SENTENZA N.291
ANNO 2003
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), promossi con ordinanze del 26 marzo 2002 emessa dal Tribunale di Alessandria, del 28 gennaio 2002 dal Tribunale di Taranto e del 25 luglio 2002 dalla Corte di cassazione, rispettivamente iscritte ai numeri 217, 343 e 515 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 20, 33 e 47, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di costituzione dell'ILVA s.p.a. e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2003 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi gli avvocati Roberto Romei per l'ILVA s.p.a., Adriana Pignataro per l'INAIL e l'avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 26 marzo 2002 il Tribunale di Alessandria ha sollevato, in relazione agli artt. 3, primo comma, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), interpretativa dell'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991 n. 223, nella parte in cui prevede che tale ultima disposizione si interpreta nel senso che il beneficio contributivo ivi previsto non si applica ai premi INAIL.
Nel giudizio a quo la società ILVA s.p.a. - assumendo di aver diritto al beneficio della contribuzione ridotta di cui all'art. 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991 citata, perché nel periodo 1996 - 1998 aver assunto, con contratti a tempo determinato, lavoratori iscritti nelle liste di mobilità - ha domandato la condanna dell'INAIL alla restituzione dei maggiori contributi versati indebitamente.
In particolare, la pretesa restitutoria della società si fonda sull'orientamento della Corte di cassazione (Cass., sez. lav., 27 febbraio 1998 n. 2202; 8 aprile 1999 n. 3445) secondo cui l'avvenuto versamento della quota contributiva pari a quella prevista per gli apprendisti comporta, relativamente ai lavoratori assunti ai sensi del citato art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, l'assolvimento dell'obbligo contributivo anche nei confronti dell'INAIL.
L'INAIL, con memoria difensiva, ha contestato la fondatezza della pretesa della ricorrente, facendo leva sul disposto del citato art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 338, ai sensi del quale l'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 deve essere interpretato, all'opposto, nel senso che il beneficio contributivo ivi previsto non si applica ai premi INAIL.
Secondo il Tribunale rimettente, tale norma di interpretazione autentica appare non essere rispettosa del principio generale di ragionevolezza, nonché con quello della tutela dell'affidamento e del rispetto delle funzioni riservate al potere giudiziario.
In particolare, secondo il Tribunale rimettente, l'art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000 n. 68 si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza in quanto, dopo quasi dieci anni dalla emanazione della legge n. 223 del 1991, fornisce una esegesi che, per un verso, non rientra tra le possibili varianti di senso del testo originario; per altro verso, imponendo il pagamento di un premio INAIL maggiore rispetto a quello previsto per i lavoratori ordinari (in ragione della doppia contribuzione che ne risulterebbe: quella ordinaria e quella prevista per gli apprendisti), contrasta con la ratio propria della norma autenticamente interpretata, che è invece quella di favorire, mediante un minor costo contributivo a carico del datore di lavoro, il reimpiego dei lavoratori collocati in mobilità.
Inoltre risulta leso l'affidamento del cittadino nella certezza del diritto nonché la libertà di iniziativa economica, atteso che la norma di interpretazione autentica impone, con efficacia retroattiva, costi aggiuntivi non previsti, né prevedibili, agli imprenditori che abbiano assunto lavoratori iscritti nelle liste di mobilità fidando nella ratio legis e nel conforto dell'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità.
Infine, secondo il Tribunale rimettente, la citata norma interpretativa incide su controversie in corso, violando in tal modo la funzione giurisdizionale per il fatto di vincolare l'attività interpretativa del giudice mediante l'introduzione di una regola in precedenza non rinvenibile nell'ordinamento.
2. Si è costituito l'INAIL, concludendo per la manifesta infondatezza della questione.
In particolare, la difesa dell'Istituto ha sostenuto che l'interpretazione accolta in due pronunce della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'agevolazione contributiva prevista dall'art. 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991 citata, si estenderebbe anche ai premi INAIL, contrasta con la formulazione letterale e l'esegesi sistematica di tale disposizione. Ed infatti il successivo ottavo comma del medesimo art. 8 testualmente dispone che i trattamenti ed i benefici di cui al presente articolo rientrano nella sfera di applicazione dell'art. 37 della legge marzo 1989, n. 88 e quindi della "Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali" prevista solo per l'INPS.
La contribuzione ridotta quindi, secondo la difesa dell'Istituto, non poteva che riguardare solo i contributi dovuti dai datori di lavoro all'INPS; mentre un'interpretazione estensiva del beneficio anche ai contributi dovuti per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali era contraddetta anche dalla mancanza di alcuna copertura finanziaria.
