Ordinanza n. 249/2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.249

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA          

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, promosso, nell’ambito di un procedimento penale, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina con ordinanza del 7 maggio 2002, iscritta al n. 554 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, edizione straordinaria, prima serie speciale, del 27 dicembre 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, "come modificati dalla sentenza n. 77 del 10 marzo 1994 della Corte costituzionale, nella parte in cui non prevedono che la richiesta di incidente probatorio possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 405, comma 2, cod. proc. pen., e prima dell'inizio della fase dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 416 cod. proc. pen.";

che il rimettente premette che, a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, i difensori degli indagati avevano chiesto al giudice per le indagini preliminari di disporre con le forme dell'incidente probatorio, ex art. 392, comma 2, cod. proc. pen., una perizia particolarmente complessa che, se disposta nel dibattimento, ne avrebbe potuto determinare una sospensione superiore a sessanta giorni;

che il giudice a quo rileva che, a norma dell'art. 393, commi 1 e 3, cod. proc. pen., la richiesta di incidente probatorio avanzata dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari non può essere accolta, non essendo possibile, in una situazione in cui il pubblico ministero non ha ancora chiesto il rinvio a giudizio, fare applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1994;

che tuttavia, proprio sulla base di quanto affermato nella menzionata sentenza, l’impossibilità di fare ricorso all'incidente probatorio nel periodo intercorrente tra la scadenza dei termini delle indagini preliminari e l'effettivo esercizio dell'azione penale determinerebbe il contrasto delle norme censurate con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto l'irragionevole preclusione della possibilità di assumere "prove indispensabili anche prima del dibattimento" viola il diritto di azione e difesa, impedisce "lo svolgimento di un giusto processo" e crea "uno squilibrio tra le parti", essendo inibito alla difesa chiedere l'incidente probatorio se il pubblico ministero non presenta la richiesta di rinvio a giudizio entro il termine di cui all’art. 405, comma 2, cod. proc. pen.;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata sulla scorta delle considerazioni già espresse dalla Corte in relazione ad analoga questione nell’ordinanza n. 368 del 2002.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale in quanto non prevedono che la richiesta di incidente probatorio possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine stabilito dall’art. 405, comma 2, cod. proc. pen. per la conclusione delle indagini preliminari e prima dell’inizio dell’udienza preliminare, durante la quale, invece, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1994, è consentita la richiesta di incidente probatorio;

che, in relazione a questioni analoghe a quella oggetto del presente giudizio, la Corte ha precisato che la ratio dell’estensione operata dalla sentenza n. 77 del 1994 va ricercata nell’esigenza di "garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta ove la necessità di assicurare una prova indifferibile sorga per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio, e che pertanto è il pericolo della perdita irrimediabile della prova a imporne l’assunzione anticipata" (v. ordinanze n. 368 del 2002 e n. 118 del 2001);

che da questa premessa consegue, da un lato, che ove tale esigenza si presenti tra la conclusione delle indagini e l’inizio dell’udienza preliminare, "non potrebbe non essere assicurata alle parti, anche in tale fase, la facoltà di richiedere l’assunzione della prova in via di incidente"; dall’altro, "che sarebbe palesemente incongruo differire la vocatio in ius per l’assunzione di una prova per la quale non sia ravvisabile alcun pericolo nel ritardo";

che anche il caso ora all’esame della Corte si riferisce ad una perizia che dovrebbe essere assunta ex art. 392, comma 2, cod. proc. pen., cioè ad una prova che non è tra quelle suscettibili di essere esposte al rischio di irrimediabile dispersione, mentre è esclusivamente in considerazione di tale rischio che la Corte ha ravvisato l’esigenza di "garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova", a sua volta espressione del diritto di difesa;

che consentire l'assunzione mediante incidente probatorio di prove non esposte al rischio di irrimediabile dispersione anche dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari comporterebbe una profonda alterazione dei rapporti tra tale fase e il giudizio, nonché una irragionevole dilatazione della durata delle indagini e, quindi, dei tempi del procedimento (v. ancora ordinanza n. 368 del 2002);

che, in assenza del pericolo di perdita irrimediabile della prova, anche le censure prospettate dal rimettente in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost. si rivelano prive di fondamento;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2003.