ORDINANZA N.196
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei Deputati del 5 novembre 1998 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi, nei confronti di Gianfranco Amendola, promosso dal Tribunale di Roma con ricorso depositato il 12 gennaio 2001 ed iscritto al n. 175 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che avanti al Tribunale di Roma pende procedimento civile per risarcimento danni promosso dal magistrato Gianfranco Amendola nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi, a seguito di espressioni ritenute offensive e diffamatorie da quest'ultimo pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda in data 8 aprile 1993;
che la Camera dei deputati, con deliberazione adottata in Assemblea il 5 novembre 1998, difforme rispetto alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha ritenuto l'insindacabilità di tali espressioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che con ricorso in data 22 novembre 2000 il Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla predetta delibera;
che il Tribunale ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, rileva che le opinioni del parlamentare rientrano nella previsione dell'art. 68 Cost. solo se <<legate da "nesso funzionale" con le attività svolte "nella qualità" di membro delle Camere>> e quindi espresse <<nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi tra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facoltà proprie del parlamentare in quanto membro dell'Assemblea>>, mentre l'attività politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito esula dalla sfera di applicazione dell'art. 68 Cost. e la sua insindacabilità si trasformerebbe in un privilegio personale, <<finendo per conferire ai parlamentari una sorta di statuto personale di favore quanto all'ambito e ai limiti della loro libertà di manifestazione del pensiero>>;
che il significato della funzione parlamentare - prosegue il Tribunale - non può essere dilatato sino a ricomprendervi l'attività politica svolta in qualsiasi sede e neppure é sufficiente che la dichiarazione possa trovare collocazione in un contesto genericamente politico, in quanto il "nesso funzionale" va inteso <<come identificabilità della dichiarazione stessa quale espressione di attività parlamentare>>;
che il ricorrente rileva che la Giunta per le autorizzazioni a procedere, nell'esprimere parere negativo alla richiesta di insindacabilità, aveva affermato che <<...proprio la dignità delle prerogative parlamentari impone di non "coprire" attraverso queste l'ingiuria e l'offesa personale, in quanto la salvaguardia della libertà di pensiero deve tener conto dell'esigenza di rispettare l'altrui diritto all'onore e al decoro. Espressioni che sono insulto gratuito e personale nulla hanno a che vedere con la funzione parlamentare. Se così fosse, "l'insindacabilità" significherebbe permettere di insultare, diffamare e offendere chiunque>>;
che il ricorrente conclude che la deliberazione adottata dall'Assemblea in data 5 novembre 1998 non é <<conforme all'ordinamento costituzionale (art. 68 Cost.)>> e deve essere annullata.
Considerato che in questa fase la Corte é chiamata preliminarmente a decidere, senza contraddittorio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi richiamati dal primo comma dello stesso articolo, impregiudicata ogni decisione definitiva anche sull'ammissibilità;
che il Tribunale di Roma é legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali ad esso attribuite in relazione al giudizio civile pendente per risarcimento dei danni, in conformità al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione;
che, parimenti, la Camera dei deputati é legittimata ad essere parte nel presente conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale di Roma lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione costituzionalmente garantita, in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo per erroneità dei relativi presupposti, del potere, spettante alla Camera dei deputati, di dichiarare l'insindacabilità, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse dai propri membri nell'esercizio delle loro funzioni;
che dall'ordinanza possono ricavarsi le "ragioni di conflitto" e le "norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Roma ricorrente;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2001.