SENTENZA N. 186
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 1, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, recante "Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale", promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento notificato il 28 gennaio 2002, depositato in cancelleria il 7 febbraio successivo ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2000.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2003 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. La Provincia autonoma di Trento ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; 69-85 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché ai principî costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, dell’art. 2, commi 1, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, recante "Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale". La disposizione impugnata, anche al fine di armonizzare il mercato interno con quello europeo, accrescere la concorrenzialità del sistema agroalimentare italiano e promuovere politiche di sviluppo del mondo rurale, definisce un percorso procedimentale contestato, in più punti, dalla Provincia ricorrente.
2. A giudizio della difesa provinciale sarebbe innanzitutto incostituzionale la previsione del comma 4 dell’art. 2, secondo il quale il Ministro delle politiche agricole e forestali definisce le "linee di indirizzo e coordinamento" degli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale. L’esercizio di una funzione di indirizzo e coordinamento, si osserva nel ricorso, dovrebbe essere riferibile non a un singolo Ministro, ma al Governo nella sua collegialità. Né – prosegue la ricorrente – varrebbe in contrario rilevare che la disposizione impugnata espressamente subordina l’emanazione ministeriale di tali linee di indirizzo all’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, giacché questa Corte avrebbe chiarito nella sentenza n. 408 del 1998 che "tale competenza collegiale necessaria non può venir meno neanche nell’ipotesi di atti di indirizzo su cui si sia raggiunta l’intesa nella conferenza Stato-Regioni". Sotto un convergente profilo, il potere di indirizzo e coordinamento conferito al Ministro si dimostrerebbe incompatibile con il principio di legalità sostanziale, a causa della mancata predeterminazione legislativa di un contenuto tipico e proprio dell’atto di esercizio di tale potere.
Con un secondo motivo di censura si denunciano la previsione, contenuta nell’art. 2, comma 5, dell’inserimento dei programmi regionali nel Documento programmatico agroalimentare e l’attribuzione al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) di un potere di verifica ed approvazione dei programmi regionali e provinciali (comma 6 dell’articolo 2). A giudizio della Provincia si subordinerebbe in tal modo l’efficacia dei piani della Provincia di Trento ad un atto di approvazione statale, che si ingerirebbe nella funzione amministrativa statutariamente spettante alla Provincia, in diretto e puntuale contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, ai sensi del quale "nelle materie di competenza propria della Regione o delle Province autonome la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione".
Il vincolo all’approvazione dei piani provinciali da parte del CIPE, si argomenta nel ricorso, sarebbe costituzionalmente illegittimo anche se fosse riferito ai soli fondi che non sono attribuiti contestualmente all’approvazione. Anche in questo caso, infatti, tale vincolo continuerebbe a contrastare con la norma di attuazione poc’anzi menzionata nonché con l’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria), il quale stabilisce che per l’erogazione dei finanziamenti assegnati alle Province autonome "si prescinde da qualunque adempimento" imposto dalle leggi statali in cui sia previsto il riparto o l’utilizzo a favore delle Regioni, "ad eccezione di quelli relativi all’individuazione dei parametri o delle quote di riparto". Del pari incostituzionale sarebbe inoltre la previsione di un potere di aggiornamento del Documento, che non sarebbe coordinato con la previa elaborazione in sede locale dei programmi da aggiornare.
