ORDINANZA N. 260
ANNO 2005REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Tribunale di sorveglianza di Sassari, con ordinanza del 24 dicembre 2003, su istanza proposta da K. K., iscritta al n. 409 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 maggio 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Sassari – chiamato a decidere sull’opposizione avverso il decreto di espulsione a titolo di sanzione alternativa emesso dal Magistrato di sorveglianza di Nuoro nei confronti di un cittadino marocchino – ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 (in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848), 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), «nella parte in cui non estende il divieto di espulsione allo straniero che, pur non in regola con le norme di soggiorno, abbia tutti i familiari regolarmente soggiornanti in Italia e non abbia più alcun legame familiare, sociale, linguistico e culturale con il suo paese di origine»;
che il giudice a quo premette che il cittadino marocchino destinatario del provvedimento impugnato sta espiando una condanna per reati contro il patrimonio – non rientranti nella fattispecie di cui all’art. 407, comma 2, lettera a), cod. proc. pen. – con una pena residua non superiore a due anni di reclusione;
che, avendo la Questura di Milano verificato che tale soggetto si è trattenuto nel territorio italiano con un permesso di soggiorno scaduto da più di sessanta giorni, il Magistrato di sorveglianza di Nuoro ha disposto nei suoi confronti l’espulsione, con provvedimento dell’8 ottobre 2003, oggetto di opposizione;
che il Tribunale precisa, inoltre, di aver revocato nei confronti del predetto, con proprio provvedimento del 18 dicembre 2003, la misura della detenzione domiciliare, a seguito di un episodio di evasione per il quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere;
che il giudice a quo rammenta come l’art. 13, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 286 del 1998 imponga l’espulsione dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, nonché dello straniero il cui permesso di soggiorno sia scaduto da più di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo;
che nel caso di specie, non costituendo lo stato di detenzione un motivo idoneo ad integrare gli estremi del caso di forza maggiore ai fini della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e non sussistendo nessuna delle situazioni nelle quali l’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 vieta l’espulsione o il respingimento dello straniero, ad avviso del remittente ricorrono tutte le condizioni affinché sia applicata al detenuto la misura dell’espulsione «prevista dalla normativa in esame»;
che, tuttavia, l’applicazione della normativa citata determinerebbe «effetti irragionevoli ed iniqui» nei confronti del cittadino marocchino in questione il quale, ove espulso dall’Italia e fatto rimpatriare in Marocco, «verrebbe a trovarsi in condizioni di vita tali da non garantirgli i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione», non avendo egli parenti nel paese d’origine, non conoscendo l’arabo e, per di più, trovandosi ormai in Italia tutto il suo nucleo familiare;
che, d’altra parte, non potrebbero essere applicate né l’ipotesi di divieto di espulsione di cui all’art. 19, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998 – poiché egli non è convivente con parenti entro il quarto grado, né coniuge di una persona di nazionalità italiana – e neppure alcuna altra ipotesi regolata dalla norma impugnata, la quale contiene un elenco tassativo di fattispecie non suscettibili di interpretazione estensiva da parte del giudice;
che il Tribunale di sorveglianza di Sassari, inoltre, ricorda che questa Corte si è già espressa in più occasioni a proposito dei limiti posti ai cittadini stranieri in ordine al ricongiungimento familiare, citando in proposito le sentenze n. 28 del 1995, n. 203 e n. 353 del 1997, nonché l’ordinanza n. 232 del 2001, provvedimenti ai quali va aggiunta la sentenza n. 376 del 2000 nella quale la Corte, sia pure con riferimento ad un’ipotesi eccezionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della lettera d) del comma 2 dell’art. 19 impugnato, nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito straniero convivente con una donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
che il giudice a quo fa presente di aver seguito in precedenza una giurisprudenza che non riteneva la norma impugnata in contrasto con l’art. 3 Cost., aggiungendo però che il caso in esame «presenta delle connotazioni diverse ed eccezionali» rispetto alle altre, perché la particolare situazione del cittadino marocchino in questione fa sì che il suo forzato rientro nel paese di origine lo costringa «ad una vita di emarginazione, povertà, incomprensione dei valori e della cultura locale e difficoltà nei rapporti sociali»;
che nel caso specifico, quindi, a parere del Tribunale, la norma impugnata viola il principio di uguaglianza e quello di ragionevolezza, perché «non contempla tra i divieti di espulsione e di respingimento il caso degli stranieri che, pur non in regola con le norme di soggiorno, abbiano tutti i familiari regolarmente soggiornanti in Italia e non abbiano più alcun legame familiare, sociale, linguistico e culturale con il loro paese di origine»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Sassari dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 (in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848), 29 e 30 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, «nella parte in cui non estende il divieto di espulsione allo straniero che, pur non in regola con le norme di soggiorno, abbia tutti i familiari regolarmente soggiornanti in Italia e non abbia più alcun legame familiare, sociale, linguistico e culturale con il suo paese d’origine»;
che, secondo il remittente, l’espulsione di uno straniero che si trova nelle condizioni suindicate può essere equiparata a quella del perseguitato, perché entrambi troverebbero nel luogo di rimpatrio un ambiente ostile o quanto meno a loro estraneo;
che, inoltre, sarebbero lesi i diritti della personalità e dell’unità familiare;
che la questione postula una pronuncia additiva concernente situazioni indeterminate e comportante quindi l’esercizio di valutazioni discrezionali estranee alle funzioni di questa Corte e ciò riguardo sia alla vita dello straniero in Italia, sia alla sua estraneità rispetto allo Stato di destinazione di cui è cittadino;
che non esistono soluzioni costituzionalmente vincolate in grado di ovviare ai pregiudizi derivanti dall’espulsione prospettati dall’ordinanza di rimessione (sui limiti della tutela costituzionale del diritto all’unità familiare per il cittadino straniero cfr., peraltro, la sentenza n. 224 del 2005);
che non è quindi pertinente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 376 del 2000, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286 del 1998 nella parte in cui non estendeva il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
che, infatti, con la sentenza citata la Corte ha esteso al marito e padre lo stesso divieto di espulsione già previsto dall’ordinamento per la madre, sul rilievo che, sotto il profilo affettivo ed assistenziale, sussistevano riguardo al primo le stesse esigenze della donna che il legislatore ordinario aveva inteso soddisfare;
che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 (in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848), 29 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Sassari con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2005.