Ordinanza n. 118/2001

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ORDINANZA N.118

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, promosso nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con ordinanza emessa in data 8 luglio 2000, iscritta al n. 660 del registro ordinanze del 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visti gli atti di costituzione di due indagati nel procedimento a quo, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;

uditi gli avvocati Luigi Chiappero, Delfino Siracusano e Vittorio Chiusano per le parti costituite e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale "nella parte in cui non prevedono che, nei casi disciplinati dall'art. 392 cod. proc. pen., l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito, per i reati indicati dall'art. 550 cod. proc. pen., fino alla citazione diretta a giudizio";

che, in fatto, il rimettente premette che due indagati per reati in relazione ai quali é previsto che l'azione penale venga esercitata con citazione diretta avevano presentato, a seguito di notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen., richiesta di perizia da espletarsi con incidente probatorio;

che a tale richiesta si era opposto il pubblico ministero, segnalando che la perizia non rientra tra le attività esperibili ai sensi dell'art. 415-bis cod. proc. pen. e che il procedimento aveva ad oggetto reati per i quali l'azione penale é esercitata con citazione diretta e, quindi, "non sottoposti al regime essenzialmente diverso dell'udienza preliminare preso in considerazione dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 77/1994";

che il giudice a quo, condividendo le argomentazioni del pubblico ministero, rileva che la richiesta di incidente probatorio non é riconducibile al novero delle attività di indagine che possono essere sollecitate ai sensi del comma 3 dell'art. 415-bis cod. proc. pen. e che la richiesta dovrebbe comunque ritenersi inammissibile, in quanto tardiva rispetto ai termini per la conclusione delle indagini preliminari richiamati dall'art. 393 cod. proc. pen., oramai scaduti;

che, a parere del rimettente, i motivi addotti dalla Corte a fondamento della sentenza n. 77 del 1994 "parrebbero [...] consentire, svincolando l'accesso all'incidente probatorio dai termini degli artt. 392 e 393 c.p.p.", di ritenere ammissibile la richiesta, ma tale soluzione non può considerarsi "pacifica", in quanto in realtà la Corte non ha in alcun modo esaminato la problematica della interpretazione della dizione "nel corso delle indagini preliminari" di cui all'art. 392 cod. proc. pen. alla luce del riferimento - contenuto nell'art. 393 cod. proc. pen. - alla "conclusione delle indagini preliminari": probabilmente perchè all'epoca l'incidente probatorio era autonomamente disciplinato, nei procedimenti riguardanti i reati di competenza del pretore, dagli artt. 551 cod. proc. pen. e 151 disp. att.;

che tuttavia le modifiche introdotte con legge 16 dicembre 1999, n. 479 - in particolare la omologazione della disciplina dell’incidente probatorio per i reati per i quali é prevista la citazione diretta a giudizio a quella per i reati per i quali é prevista l'udienza preliminare, e la istituzione, con l'art. 415-bis cod. proc. pen., di "una sorta di sub-procedimento" destinato a rendere possibili, anche dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari, ulteriori accertamenti e interventi difensivi - avrebbero fatto emergere una disparità di trattamento degli indagati per reati per i quali é prevista l'udienza preliminare rispetto agli indagati per reati per i quali é prevista - ex art. 550 cod. proc. pen. - la citazione diretta;

che, infatti, scaduto il termine di cui all'art. 405 cod. proc. pen., mentre i soggetti imputati di reati per i quali deve essere celebrata l'udienza preliminare possono ancora chiedere l'incidente probatorio in tale fase, analoga facoltà é, invece, preclusa per chi é indagato per i reati di cui all'art. 550 cod. proc. pen., anche quando le indagini non possono considerarsi "chiuse", essendo stato instaurato prima dell'esercizio dell'azione penale il "sub-procedimento" di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen.;

che, ad avviso del rimettente, le argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 77 del 1994 condurrebbero dunque a ritenere che una interpretazione degli artt. 392 e 393 cod. proc. pen. in termini di inammissibilità dell'incidente probatorio durante il tempo intercorrente tra la conclusione delle indagini preliminari e la citazione diretta a giudizio sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto la persona sottoposta alle indagini e lo stesso pubblico ministero non potrebbero accedere, pur in presenza di una prova non rinviabile a dibattimento, all'incidente probatorio, "con conseguenze inaccettabilmente lesive dei diritti di azione e difesa";