E’ oggetto di impugnativa anche il comma 9 dell’art. 2, che fonda in capo al Ministro delle politiche agricole e forestali il potere di sostituirsi alle Province autonome inadempienti nell’attività di programmazione agricola locale. Tale disposizione, ad avviso della difesa provinciale, sarebbe incostituzionale già avendo riguardo ai presupposti ai quali è vincolato, in base all’art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), l’esercizio del potere sostitutivo: non verrebbero infatti in rilievo ipotesi di inadempimento di specifici obblighi di derivazione comunitaria, né un’inerzia che comporti il pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali. Pur volendo omettere di considerare che il decreto legislativo n. 112 trova applicazione solo nei confronti delle Regioni a statuto ordinario, continua la Provincia, il potere sostitutivo delineato dall’impugnato comma 9 sarebbe comunque lesivo della esclusiva riserva alla Provincia di Trento di ogni attività amministrativa, riserva espressa mediante il divieto di cui all’art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
La ricorrente contesta infine il comma 10 dell’articolo 2 della legge n. 499 del 1999, il quale impone la notifica alla Commissione delle Comunità europee dei regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare. Secondo la difesa provinciale, tale onere non potrebbe fare riferimento a regimi di aiuto contenuti nel Documento, giacché non potrebbero esistere regimi di aiuto che non siano già specificamente previsti dalle leggi provinciali, quale diretta conseguenza del principio di legalità. L’onere di notifica dovrebbe quindi considerarsi soddisfatto al momento di approvazione della legge, sicché il menzionato comma 10 sarebbe lesivo delle attribuzioni provinciali sia perché prevede una fase di ulteriore verifica dei regimi di aiuto, sia in quanto ne dispone la centralizzazione in un documento unico.
3. Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che il ricorso sia respinto.
La difesa erariale, dopo aver affermato che il meccanismo programmatorio descritto dalla disposizione oggetto di impugnativa risponderebbe all’interesse nazionale di accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare italiano nel mercato europeo e internazionale, contesta che i programmi provinciali sarebbero assoggettati alle linee di indirizzo e coordinamento ministeriali. Tale assoggettamento non sussisterebbe, in quanto il Documento programmatico agroalimentare avrebbe natura puramente compilativa, si limiterebbe a censire i programmi agricoli e di formazione regionali e provinciali, le attività del Ministero delle politiche agricole e forestali, i regimi di aiuto di cui al d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell’art. 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449) e gli interventi di Sviluppo Italia S.p.a., senza in alcun modo vincolare le Regioni, ma lasciando che ognuna delle diverse attività che confluiscono nel Documento in parola sia regolata autonomamente e mantenga la propria efficacia.
Le linee di indirizzo e coordinamento cui fa riferimento la Provincia di Trento, continua l’Avvocatura dello Stato, devono essere concordate con la Conferenza Stato-Regioni ed attenersi al Documento di programmazione economico-finanziaria e alla Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale, e pertanto indirizzano la sola attività del Ministero e degli organi statali, non quella delle Regioni e Province autonome. Il Documento, diversamente da quanto la ricorrente ritiene, servirebbe inoltre ad attribuire, previa approvazione del CIPE, le sole somme assegnate dalla legge e non tutti gli altri fondi che siano eventualmente stanziati dalle Regioni o dalle Province autonome. L’approvazione del CIPE non toccherebbe insomma i programmi regionali e provinciali, sicché verrebbe a cadere anche il secondo motivo di censura, non potendosi configurare alcuna subordinazione dell’efficacia dei piani della Provincia ricorrente all’approvazione statale e non risultando d’altro canto apposto alcun vincolo esterno ai finanziamenti destinati alla Provincia.
Infondata sarebbe pure la censura avente ad oggetto il comma 9 dell’art. 2, il quale, nell’attribuire al Ministro delle politiche agricole un potere sostitutivo, fa rinvio all’art. 5 del d.lgs. n. 112 del 1998. Secondo la difesa erariale la norma impugnata non sarebbe applicabile alla Provincia di Trento, giacché farebbe testualmente riferimento solo a "programmi agricoli regionali" e non anche provinciali, e comunque per la assorbente considerazione che il d.lgs. n. 112 testé menzionato opererebbe nei confronti delle sole Regioni ad autonomia ordinaria, come la stessa ricorrente mostra di ritenere.
Pure da respingere sarebbe infine la questione concernente l’onere di notifica alla Commissione delle Comunità europee, poiché tale notifica non vanificherebbe né annullerebbe quella provinciale.
4. In prossimità della data fissata per la discussione in udienza pubblica la Provincia autonoma di Trento ha presentato una memoria nella quale insiste per l’accoglimento del ricorso.
