ORDINANZA N. 186
ANNO 2005REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Piero Alberto CAPOTOSTI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito di tre ordinanze del 14 luglio 2000, del 9 ottobre 2000, del 21 novembre 2001 e della sentenza 29 aprile – 5 agosto 2003, n. 4688/03, emesse dal Tribunale di Milano, quarta sezione penale, promosso dalla Camera dei deputati con ricorso depositato l’11 gennaio 2005 ed iscritto al n. 281 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che con ricorso depositato l’11 gennaio 2005 la Camera dei deputati ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Tribunale di Milano, quarta sezione penale, in ragione e per l’annullamento delle ordinanze in data 14 luglio 2000, 9 ottobre 2000, 21 novembre 2001 e della sentenza in data 29 aprile – 5 agosto 2003, n. 4688/03, rispettivamente emesse nel corso e a conclusione dei procedimenti penali riuniti R.G. Trib. n. 1600/00 e n. 7928/01, a carico, tra gli altri, del deputato Cesare Previti;
che nelle menzionate ordinanze sono state respinte le eccezioni avanzate dalla difesa del deputato di nullità – in ragione dell’impedimento del parlamentare a partecipare alle udienze del 17 e 22 settembre 1999, 5 e 6 ottobre 1999 – dei relativi atti nonché del decreto che dispone il giudizio;
che nella sentenza indicata si è pronunciata la condanna del deputato richiamando e ribadendo, in sede di esame delle questioni processuali, le determinazioni contenute nelle precedenti ordinanze di cui si è detto;
che, in particolare, nell’ordinanza in data 14 luglio 2000 il Tribunale ha escluso che l’impedimento dedotto potesse considerarsi ritualmente provato ritenendo che gli avvisi di convocazione a firma del capogruppo parlamentare del partito di appartenenza del deputato Previti, depositati nell’ambito delle udienze in argomento, non fossero documenti idonei a dimostrare la sussistenza e la effettività dell’impedimento dell’imputato in relazione alle sedute della Camera concomitanti con le udienze;
che il Tribunale ha, inoltre, aggiunto che, in base al testo dell’art. 420 cod. proc. pen. vigente all’epoca dello svolgimento delle udienze di cui si tratta, al legittimo impedimento veniva attribuita rilevanza solo ai fini delle prima udienza di costituzione delle parti e non per le udienze successive, quali sono quelle in argomento;
che nella ordinanza del 9 ottobre del 2000 il Tribunale, pur dando atto che all’udienza del 13 novembre 1999 era stata depositata la documentazione ufficiale della Camera dei deputati dalla quale risultava la presenza in aula dell’onorevole Previti nei giorni considerati, riteneva tardiva la suddetta allegazione e confermava le conclusioni raggiunte nel proprio precedente provvedimento di cui riproduceva le argomentazioni;
che nell’ordinanza del 21 novembre 2001 lo stesso Tribunale prendeva, in primo luogo, atto dell’annullamento delle ordinanze in data 17 settembre, 20 settembre, 22 settembre, 5 ottobre e 6 ottobre 1999 emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, disposto da questa Corte con la sentenza n. 225 del 2001, con la quale è stato deciso il conflitto tra poteri dello Stato sollevato dalla Camera dei deputati, con ricorso depositato il 19 novembre 1999, nel corso del medesimo procedimento penale cui si riferisce l’attuale conflitto;
che, quindi, il Tribunale disponeva che dovesse ugualmente procedersi oltre nel dibattimento, sul presupposto che l’annullamento delle suddette ordinanze non potesse riverberarsi sul decreto di rinvio a giudizio e sugli altri atti del dibattimento in quanto doveva ritenersi che, per motivi diversi da quelli censurati da questa Corte, il G.u.p. avesse comunque proceduto legittimamente in assenza dell’imputato, il cui diritto di difesa non era stato violato;
che i medesimi argomenti sono, poi, stati confermati e richiamati nella sentenza dello stesso Tribunale n. 4688 del 2003;
che, secondo la difesa della Camera, con i suddetti atti si sarebbe affermato un convergente indirizzo in tema di impedimento parlamentare che, anche in ragione delle motivazioni addotte a suo sostegno, risulterebbe lesivo delle attribuzioni costituzionali della Camera stessa;
che, quanto all’ammissibilità del conflitto, la ricorrente, dopo aver affermato – facendo riferimento alla consolidata giurisprudenza di questa Corte – la propria legittimazione attiva e quella passiva del Tribunale di Milano, quarta sezione penale, osserva che nessun dubbio può nutrirsi neppure in merito alla sussistenza dei requisiti oggettivi del conflitto di attribuzione, posto che questa Corte è chiamata a stabilire se mediante i provvedimenti giurisdizionali di cui si tratta si sia illegittimamente inciso sulle attribuzioni della Camera, con particolare riferimento alle disposizioni costituzionali poste a tutela della indipendenza, autonomia e integrità della stessa nonché a quelle che presidiano il libero esercizio del mandato rappresentativo;
