolarizzazione a fattori casuali (quali la possibilità dei singoli di tutelare concretamente le proprie ragioni, sostenendo l'onere del patrocinio), e perché determinerebbero un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altri cittadini extracomunitari, i quali potrebbero usufruire del patrocinio a spese dello Stato per contrastare provvedimenti negativi incidenti sulla possibilità di permanere nel territorio italiano (impugnazione dei dinieghi di rinnovo del permesso di soggiorno), giovandosi di una situazione di soggiorno regolare; nonché per violazione dell'art. 24 della Costituzione, perché non si potrebbe escludere che lo straniero legittimamente espulso sia comunque parte di controversie civili o amministrative che per lui rivestono vitale importanza senza avere i mezzi per sostenerle; e per violazione dell'art. 113 della Costituzione, che sostanzialmente riproduce, con uguale latitudine, il disposto dell'art. 24, riferendosi in particolare alla tutela giurisdizionale davanti agli organi della giustizia amministrativa;

    che il provvedimento di rimessione fornisce una descrizione insufficiente in ordine alla fattispecie concreta sottoposta all'esame del giudice a quo, dal momento che si limita ad affermare che sussistono le condizioni economiche disagiate del ricorrente, quale presupposto richiesto per l'ammissione al beneficio, senza tenere presente che da tale affermazione non si desume se il cittadino extracomunitario fosse o meno in possesso dei requisiti di reddito necessari per accedere al patrocinio a spese dello Stato;

    che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice deve rendere esplicite le ragioni che lo inducono a sollevare la questione di costituzionalità con una motivazione autosufficiente, tale da permettere la verifica della valutazione sulla rilevanza, ciò che, per le evidenziate lacune, non risulta possibile nel caso di specie;

    che tale insufficienza della motivazione, non consentendo alla Corte il controllo sulla rilevanza della questione nel giudizio a quo, determina la manifesta inammissibilità della questione sollevata (ex plurimis: ordinanze n. 365 e n. 251 del 2005, n. 309 e n. 257 del 2004).

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 119 e 142 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2006.