Sentenza n. 361/2003

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SENTENZA N.361

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE                   

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA                

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), promosso dalla Regione Toscana con ricorso notificato il 22 febbraio 2002, depositato in cancelleria il 1° marzo successivo e iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2002.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

  uditi l’avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 22 febbraio 2002, depositato il successivo 1° marzo (reg. ricorsi n. 12 del 2002), la Regione Toscana ha impugnato numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), e tra esse, in particolare, l’art. 52, comma 20, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

La disposizione censurata modifica, inasprendole, le sanzioni amministrative pecuniarie già stabilite dall’art. 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico), applicabili in caso di violazione del divieto di fumo in determinati locali nonché dell’obbligo di esposizione degli avvisi riportanti il divieto medesimo e la correlativa sanzione.

Ad avviso della Regione ricorrente, poiché la disciplina attiene alla materia della "tutela della salute", essa rientra nella competenza legislativa concorrente, a norma dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione: ne discende che "lo Stato deve limitarsi a porre i principi fondamentali della materia, con la conseguenza che determinare le sanzioni amministrative concretamente applicabili per le singole violazioni rientra tra le attribuzioni regionali".

2. – Nel giudizio così promosso si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo, sul punto specifico, l’infondatezza del ricorso, nell’assunto che la normativa in questione non rientra nell’ambito della tutela della salute, ma "ha una valenza che trascende tale ambito, ponendosi come inerente ai rapporti fra lo Stato e l’Unione Europea".

3. – In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

  1. – La Regione Toscana, nell’impugnare numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), solleva tra l’altro questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 20, della legge anzidetta, che modifica le sanzioni amministrative già previste dall’art. 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico), per la violazione del divieto di fumo e per la mancata esposizione, da parte di coloro cui compete, degli avvisi riportanti il divieto medesimo. Ritiene la ricorrente che la disposizione impugnata attenga alla materia "tutela della salute", attribuita alla competenza legislativa della Regione a norma dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con la conseguenza che allo Stato spetterebbe la fissazione soltanto dei principi fondamentali della disciplina della materia e non già la determinazione delle sanzioni amministrative concretamente applicabili per le singole violazioni. Tale determinazione, costituendo disciplina di dettaglio, rientrerebbe nella competenza legislativa regionale.

  2. – Per ragioni di omogeneità della materia da decidere, la predetta questione di legittimità costituzionale, sollevata con lo stesso ricorso insieme a numerose altre, concernenti diverse disposizioni del medesimo testo legislativo ma prive di collegamento tra loro, può essere oggetto di trattazione separata.

3. – La questione non è fondata.

La disposizione impugnata si inserisce, modificandola, nella legge n. 584 del 1975, inasprendo la sanzione amministrativa rivolta a rendere effettivamente osservati i divieti che essa stabilisce circa il fumo in determinati locali (art. 1) e gli obblighi che impone circa l’esposizione al pubblico degli avvisi concernenti i divieti stessi (art. 2). Questa legge – così come la successiva legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), che all’art. 51 contiene ulteriori previsioni in tema di divieto di fumare, di impianti di ventilazione e di destinazione di spazi ai non fumatori negli esercizi pubblici e nei luoghi di lavoro –, sull’assunto che la salute sia pregiudicata dall’esposizione al cosiddetto fumo passivo, ha fissato regole uniformi contenenti divieti e obblighi, validi su tutto il territorio nazionale, per tutelare la salubrità dell’ambiente atmosferico in determinati luoghi nei quali i singoli si trovano a dover trascorrere parte del loro tempo, per esigenze di lavoro, cura, trasporto, svago e affinamento culturale. Per garantire l’osservanza di tali divieti e obblighi, la legge commina sanzioni di natura amministrativa, ugualmente valide su tutto il territorio nazionale e prefigurate entro limiti massimi e minimi, all’interno dei quali ha da valere la discrezionalità del giudice ma non quella del legislatore regionale, alla quale, relativamente alle fattispecie previste e sanzionate, non è riconosciuto spazio alcuno.

  Contestando la spettanza allo Stato della competenza a dettare le norme sanzionatorie in questione, in quanto norme di dettaglio, la Regione ricorrente rivendica la propria autonomia decisionale, alla luce della competenza "concorrente" in materia di "tutela della salute" (art. 117, terzo comma, della Costituzione), e correlativamente postula la riconduzione della competenza statale concernente le sanzioni alla sola determinazione dei principi fondamentali.

Si deve tuttavia osservare che, con la legge n. 584 del 1975 (e poi con la legge n. 3 del 2003), sono state previste varie fattispecie di illecito amministrativo al fine della tutela della salute, che l’art. 32 della Costituzione assegna alle cure della Repubblica. Tali previsioni – che non sono contestate nel presente giudizio – devono essere assunte come principi fondamentali, necessariamente uniformi, a norma dell’ultima proposizione del terzo comma dell’art. 117 della Costituzione, stante la loro finalità di protezione di un bene, quale la salute della persona, ugualmente pregiudicato dall’esposizione al fumo passivo su tutto il territorio della Repubblica: bene che per sua natura non si presterebbe a essere protetto diversamente alla stregua di valutazioni differenziate, rimesse alla discrezionalità dei legislatori regionali. La natura di principi fondamentali delle norme in questione si comprende non appena si consideri l’impossibilità di concepire ragioni per le quali, una volta assunta la nocività per la salute dell’esposizione al fumo passivo, la rilevanza come illecito dell’attività del fumatore attivo possa variare da un luogo a un altro del territorio nazionale.

Non potendosi dunque contestare al legislatore statale, in questo particolare campo di disciplina, il potere di prevedere le fattispecie da sanzionare, non può essergli disconosciuto nemmeno quello di determinare le sanzioni per il caso di violazione dei divieti e degli obblighi stabiliti. Ciò deriva dal parallelismo tra i due poteri – quale risultante per esempio dall’art. 9 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall’art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 – numerose volte riconosciuto da questa Corte (ad esempio, sentenze n. 103 del 2003; n. 187, n. 85 e n. 28 del 1996; n. 60 del 1993 e n. 1034 del 1988): parallelismo che comporta, in linea di principio, che la determinazione delle sanzioni sia nella disponibilità del soggetto al quale è rimessa la predeterminazione delle fattispecie da sanzionare.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevate dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevata, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2003.