ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza emessa il 17 maggio 2000 dal Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, nel procedimento civile vertente tra Tosku Tatjana e il Prefetto di Palermo, iscritta al n. 572 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, con ordinanza emessa il 17 maggio 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione dello straniero coniugato e convivente con altro cittadino straniero in possesso di regolare permesso di soggiorno, per violazione degli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione;
che il giudice a quo è chiamato a decidere su un ricorso avverso un decreto prefettizio di espulsione proposto da una cittadina albanese, coniugata e convivente in Bagheria con un concittadino munito di regolare permesso di soggiorno e madre di un minore che frequenta la scuola elementare, la quale ha impugnato il provvedimento deducendo la propria condizione di ignoranza delle disposizioni in vigore, che le avrebbe impedito di regolarizzare la presenza sul territorio dello Stato;
che secondo il rimettente la norma impugnata violerebbe l'art. 2 Cost. che riconosce e garantisce allo straniero i diritti inviolabili dell'uomo, tra cui quello di formare e mantenere l'unità della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, riconosciuta anche dall'art. 29 Cost. e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
che, secondo il giudice a quo, vi sarebbe una disparità di trattamento tra lo straniero coniuge convivente di altro straniero munito di permesso di soggiorno e lo straniero coniugato e convivente con un cittadino italiano e la norma non considererebbe l’interesse del fanciullo, il quale riceverebbe un danno a causa del distacco, anche temporaneo, dal genitore espulso;
che la mancata previsione del divieto di espulsione di cui trattasi si porrebbe perciò in contrasto con i principi di eguaglianza sostanziale e di tutela della famiglia previsti dalla Costituzione e riconosciuti dalla stessa legge ordinaria;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;
che preliminarmente l’Avvocatura osserva che alcuni tra i parametri invocati dal rimettente non sono nell’ordinanza sorretti da alcuna argomentazione e che il riferimento all'art. 3 Cost. appare erroneo, non potendosi mettere sullo stesso piano la condizione dello straniero convivente col coniuge di nazionalità italiana con quella di chi convive col coniuge anch'egli straniero, sia pure munito di regolare permesso di soggiorno;
che, secondo la difesa erariale, per le situazioni come quella descritta dal rimettente la legge appresta l’istituto del ricongiungimento familiare, subordinato alla sussistenza di specifici requisiti, ed in particolare all'idoneità dello straniero a provvedere al sostentamento del nucleo familiare, mentre un generalizzato divieto di espulsione sconvolgerebbe il sistema dei controlli sui flussi di immigrazione, mentre i valori dell'unità familiare e dell'interesse dei figli minori vanno contemperati con altri valori, anch’essi costituzionalmente garantiti, tra i quali vi è indubbiamente l'ordine pubblico.
Considerato che il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione dello straniero coniugato e convivente con altro cittadino straniero in possesso di regolare permesso di soggiorno, per violazione degli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione;
che, quanto alla ritenuta violazione degli artt. 2, 29 e 30 Cost., va osservato che il d.lgs. n. 286 del 1998 appresta, agli artt. 27 e seguenti, una specifica tutela del diritto dello straniero, che sia regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, a mantenere l’unità del suo nucleo familiare, prevedendo la possibilità del ricongiungimento familiare che, nella sussistenza delle condizioni regolate dall’art. 29, può essere chiesto in particolare per il coniuge e per i figli minori a carico;
che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’esercizio del diritto al ricongiungimento può essere sottoposto dalla legge a condizioni volte ad assicurare "un corretto bilanciamento con altri valori dotati di pari tutela costituzionale" (sentenza n. 28 del 1995), ed in particolare “alla condizione che sussista la possibilità di assicurare al familiare, con cui si opera il ricongiungimento, condizioni di vita che consentano un'esistenza libera e dignitosa” (sentenza n. 203 del 1997);
che in applicazione dei medesimi principi questa Corte ha costantemente affermato che il legislatore può legittimamente porre dei limiti all’accesso degli stranieri nel territorio nazionale effettuando un “corretto bilanciamento dei valori in gioco”, esistendo in materia una ampia discrezionalità legislativa limitata soltanto dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente irragionevoli (cfr. sentenza n. 353 del 1997);
che, al contrario, la questione sollevata dal giudice rimettente, ove accolta, andrebbe a vanificare i presupposti previsti dalla legge per il ricongiungimento familiare, dal momento che sarebbe consentito comunque allo straniero coniugato e convivente con altro straniero di aggirare le norme in materia di ingresso e soggiorno, con evidente sacrificio degli altri valori costituzionali considerati dalle norme in materia, perché non vi sarebbe alcun controllo circa la sussistenza delle condizioni minime per il ricongiungimento;
che, quanto alla ritenuta violazione dell’art. 3 Cost., non può effettuarsi alcun giudizio di comparazione tra lo straniero coniugato con altro straniero - sia pur munito di permesso di soggiorno - e quella dello straniero coniugato con un cittadino italiano, o con quella dello straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il quarto grado, trattandosi di situazioni del tutto eterogenee fra loro, non potendosi paragonare la situazione di chi ha vincoli familiari con un cittadino con quella di colui che è coniugato con altro straniero;
che pertanto la questione è manifestamente infondata sotto ogni profilo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo, sezione di Bagheria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.