Ordinanza n. 9 del 2006

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ORDINANZA N. 9

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                                                        BILE                                      Presidente

-  Giovanni Maria                                          FLICK                                     Giudice

-  Francesco                                                   AMIRANTE                             “

-  Ugo                                                            DE SIERVO                             “

-  Romano                                                      VACCARELLA                       “

-  Paolo                                                          MADDALENA                        “

-  Alfio                                                           FINOCCHIARO                      “

-  Alfonso                                                      QUARANTA                            “

-  Franco                                                        GALLO                                     “

-  Luigi                                                           MAZZELLA                             “

-  Gaetano                                                     SILVESTRI                               “

-  Sabino                                                        CASSESE                                  “

-  Maria Rita                                                  SAULLE                                    “

-  Giuseppe                                                    TESAURO                                 “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 17,  comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383  (Primi interventi per il rilancio dell’economia), promosso con ordinanza depositata l’11 dicembre 2003 dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, nel giudizio tributario vertente tra l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Lecce 1, Alberto Greco ed altri, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visti l’atto di costituzione di Alberto Greco, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 13 dicembre 2005 il Giudice relatore Franco Gallo;

udito l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, nel corso di quattro giudizi di appello riuniti, aventi ad oggetto altrettante sentenze di primo grado emesse a séguito dell’impugnazione proposta dagli eredi di Marcello Greco avverso due avvisi di liquidazione dell’imposta relativa alla successione di quest’ultimo, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con ordinanza datata 16 settembre 2003 e depositata l’11 dicembre dello stesso anno, ha sollevato – in riferimento al principio di «legittimo affidamento nella certezza e sicurezza giuridica del diritto» ed agli artt. 3 e 53 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 17,  comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383  (Primi interventi per il rilancio dell’economia);

che la Commissione tributaria regionale preliminarmente rileva che alla fattispecie sottoposta al suo esame, relativa ad una successione aperta nel 1989, è applicabile ratione temporis la normativa sulle imposte di successione di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni), vigente anteriormente alla legge n. 383 del 2001, perché questa legge – in forza del combinato disposto degli artt. 13, comma 1, e 17, comma 1 – ha previsto la soppressione di detto tributo soltanto per le successioni aperte a decorrere dal 25 ottobre 2001;

che il giudice rimettente, sulla base di tale premessa, denuncia l’illegittimità costituzionale delle indicate disposizioni della legge n. 383 del 2001, in quanto queste – nello stabilire la soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni (comma 1 dell’art. 13) e nel delegare al Governo l’adozione, entro un anno e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, di uno o più decreti legislativi, aventi il fine di coordinare le altre norme fiscali con la nuova disciplina del tributo e di abrogare espressamente tutte le disposizioni di legge incompatibili (comma 1 dell’art. 17) – non prevedono, «nella regolamentazione transitoria della stessa legge in rapporto a quelle previgenti sulla stessa materia […], l’espressa abrogazione, da parte dello stesso legislatore o del Governo delegato all’emanazione di uno o più decreti legislativi, delle disposizioni vigenti e contenute nel D. Lgs. 346 del 31.10.1990 e succ. mod. (legge 342/2000), ove siano incompatibili con quelle contenute nella legge n. 383/2001», con effetto sulle situazioni ancora pendenti;

che per il giudice a quo, in particolare, le disposizioni censurate, in quanto non stabiliscono la suddetta «espressa abrogazione» retroattiva delle previgenti disposizioni «incompatibili», in materia di imposta sulle successioni e donazioni, violerebbero: a) il principio di «legittimo affidamento nella certezza e sicurezza giuridica del diritto», perché provocherebbero «notevoli incertezze e perplessità, a livello ermeneutico», «anche per la mancata emanazione […] da parte del Governo dei decreti legislativi» previsti dal comma 3 dell’art. 17 della legge n. 383 del 2001; b) l’art. 3 della Costituzione, sia perché si porrebbero irragionevolmente in contrasto con l’intendimento espresso dallo stesso legislatore, nel citato comma 3, di predisporre una «regolamentazione transitoria con eliminazione di tutte le disposizioni incompatibili con la nuova normativa», sia perché introdurrebbero una ingiustificata disparità di trattamento fiscale tra le successioni per causa di morte aperte anteriormente al 25 ottobre 2001 (soggette ad imposta) e quelle aperte a decorrere da tale data (non soggette ad imposta); c) l’art. 53 della Costituzione, perché, in riferimento alla riscossione di un’imposta «ad oggi abrogata espressamente dalla legge 383/2001», legittimerebbero una pretesa fiscale da «considerarsi carente del requisito dell’attualità, collegato alla capacità contributiva»;

