Sentenza n. 333/2003

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SENTENZA N.333

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dell’art. 9, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000 (Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni), promosso con ordinanza del 5 settembre 2002 dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Aliperti Rosa e il Ministero del tesoro ed altri, iscritta al n. 568 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2003.

  Visti gli atti di costituzione di Aliperti Rosa, delle Poste italiane S.p.A. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 14 ottobre 2003 il Giudice relatore Annibale Marini;

  uditi gli avvocati Giorgio Cianfoni per Aliperti Rosa, Gustavo Minervini per Poste italiane S.p.A. e l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza depositata il 5 settembre 2002, il Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dell’art. 9, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000 (Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni), nella parte in cui, pur disponendo la abrogazione dell’art. 173 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), stabiliscono che i rapporti già in essere al momento di detta abrogazione continuano ad essere regolati dalla previgente normativa.

Premette il rimettente che, nel giudizio a quo, l’attrice – titolare di buoni postali fruttiferi ventennali sottoscritti nel 1982 – ha, nell’ottobre del 1997, convenuto in giudizio il Ministro del tesoro, il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni e l’Ente Poste (ora Poste Italiane S.p.A.) chiedendo dichiararsi il proprio diritto a percepire gli interessi maturati nella misura indicata al momento dell’emissione, e riportata sul retro dei suddetti buoni postali, anziché in quella, minore, risultante dalla unilaterale modifica dei tassi intervenuta con il decreto del Ministro del tesoro 13 giugno 1986, emanato di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni (Modificazione dei saggi d’interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio).

Espone ancora lo stesso giudice che il potere del Ministro del tesoro, di concerto con quello delle poste e delle telecomunicazioni, di modificare il tasso di interesse anche con riferimento a serie di buoni postali già emesse, oltre che a quelle di nuova emissione, deriva dall’art. 173 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156.

Ritenendo siffatta disciplina, a fronte di quella prevista per analoghi servizi offerti dal sistema bancario, lesiva del principio di eguaglianza in danno degli utenti delle Poste, riferisce il medesimo rimettente di avere sollevato, con ordinanza del 16 luglio 1999, questione di legittimità costituzionale della norma suddetta, in riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97 Cost., nella parte in cui appunto consente l’estensione della variazione del tasso d’interesse anche alle serie di buoni postali fruttiferi precedentemente emesse, senza che di tale variazione vi sia previsione e sottoscrizione per accettazione del titolare dei buoni e senza che la stessa sia comunicata al medesimo titolare onde consentirgli il tempestivo esercizio del diritto di recesso.

La questione veniva definita con l’ordinanza n. 47 del 2001, con la quale la Corte disponeva la restituzione degli atti al giudice a quo affinché – essendo intervenuto, successivamente alla ordinanza di rimessione, il decreto legislativo n. 284 del 1999, che, all’art. 7, comma 3, espressamente abroga la norma impugnata - valutasse, alla luce di tale jus superveniens, la perdurante rilevanza della questione stessa.

Tutto ciò premesso, il rimettente osserva che il citato art. 7, comma 3, del decreto legislativo n. 284 del 1999, pur abrogando l’art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973 a far data dalla entrata in vigore del decreti che stabiliscono le nuove caratteristiche dei buoni postali fruttiferi, dispone tuttavia che "i rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori", in tal modo tenendo ferma, a suo avviso, l’applicabilità del suddetto art. 173 alla fattispecie dedotta in giudizio.

Ritiene il medesimo rimettente che tale ultima previsione – ribadita dall’art. 9, comma 2, del d.m. 19 dicembre 2000 – presenti i medesimi vizi di legittimità costituzionale già riferibili all’art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, avendo oltretutto aggravato la disparità di trattamento, lesiva del principio di eguaglianza, tra vecchi e nuovi risparmiatori.

2.- Rosa Aliperti, attrice dinanzi al Tribunale di Napoli, si è costituita in giudizio sostenendo la fondatezza della questione sollevata dal rimettente.

Ad avviso della parte, infatti, la norma impugnata (e, con essa, quella contenuta nell’art. 9 del d.m. 19 dicembre 2000) sarebbe illegittima quanto meno nella parte in cui non limita la "ultrattività" dell’art. 173 del codice postale ai soli rapporti sorti successivamente alla emanazione del d.m. 13 giugno 1986.

3.- Si è altresì costituita in giudizio la convenuta S.p.A. Poste Italiane, succeduta all’ente Poste, preliminarmente eccependo l’inammissibilità della questione relativa all’art. 9 del d.m. 19 dicembre 2000, trattandosi di norma di rango non legislativo.

Nel merito, quanto all’art. 7, comma 3, del decreto legislativo n. 284 del 1999, la parte assume che la norma sarebbe sostanzialmente priva di autonoma portata precettiva, limitandosi a ribadire il principio già espresso dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire. Principio che, ancorché non assistito da garanzia costituzionale al di fuori della materia penale, comunque rappresenterebbe – secondo la giurisprudenza di questa Corte – fondamentale valore di civiltà giuridica.

Nessuna violazione del principio di eguaglianza potrebbe d’altro canto ricollegarsi – secondo la stessa parte – ad una disparità di trattamento conseguente alla mera successione di leggi nel tempo.