Era, pertanto, necessaria una interpretazione autentica della citata legge, viste le incertezze che si erano determinate nella sua lettura, con conseguente contenzioso che vedeva l'Istituto in giudizio in più sedi giudiziarie, ed i riflessi finanziari che comportava una interpretazione non conforme all'intento del legislatore, quale quella poi affermatasi in sede di legittimità.
3. Si è anche costituita la società ILVA s.p.a., aderendo alle prospettazioni dell'ordinanza di rimessione e concludendo per la dichiarazione di incostituzionalità della disposizione censurata.
4. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione di costituzionalità.
Secondo l'Avvocatura, la norma di interpretazione autentica in questione viene a torto sospettata di illegittimità costituzionale perché si limita a confermare, quale disposizione con effettivo contenuto di interpretazione autentica, la ratio legis già espressa dal legislatore nella legge n. 223 del 1991 citata. Essa si è resa necessaria proprio a seguito dell'indirizzo giurisprudenziale espresso nelle sopra richiamate sentenze della Corte di cassazione, in cui si è affermato che, con il versamento all'INPS della "quota di contribuzione", prevista per gli apprendisti, il datore di lavoro che abbia assunto lavoratori in mobilità con contratto a tempo determinato ha assolto l'obbligo contributivo anche nei confronti dell'INAIL.
In realtà - osserva l'Avvocatura - già alla stregua della norma autenticamente interpretata era possibile ritenere inapplicabile ai premi dovuti all'INAIL il beneficio contributivo previsto dal secondo comma dell'art. 8 citato, in quanto il complessivo equilibrio finanziario della legge n. 223 del 1991 era definito esclusivamente con riferimento all'ambito delle assicurazioni sociali gestite dall'INPS. Ciò anche in considerazione del fatto che il successivo ottavo comma dello stesso art. 8 contiene uno specifico rinvio all'art. 37 della legge n. 88 del 1989, concernente la gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS.
Inoltre - osserva ancora l'Avvocatura con specifico riferimento alla lamentata violazione del principio di ragionevolezza da parte della norma interpretativa - non sussiste alcun rischio, paventato dal Tribunale rimettente, di doppia contribuzione in caso di assunzione di lavoratori in mobilità atteso che, ai sensi dell'art. 22 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, il versamento all'INPS del contributo dovuto per gli apprendisti può essere fatto al netto della quota INAIL, sicché residua solo l'ordinario premio dovuto all'INAIL come per tutti gli altri lavoratori.
5. Con ordinanza del 28 gennaio 2002, il Tribunale di Taranto - in un'analoga fattispecie avente ad oggetto l'assolvimento dell'obbligo contributivo nei confronti dell'INAIL - ha sollevato la medesima questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione censurata e in riferimento agli stessi parametri, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle contenute nella prima ordinanza di rimessione.
6. Si è costituito l'INAIL ed ha parimenti concluso per la manifesta infondatezza della questione.
La difesa dell'Istituto ha ulteriormente osservato che, anche in presenza di un indirizzo conforme della Corte di cassazione, il legislatore può precisare il significato di disposizioni legislative purché la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario.
Nella fattispecie - sostiene la difesa dell'INAIL - non è vero che non vi fosse alcun dubbio interpretativo, tant'è che gli organi vigilanti dell'Istituto avevano dato una interpretazione, poi trasfusa in una circolare (n. 24 del 4 maggio 1992), diversa da quella accolta dalla giurisprudenza di legittimità. La disposizione censurata presenta quindi l'effettiva natura di norma di interpretazione autentica.
7. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha concluso per l'infondatezza della questione di costituzionalità, ribadendo le argomentazioni già svolte in riferimento alla prima ordinanza di rimessione.
8. Con ordinanza del 25 luglio 2002, la Corte di Cassazione - in un giudizio avente ad oggetto l'assolvimento dell'obbligo contributivo nei confronti dell'INAIL ed in particolare l'esatta interpretazione della disposizione poi censurata - ha sollevato questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione, ma con riferimento al solo art. 3, primo comma, della Costituzione.
La Corte rimettente - nel sottolineare che la norma impugnata fornisce una interpretazione del citato art. 8 della legge n. 223 del 1991 che non era tra quelle accolte in sede giurisdizionale - pone in rilievo che la norma interpretativa è intervenuta su una applicazione incontroversa della norma interpretata; circostanza questa che costituisce un elemento rilevatore della violazione del principio di ragionevolezza.
Secondo la Corte rimettente, sarebbe poi stato vulnerato l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica; principio questo che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da una disciplina legislativa precedente, pacificamente intesa.