che secondo la Commissione rimettente, infine, la rilevanza della questione è in re ipsa, trattandosi di fattispecie regolata dalla normativa in materia di imposta sulle successioni anteriore all’entrata in vigore della legge n. 383 del 2001;

che nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituito il contribuente Alberto Greco, uno degli eredi del de cuius, illustrando ulteriormente le argomentazioni addotte dal rimettente e concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma denunciata; 

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo una pronuncia di manifesta inammissibilità o, in subordine, di manifesta infondatezza della questione;

che, in relazione alla eccepita inammissibilità, la difesa erariale sottolinea che la pronuncia additiva richiesta dal rimettente non costituisce una conseguenza necessitata dell’applicazione dei princípi costituzionali, essendo invece prospettabile una pluralità di soluzioni, la cui scelta resta riservata alla discrezionalità del legislatore;

che, sempre in punto di inammissibilità, la stessa difesa erariale rileva che il giudice a quo non precisa se l’intervento additivo dovrebbe inserirsi nel testo della legge o dei decreti delegati previsti dal denunciato comma 3 dell’art. 17 della legge n. 383 del 2001 (per i quali è ormai decorso il termine per l’esercizio della delega);

che, in relazione alla dedotta infondatezza, l’Avvocatura generale dello Stato osserva, in primo luogo, che, in ragione del decorso del tempo, non sussiste alcuna irragionevole disparità di trattamento fiscale tra successioni ereditarie aperte in tempi diversi; in secondo luogo, che sarebbe, semmai, l’accoglimento della prospettata censura a comportare una irragionevole disparità di trattamento fiscale, considerato che, relativamente alle successioni aperte anteriormente al 25 ottobre 2001, sarebbero sottratte all’imposta di successione soltanto quelle per le quali, alla data di soppressione dell’imposta, la relativa pendenza tributaria non fosse stata ancora definita; in terzo luogo, che le valutazioni poste dal legislatore del 2001 a fondamento della soppressione dell’imposta di successione hanno natura politica e non riguardano la legittimità costituzionale della previgente normativa (questione, questa, non sollevata dal rimettente); in quarto luogo, che il denunciato comma 3 dell’art. 17 della legge n. 383 del 2001 non manifesta alcun intendimento del legislatore di abrogare retroattivamente la previgente imposta sulle successioni e donazioni; in quinto luogo, che la capacità contributiva va considerata, nell’imposta in esame, al momento dell’apertura della successione e non al successivo momento della riscossione del tributo; in sesto luogo, infine, che non sussiste la lamentata violazione dei princípi di affidamento e certezza del diritto, perché non è ipotizzabile alcun affidamento del cittadino nell’estensione retroattiva di un trattamento fiscale piú favorevole (cioè, nella specie, negli effetti retroattivi della soppressione di un tributo).

Considerato che la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 17, comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383  (Primi interventi per il rilancio dell’economia), nella parte in cui non prevedono – per le situazioni ancora pendenti – l’espressa abrogazione, «da parte dello stesso legislatore o del Governo delegato all’emanazione di uno o più decreti legislativi», delle disposizioni in materia di imposta sulle successioni e donazioni contenute nel decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) e successive modificazioni, ove siano «incompatibili» con quelle contenute nella legge n. 383 del 2001, che ha soppresso tale tributo;