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

che a parere dell'Avvocatura il significato della sentenza n. 77 del 1994 "non può che risiedere nella riconosciuta possibilità di "superamento" dei limiti temporali richiamati dalla lettera delle disposizioni denunciate"; nè la omologazione della disciplina tra procedimenti con udienza preliminare e procedimenti a citazione diretta può essere d’ostacolo alla estensione della ratio della decisione della Corte, alla cui luce, anzi, va letta anche la disposizione dell’art. 554 cod. proc. pen., introdotta dalla legge n. 479 del 1999, che consente al giudice delle indagini preliminari di assumere gli atti urgenti di cui all’art. 467 cod. proc. pen. fino a quando il decreto di citazione a giudizio e il relativo fascicolo non siano trasmessi al giudice del dibattimento;

che, di conseguenza, secondo l’Avvocatura, "la possibilità di ricorrere all’incidente probatorio non incontra soluzioni di continuità, tanto nei processi con citazione diretta che in quelli ove é necessaria l’udienza preliminare";

che si sono costituiti nel giudizio di legittimità costituzionale gli indagati nel procedimento a quo, rappresentati e difesi dagli avvocati Luigi Chiappero, Vittorio Chiusano e Delfino Siracusano, con due distinti atti di costituzione, eguali nella forma e nei contenuti;

che a sostegno della richiesta di accoglimento della questione di costituzionalità, gli indagati hanno svolto argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle esposte nella motivazione dell'ordinanza di rimessione, ribadendo che l'eventuale inammissibilità della richiesta di incidente probatorio comporterebbe l'incostituzionalità degli artt. 392 e 393 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che, per i reati di cui all'art. 550 cod. proc. pen., l'incidente possa essere chiesto e ottenuto sino alla citazione diretta a giudizio;

che nella discussione in udienza la difesa degli indagati ha ulteriormente insistito sulla diretta applicabilità del decisum della sentenza n. 77 del 1994 anche nei procedimenti per i reati per i quali é prevista la citazione diretta a giudizio.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino dubita della legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che l’incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito nella fase intercorrente tra la scadenza dei termini delle indagini preliminari e la citazione diretta a giudizio;

che, prendendo le mosse dalla sentenza di questa Corte n. 77 del 1994, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei predetti articoli nella parte in cui non consentono che l’incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell’udienza preliminare, il giudice a quo ritiene che nella situazione processuale al suo esame la preclusione all’espletamento dell’incidente probatorio sarebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., determinando una irragionevole diversità di trattamento tra le persone indagate in procedimenti per i quali é prevista l’udienza preliminare, che possono in tale fase, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 405 cod. proc. pen., chiedere ancora l’incidente probatorio, e quelle indagate in procedimenti per i quali é prevista la citazione diretta a giudizio, alle quali analoga facoltà é invece preclusa anche quando, scaduto il termine di cui all'art. 405 cod. proc. pen., a seguito dell'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. potrebbero essere ancora disposte nuove indagini;

che, inoltre, la disciplina censurata violerebbe l’art. 24 Cost., non consentendo alla persona sottoposta alle indagini, pur in presenza di una prova non rinviabile a dibattimento, di accedere all’incidente probatorio durante il tempo intercorrente tra la scadenza dei termini di cui all’art. 405 cod. proc. pen. e la citazione diretta a giudizio;

che, in sostanza, il rimettente chiede alla Corte una pronuncia che, nei termini sopra precisati, estenda la portata della sentenza n. 77 del 1994;

che con tale pronuncia la Corte aveva rilevato che la chiusura delle indagini preliminari non può essere di ostacolo alla "acquisizione al processo di elementi - in tesi - necessari all’accertamento dei fatti" e a "garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta", dato che la necessità di assicurare tali prove indifferibili ben può "insorgere per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio";

che era dunque la concreta indifferibilità della prova, in relazione al pericolo della sua "perdita" irrimediabile, a imporne l'assunzione anticipata;

che, proprio stando alla ratio della sentenza n. 77 del 1994, da un lato, ove il pericolo di perdita irrimediabile della prova si profilasse nello spazio temporale tra l’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. e la citazione a giudizio, ovvero tra detto avviso e l’inizio della udienza preliminare, non potrebbe non essere assicurata alle parti, anche in tale fase, la facoltà di richiedere l’assunzione della prova in via di incidente; dall'altro sarebbe palesemente incongruo differire la vocatio in jus per l’assunzione di una prova per la quale non sia ravvisabile alcun pericolo nel ritardo;

che, pur richiamando testualmente e ripetutamente le argomentazioni che sorreggono la pronuncia di questa Corte, il rimettente non espone quale sia la ragione di indifferibilità della perizia di cui é stata chiesta l'assunzione mediante incidente probatorio; anzi, omettendo persino di precisare se la richiesta sia stata formulata ex art. 392, comma 1, lettera f), o ex art. 392, comma 2, cod. proc. pen., rileva, in via del tutto astratta, che la censurata preclusione dell’incidente probatorio condurrebbe a conseguenze "inaccettabilmente lesive dei diritti di azione e di difesa", "pur in presenza di una prova non rinviabile a dibattimento", e indica, a titolo di esempio, la "ipotesi di un testimone in fin di vita";

che la mancata precisazione di questo aspetto, essenziale ai fini dell'esame delle censure di legittimità costituzionale, rende la questione, nei termini prospettati, manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2001.