che, per quel che riguarda l’interesse a ricorrere, la Camera sottolinea che negli atti di cui si tratta è stato del tutto omesso – o comunque è stato effettuato con esito irragionevole e inadeguato – il bilanciamento, allo scopo di renderle compatibili, tra le esigenze del processo e quelle connesse all’attività parlamentare, oltretutto dopo che tale tipo di bilanciamento era stato espressamente prescritto da questa Corte nella sentenza n. 225 del 2001, nella quale si è posto l’accento anche sulla pubblicità degli atti e dei lavori parlamentari e sulla conseguente praticabilità del relativo riscontro, se del caso, da parte dello stesso giudice procedente, onde scongiurare la concomitanza delle udienze penali con i lavori parlamentari;
che altrettanto chiaro sarebbe l’interesse della ricorrente a vedere stigmatizzata l’affermazione, reiterata nei provvedimenti in argomento, sulla inidoneità della prova dell’impedimento addotta dal deputato Previti, in quanto tale affermazione sarebbe lesiva della posizione sia del deputato sia di quella della Camera nel suo complesso, oltre a violare il principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato;
che, quanto al merito, la Camera sostiene che i provvedimenti da cui è sorto il presente conflitto incorrono nei medesimi vizi ravvisati da questa Corte nella sentenza n. 225 del 2001 a proposito degli atti in quella occasione annullati;
che, in conclusione, la ricorrente chiede che questa Corte voglia dichiarare che non spetta all’autorità giudiziaria e, per essa, al Tribunale di Milano, quarta sezione penale: a) «disconoscere nella specie, negandogli validità, l’impedimento del deputato a partecipare alle udienze penali per concomitanti impegni parlamentari»; b) «affermare che l’impedimento stesso non sia stato provato o lo sia stato tardivamente»; c) «impedire che il contemperamento tra esigenze del processo ed esigenze dell’attività parlamentare venga realizzato in concreto a seguito della declaratoria di nullità degli atti compiuti in tali udienze nonché del decreto che dispone il giudizio»;
che, conseguentemente, la Camera richiede che questa Corte annulli gli atti processuali che hanno dato origine al presente conflitto.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata a delibare in camera di consiglio e senza contraddittorio, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, sotto il profilo dell’esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche in punto d’ammissibilità;
che sussistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dal primo comma del citato art. 37, ai fini della configurabilità di un conflitto tra poteri dello Stato;
che, infatti, sotto l’aspetto soggettivo, la Camera dei deputati è legittimata a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, quale organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene;
che, del pari, il Tribunale di Milano, quarta sezione penale, è legittimato ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, nell’ambito delle funzioni giurisdizionali che esercita, in conformità al principio, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti costituzionali in argomento;
che, sotto l’aspetto oggettivo del conflitto, la ricorrente Camera dei deputati lamenta la lesione della sfera di attribuzioni ad essa costituzionalmente garantite, in ragione del mancato riconoscimento giudiziale del legittimo impedimento di un deputato a partecipare ad alcune udienze del processo penale in cui è imputato, per concomitanti impegni parlamentari;
che dallo stesso ricorso si ricavano le ragioni del conflitto e le norme costituzionali che regolano la materia, come richiesto dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
che, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della citata legge n. 87 del 1953, appare opportuno disporre la notificazione anche al Senato della Repubblica, stante l’identità della posizione costituzionale dei due rami del Parlamento in relazione alle questioni di principio da trattare (v. ordinanze n. 102 del 2000 e n. 178 del 2001).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Camera dei deputati nei confronti del Tribunale di Milano, quarta sezione penale, con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla Camera dei deputati ricorrente;
b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Tribunale di Milano, quarta sezione penale, nonché al Senato della Repubblica, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a) per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 2005.
F.to:
Fernanda CONTRI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2005.