che, secondo il giudice rimettente, le disposizioni censurate, in quanto non stabiliscono la suddetta «espressa abrogazione» retroattiva delle previgenti disposizioni «incompatibili» in materia di imposte sulle successioni e donazioni, violerebbero: a) il principio di «legittimo affidamento nella certezza e sicurezza giuridica del diritto», perché provocherebbero «notevoli incertezze e perplessità, a livello ermeneutico», «anche per la mancata emanazione […] da parte del Governo dei decreti legislativi» previsti dal citato comma 3 dell’art. 17 della legge n. 383 del 2001; b) l’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del principio di ragionevolezza, perché si porrebbero in contraddizione con l’intendimento dello stesso legislatore – desumibile dal citato comma 3 – di predisporre una «regolamentazione transitoria con eliminazione di tutte le disposizioni incompatibili con la nuova normativa»; sia sotto il profilo del principio di uguaglianza, perché introdurrebbero una ingiustificata disparità di trattamento fiscale tra le successioni per causa di morte aperte anteriormente al 25 ottobre 2001 (soggette ad imposta) e quelle aperte a decorrere da tale data (non soggette ad imposta); c) l’art. 53 della Costituzione, perché, in riferimento alle successioni aperte prima del 25 ottobre 2001, comporterebbero l’applicazione di un’imposta che il legislatore ha ritenuto opportuno sopprimere e per la quale, pertanto, non sussisterebbe più il requisito di una attuale capacità contributiva;

che la questione sollevata è manifestamente inammissibile per diversi e concorrenti profili;

che, sotto un primo profilo, la questione è inammissibile perché il giudice a quo, nel richiedere alla Corte una pronuncia additiva ad effetti abrogativi e retroattivi, prospetta un petitum generico, avendo omesso di precisare quali siano le norme previgenti che dovrebbero essere «espressamente» e retroattivamente abrogate in ragione della loro incompatibilità con quelle vigenti («ove siano incompatibili», come testualmente si esprime detto giudice);

che tale individuazione, da parte del rimettente, delle disposizioni «incompatibili» da abrogare appare tanto piú necessaria in quanto non sembra poter sussistere, nella specie, alcuna incompatibilità tra norme che hanno efficacia temporale diversa (cioè quelle anteriori e quelle successive alla soppressione dell’imposta);

che, sotto un secondo profilo, la questione è inammissibile perché la Commissione tributaria regionale esige, altrettanto genericamente, che l’invocata abrogazione retroattiva di norme previgenti sia inserita in una «regolamentazione transitoria» e, quindi, che operi tramite la sostituzione delle norme previgenti con altre di imprecisato contenuto;

che, sotto un terzo profilo, la questione è inammissibile perché il rimettente lascia irrisolta l’alternativa, da lui stesso posta, se l’indicata abrogazione retroattiva debba essere prevista direttamente dalla legge n. 383 del 2001 oppure se debba costituire un mero criterio direttivo da attuarsi ad opera del legislatore delegato («abrogazione, da parte dello stesso legislatore o del Governo delegato all’emanazione di uno o più decreti legislativi», come si legge nell’ordinanza di rimessione);

che, inoltre, il giudice a quo non fornisce, per l’ipotesi di abrogazione delegata al Governo, alcuna motivazione sulla rilevanza della sollevata questione nei giudizi riuniti a quibus, trattandosi di disposizione abrogativa futura ed eventuale, da emanarsi – tra l’altro – in forza di una delega concessa al Governo per un termine ormai da tempo scaduto (un anno a decorrere dal 25 ottobre 2001);

che la questione è, infine, inammissibile anche perché il petitum del rimettente comporta una pluralità di soluzioni in ordine al possibile contenuto della richiesta pronuncia additiva, nessuna delle quali appare costituzionalmente vincolata e la cui scelta è pertanto rimessa alla discrezionalità del legislatore (v., in generale, ex plurimis, sentenza n. 291 del 2001; ordinanze n. 399, n. 273 e n. 260 del 2005), soprattutto ove si consideri che, in materia di successione di leggi, il legislatore ha ampia discrezionalità di modulare nel tempo la disciplina introdotta (v., ex multis, sentenza n. 308 del 2002 ed ordinanza n. 108 del 2002), con l’unico limite della ragionevolezza (nella specie non superato), e che non è consentito, nel controllo di costituzionalità, valutare il merito delle scelte discrezionali del legislatore.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 17, comma 3, della legge 18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi per il rilancio dell’economia), sollevata, in riferimento al principio di «legittimo affidamento nella certezza e sicurezza giuridica del diritto» ed agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2006.

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2006.