Quindi - osserva la Corte rimettente - l'intervento del legislatore che ha escluso dai benefici della contribuzione ridotta i premi dovuti all'lNAIL, ha avuto la conseguenza di porre a carico dei datori di lavoro, con effetto retroattivo, maggiori oneri contributivi non previsti, né prevedibili - sulla base del diritto vivente all'epoca - nei rispettivi piani di investimento o di produzione, con possibili distorsioni sul versante della concorrenza, rispetto ad altri datori di lavoro che - pur stipulando, nei medesimi periodi, contratti di lavoro a termine con lavoratori già iscritti nelle liste di mobilità - abbiano avuto la definizione della vertenza contributiva con l'Istituto prima dell'approvazione e dell'entrata in vigore della nuova legge. Né la finalità della contrazione della spesa pubblica, sottesa alla disposizione in esame, costituisce ragione sufficiente - secondo la Corte rimettente - a giustificare le prospettate violazioni dei suddetti principi costituzionali.
9. Anche in questo giudizio si è costituito l'INAIL, concludendo per l'infondatezza della questione.
Considerato in diritto
1. La Corte di cassazione, il Tribunale di Taranto ed il Tribunale di Alessandria hanno sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), che ha interpretato autenticamente l'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro e altre disposizioni in materia di mercato del lavoro).
Questa norma, nel quadro di misure dirette a favorire il reimpiego dei lavoratori collocati in mobilità, o assoggettati a procedura di mobilità, prevedeva la possibilità della loro assunzione mediante contratti a termine, con il beneficio di una contribuzione ridotta: in particolare, nell'ultimo periodo del secondo comma, prevedeva che <>.
Secondo la norma impugnata <<l'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che il beneficio contributivo ivi previsto non si applica ai premi INAIL>>.
Le ordinanze di rimessione sospettano il contrasto di tale norma con il principio di ragionevolezza, in quanto essa - proponendosi, a distanza di quasi dieci anni dall'emanazione della legge n. 223 del 1991, di sanare un contrasto interpretativo inesistente - fornisce un'esegesi che non rientra tra le possibili varianti di senso del testo originario; finisce per imporre ai datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità il pagamento di un premio INAIL maggiore rispetto a quello previsto per i lavoratori ordinari; lede inoltre il principio di affidamento del cittadino sulla stabilità del quadro normativo, che non può essere leso da norme retroattive irragionevolmente incidenti su una disciplina legislativa pacificamente intesa dalla giurisprudenza.
I Tribunali di Taranto e di Alessandria hanno poi censurato la medesima norma anche sotto il profilo della lesione della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.), in quanto essa impone, con efficacia retroattiva, costi aggiuntivi non previsti, né prevedibili, ai soggetti svolgenti attività imprenditoriale che abbiano assunto lavoratori facendo affidamento nel beneficio contributivo in esame; e della lesione dell'autonomia della funzione giurisdizionale (artt. 101, 102 e 104 Cost.), in quanto la norma incide su controversie non ancora definite e, a fronte di un univoco orientamento giurisprudenziale, mira a vincolare l'attività interpretativa del giudice introducendo una regola in precedenza non rinvenibile nell'ordinamento.
2. I giudizi, in quanto aventi ad oggetto la medesima disposizione censurata, risultano oggettivamente connessi e quindi possono essere riuniti.
3. La questione non è fondata.
4. A proposito delle cd. leggi di interpretazione autentica, questa Corte ha più volte affermato che il legislatore può porre norme che retroattivamente precisino il significato di altre norme preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti di senso del testo originario, purché compatibile con il tenore letterale di esso (sentenze n. 421 del 1995; n. 376 del 1995; n. 15 del 1995; n. 397 del 1994). Ed ha precisato che in tali casi il problema da affrontare riguarda non tanto la natura della legge, quanto piuttosto i limiti che la sua portata retroattiva incontra, alla luce del principio di ragionevolezza (sentenze n. 229 del 1999; n. 525 del 2000). Infatti il divieto di retroattività della legge – pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve di regola attenersi - non è stato elevato a dignità costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione dell'art. 25 della Costituzione; e quindi il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare norme con efficacia retroattiva - interpretative o innovative che siano - purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti.
Inoltre – esaminando, in riferimento ai medesimi parametri e nella stessa materia degli sgravi dei contributi previdenziali, l'allora censurato comma 5 dell'art. 68 della legge n. 388 del 2000, che con la tecnica dell'interpretazione autentica aveva attribuito retroattivamente ad una norma un significato difforme da quello accolto in sede giurisprudenziale e conforme invece all'interpretazione sempre sostenuta dall'INPS - la Corte ha ritenuto l'intervento legislativo ragionevole e non lesivo di valori e interessi costituzionalmente protetti, perché volto ad evitare il prolungamento dell'incertezza derivante da tale situazione, connotata dalle rilevanti dimensioni del contenzioso in corso e dalla gravità dei suoi riflessi sulla spesa previdenziale (sentenza n. 374 del 2002).