La difesa provinciale contesta innanzitutto l’argomento svolto dall’Avvocatura secondo il quale il documento programmatico agroalimentare sarebbe uno strumento meramente compilativo, incapace di produrre vincoli nei confronti delle competenze provinciali. Dal comma 5 dell’impugnato art. 2, il quale stabilisce che "le somme di cui ai commi 1 e 2 sono destinate a finanziare gli interventi previsti dal Documento programmatico", sarebbe infatti possibile desumere che l’approvazione del documento da parte del CIPE incide su tutti i fondi destinati all’agricoltura, vincolando in tal modo fondi gestiti dalla Provincia a interventi soggetti ad approvazione statale. Il fatto che l’approvazione del documento sia condizione indefettibile per l’assegnazione dei fondi di cui alla legge n. 499 del 1999 dimostrerebbe che esso non ha valore puramente ricognitivo, ma costitutivo, come sarebbe confermato anche dalla previsione, nel comma 9, di un intervento sostitutivo statale per l’ipotesi della "mancanza della presentazione di uno o più programmi agricoli regionali". Neppure si potrebbe sostenere, secondo la Provincia di Trento, che la norma impugnata avrebbe carattere sollecitatorio, poiché tale finalità viene usualmente perseguita dal legislatore con la fissazione di un termine ordinatorio, non già, come nella specie, con la previsione di un potere sostitutivo, che sarebbe giustificabile solo ove si rendesse necessario per tutelare un cogente interesse nazionale.
In relazione all’impugnato art. 2, comma 10, che secondo l’Avvocatura porrebbe un onere di notifica dei regimi di aiuto meramente sussidiario rispetto alla eventuale notifica provinciale, la difesa della ricorrente rileva, da un lato, che la natura sussidiaria della notifica non risulta affatto dal tenore della disposizione; dall’altro che una funzione sussidiaria non sarebbe comunque legittima, dal momento che i poteri sostitutivi dello Stato in relazione agli obblighi comunitari sono disciplinati, per la Provincia autonoma di Trento, dalle norme di attuazione portate dal d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616).
Considerato in diritto
1. ¾ La Provincia autonoma di Trento ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale, in riferimento a numerose disposizioni dello statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, nonché ai principî costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, dell’articolo 2, commi 1, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 della legge 23 dicembre 1999, n. 499 (Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale).
2. ¾ Una prima questione concerne il comma 4 dell’art. 2. La ricorrente lamenta che il potere di indirizzo e coordinamento attribuito dal comma 4 dell’art. 2 al Ministro delle politiche agricole e forestali difetterebbe dei requisiti di forma e di sostanza ai quali, nella giurisprudenza costituzionale, è subordinato il legittimo esercizio della relativa funzione (v., da ultimo, sentenze n. 63 del 2000, n. 169 del 1999, n. 408 del 1998, n. 121 del 1997, n. 359 del 1991). Specificamente, sarebbero stati violati il principio di legalità sostanziale, per la mancata predeterminazione legale di un qualunque contenuto dell’atto di indirizzo, e la regola della competenza del Consiglio dei ministri in ordine all’adozione di esso.
La questione non è fondata.
Ai sensi dell’art. 2, comma 4, "il Ministro delle politiche agricole e forestali, in coerenza con i vincoli posti dagli accordi internazionali e dalla politica agricola dell’Unione europea e con le indicazioni del Documento di programmazione economico-finanziaria e sulla base della Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale, definisce le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale, nonché le indicazioni per l’omogenea redazione dei programmi regionali, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano".