Assume, infine, la S.p.A. Poste Italiane l’infondatezza anche degli argomenti esposti dal rimettente nella precedente ordinanza del 16 luglio 1999.

4.- E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione.

Anche l’Avvocatura rileva, in via preliminare, la natura di atto non legislativo del d.m. 19 dicembre 2000 e la sua conseguente insindacabilità da parte del giudice delle leggi.

La stessa parte pubblica ritiene poi – quanto alla questione relativa all’art. 7, comma 3, del decreto legislativo n. 284 del 1999 – che la stessa sia frutto di aberratio, in quanto le censure avrebbero dovuto semmai riguardare l’art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, applicabile nella fattispecie.

Ad avviso dell’Avvocatura l’ordinanza di rimessione sarebbe, inoltre, inammissibilmente motivata per relationem, con riferimento alla precedente ordinanza del 16 luglio 1999, ed in ogni caso l’asserita violazione del principio di eguaglianza sarebbe prospettata con riguardo a norme (gli artt. 117 e 118 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) non utilizzabili quali tertia comparationis, in quanto successive sia alla emissione dei buoni postali di cui si tratta, sia alla emanazione del d.m. 13 giugno 1986, modificativo del saggio di interesse.

Nel merito la questione sarebbe, in ogni caso, priva di fondamento, posto che una disciplina che imponesse la costante corresponsione di interessi previsti per epoche di elevata inflazione confliggerebbe sia con il principio di eguaglianza, trattando in maniera indifferenziata situazioni diverse, sia con il principio, presidiato dall’art. 81 della Costituzione, di equilibrio della finanza pubblica.

5.- Nell’imminenza dell’udienza pubblica la S.p.A. Poste Italiane ha depositato una memoria illustrativa, insistendo per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale di Napoli dubita, in riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dell’art. 9, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000 (Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni), nella parte in cui, pur disponendo la abrogazione dell’art. 173 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), stabiliscono che i rapporti già in essere al momento di detta abrogazione continuano ad essere regolati dalla previgente normativa.

Tali norme – ad avviso del rimettente – sarebbero in buona sostanza viziate per il fatto di non estendere anche ai buoni postali già emessi la normativa, più favorevole agli utenti, contenuta nell’art. 6 del suddetto decreto ministeriale in tema di pubblicità e comunicazioni ai risparmiatori.

2.- Va in primo luogo rilevato che il decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000 è fonte di rango non legislativo e non è dunque suscettibile di sindacato di legittimità costituzionale.

2.1.- La questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284, è inammissibile per difetto di rilevanza non dovendo il rimettente fare applicazione alcuna della norma impugnata.

Va, infatti, considerato che il rapporto dedotto nel giudizio a quo, riguardando – come risulta dall’ordinanza di rimessione - buoni postali fruttiferi sottoscritti nel 1982 e presentati per la riscossione nel 1997, è sorto e si è totalmente esaurito in epoca anteriore alla abrogazione dell’art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, a nulla ovviamente rilevando la circostanza che il giudizio ad esso relativo sia tuttora pendente.

Il rapporto stesso resta, dunque, disciplinato dal suddetto art. 173 in base ai principi generali in tema di successione di leggi nel tempo, e non certo per effetto della disposizione impugnata, la quale, disponendo che i rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei decreti dalla stessa indicati (e cioè al 27 dicembre 2000) continuano ad essere regolati dalle norme anteriori, si riferisce evidentemente alla disciplina (futura) dei rapporti che – diversamente da quello dedotto in giudizio – non sono ancora esauriti alla data suddetta.

Il rimettente, in definitiva, avrebbe dovuto eventualmente impugnare l’art. 173 del citato d.P.R. n. 156 del 1973, applicabile ratione temporis alla fattispecie sottoposta al suo esame, ma tale norma non risulta sottoposta, dall’ordinanza di rimessione, allo scrutinio di legittimità costituzionale.

E’ ben vero che, nella suddetta ordinanza, il rimettente richiama espressamente "tutto quanto già esposto nella precedente ordinanza del 16.7.99", con la quale egli aveva appunto sollevato questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 173, ma va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’oggetto della questione di legittimità costituzionale deve essere individuato dall’ordinanza di rimessione né può essere integrato mediante il puro e semplice rinvio ad atti diversi, sia pure intervenuti nel medesimo procedimento (ordinanza n. 498 del 2002).

È appena il caso, poi, di rilevare che l’ordinanza di questa Corte n. 47 del 2001, con la quale, a seguito della abrogazione dell’art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, sono stati restituiti gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza, non contiene una qualsivoglia implicita statuizione in ordine al merito della questione o alla applicabilità della nuova legge al caso di specie.

E’ sufficiente, al riguardo, ricordare che, in caso di jus superveniens direttamente attinente la normativa oggetto di censura, la valutazione circa la perdurante rilevanza della questione spetta al giudice a quo e che il provvedimento di restituzione degli atti risponde appunto all’unico fine di consentire tale necessaria valutazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284 (Riordino della Cassa depositi e prestiti, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dell’art. 9, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 19 dicembre 2000 (Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 43, 47 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2003.