5. La norma impugnata si inserisce nel contesto della riforma della disciplina della cassa integrazione, della mobilità e dei trattamenti di disoccupazione.
L'art. 8 della legge n. 223 del 1991 ha apprestato, in favore dei lavoratori collocati in mobilità o assoggettati a procedura di mobilità ai sensi della medesima legge, alcune misure dirette a favorirne il reimpiego, tra cui, al secondo comma, la possibilità di essere assunti con contratto a termine, con il beneficio di una contribuzione ridotta, ai sensi dell'ultimo periodo di tale comma, secondo cui <>.
Il riferimento testuale alla <> si prestava ad una duplice interpretazione.
Poteva innanzi tutto intendersi, in un'accezione testuale del termine, nel senso che il beneficio della contribuzione ridotta si riferisse a quella parte della contribuzione gravante sul datore di lavoro, destinatario del beneficio. In effetti, sia il meccanismo di ripartizione - con una <> gravante sul datore di lavoro e un'altra a carico del lavoratore - sia il riferimento testuale alla <>, evocavano piuttosto le assicurazioni gestite dall'INPS, che non l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, che prevede un <> dovuto all'INAIL dal solo datore di lavoro, secondo il tipo di attività svolta. Questa lettura, maggiormente aderente al dato testuale, pareva poi coonestata dal successivo ottavo comma, secondo cui i trattamenti ed i benefici previsti dai commi precedenti, tra i quali appunto quello della contribuzione ridotta, rientravano nella sfera di applicazione dell'art. 37 della legge 9 marzo 1989, n.88, ossia nell'ambito della "Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali" prevista per l'INPS; mentre nulla era contemplato per la copertura finanziaria di un'eventuale riduzione anche dei premi dovuti all'INAIL.
Non meno plausibile era però una diversa interpretazione, secondo cui per<> - in un'accezione ampia, meno legata alla lettera della disposizione e più orientata a dare rilievo alla finalità di agevolare i datori di lavoro che si determinassero ad assumere a termine lavoratori iscritti nelle liste di mobilità - si sarebbe potuto anche intendere l'ammontare complessivo tanto della <> dovuta dal datore di lavoro all'INPS quanto dei <> da lui dovuti all'INAIL.
Mentre la prima interpretazione è stata subito accolta dall'INAIL, con la circolare n. 24 del 4 maggio 1992, a favore della seconda sono invece intervenute, alcuni anni dopo, due pronunce della Corte di cassazione. Per l'Istituto è sorto quindi il problema della restituzione dei premi già versati dai datori di lavoro nella misura ordinaria e risultati poi (in massima parte) non dovuti.
A questo punto il legislatore è intervenuto con la norma oggi impugnata, disponendo che <<l'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che il beneficio contributivo ivi previsto non si applica ai premi INAIL>>. Riceve così conferma in modo espresso ed inequivoco la prima interpretazione, che successivamente è stata fatta propria anche dalla giurisprudenza di legittimità più recente.
6. La norma censurata supera il vaglio di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.), in quanto il legislatore si è limitato ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già contenuto e riconoscibile nel novero delle esegesi plausibili, costituendo <> (sentenza n. 374 del 2002, cit.).
Siffatta originaria plausibilità esclude anche ogni lesione degli altri evocati parametri ed anche dell'affidamento che nella stabilità dell'ordinamento giuridico possa essere nutrito dal cittadino in generale (art. 3 Cost.) e dall'imprenditore–datore di lavoro in particolare (art. 41 Cost.). Infatti – se, in via di principio, un tale affidamento è violato da disposizioni retroattive <> (sentenza n. 446 del 2002) – ciò non accade nella materia in esame, essendo noto che l'accezione ampia del beneficio della contribuzione ridotta, idonea a comprendere, oltre alla quota di contribuzione dovuta all'INPS, anche i premi dovuti all'INAIL, era da questo Istituto decisamente contestata, onde si trattava di questione controversa, che poneva un <>.
Né la ragionevolezza della norma censurata può ritenersi esclusa dal rischio di ingiustificata duplicazione del premio dovuto all'INAIL, evocato dal Tribunale di Alessandria. Infatti il beneficio della contribuzione ridotta opera mediante il pagamento della contribuzione spettante all'INPS per gli apprendisti, al netto di quel premio, la cui incidenza è tenuta distinta, in termini quantitativi, dall'art. 22 della legge n. 25 del 1955. Pertanto quest'ultimo deve essere calcolato – una sola volta, e quindi senza alcuna duplicazione - secondo il regime ordinario.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68, comma 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2001), sollevata – in riferimento agli articoli 3, primo comma, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione – dal Tribunale di Alessandria e dal Tribunale di Taranto, e – in riferimento all'articolo 3, primo comma, della Costituzione – dalla Corte di cassazione, rispettivamente con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 4 agosto 2003.