Diversamente da quanto la denominazione impiegata (linee di indirizzo e coordinamento) potrebbe indurre prima facie a ritenere, la disposizione in oggetto, letta insieme al successivo comma 5, mostra chiaramente come il Ministro delle politiche agricole e forestali sia chiamato a svolgere attività, le quali sono inserite in un articolato percorso procedimentale che sfocia in un atto non qualificabile come atto di indirizzo e coordinamento. Tale atto si pone al culmine di una procedura concertativa alla quale partecipano soggetti diversi: l’anzidetto comma 5 prevede il coinvolgimento di organizzazioni professionali agricole, organizzazioni cooperative, organizzazioni sindacali degli operatori agricoli, associazioni dei produttori e dei consumatori, organizzazioni agroindustriali di settore e comunque impone al Ministro di sentire la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e di acquisire il parere delle competenti Commissioni parlamentari. In questa cornice, che vede una pluralità di enti sociali e istituzionali cooperare alla formazione del Documento di programmazione nazionale in agricoltura, le linee di indirizzo ministeriali, lungi dal comportare vincoli diretti nei confronti delle amministrazioni regionali – salvo l’onere, peraltro non contestato, di uniformarsi ai criteri dettati per l’omogenea redazione dei programmi regionali - rappresentano soltanto una fase di un procedimento complesso, destinato a concludersi con la delibera da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Né la circostanza che il legislatore abbia utilizzato una terminologia impropria potrebbe dirsi sufficiente ad imprimere all’atto caratteri ed effetti giuridici che oggettivamente non gli sono propri.
3. La Provincia di Trento solleva, altresì, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 7, della legge n. 499 del 1999, nella parte in cui prevede l’inserimento dei programmi regionali nel Documento programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale (DPAAF) e dell’art. 2, commi 5 e 6, della medesima legge, i quali disciplinano il potere di approvazione e di aggiornamento del Documento, affidandolo al CIPE. La ricorrente muove dall’assunto che l’efficacia dei propri programmi agricoli sarebbe condizionata al loro inserimento in un atto di approvazione statale, il che darebbe luogo a un’indebita interferenza con l’esercizio delle funzioni amministrative provinciali. Specificamente sarebbe violato l’art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), il quale prevede che la legge, nelle materie di competenza propria della Provincia autonoma, non possa attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le norme di attuazione (è fatta salva solo la possibilità per il Presidente della Regione di richiedere l’intervento della polizia di Stato per assicurare l’osservanza delle leggi e dei regolamenti provinciali).
Anche questa questione non è fondata.
E’ decisivo chiarire che il Documento programmatico agroalimentare, ai sensi del comma 7 dell’art. 2, è costituito, oltre che da una serie di programmi e di interventi realizzati da enti statali [lettere d), e), f)], o in forma cofinanziata Stato-Regioni [lettera c)], anche dai programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonché di sviluppo rurale predisposti da ogni singola Regione e Provincia autonoma [lettera a)] nonché dai programmi di formazione professionale realizzati dalle Regioni e dalle Province autonome e dagli interventi a favore della imprenditoria giovanile [lettera b)]. Non può dubitarsi che programmi e interventi predisposti dalle Regioni nell’ambito delle rispettive attribuzioni entrino a comporre il DPAAF; è tuttavia inesatto ritenere, come fa la ricorrente, che i programmi agricoli regionali siano condizionati all’inserimento nel Documento e dunque ad un atto di approvazione statale che darebbe corpo a un’illegittima ingerenza sull’attività programmatoria e finanziaria delle Regioni. Una simile conclusione prende infatti l’avvio dalla premessa che l’approvazione da parte del CIPE valga ad assegnare, e quindi a sbloccare, tutti i fondi relativi agli interventi da inserire nel Documento, dunque anche quelli che le Regioni abbiano già autonomamente iscritto nei propri bilanci. Ciò, tuttavia, non solo condurrebbe a conseguenze manifestamente assurde, attribuendo al CIPE il potere di incidere sui bilanci regionali in relazione a somme che potrebbero essere già impegnate o addirittura in via di erogazione, ma contrasta con l’art. 2, comma 5, ultima frase. Questo statuisce che l’approvazione del documento da parte del CIPE "comporta la contestuale attribuzione dei fondi di cui al comma 2", vale a dire, inequivocabilmente, dei soli fondi statali specificamente recati, limitatamente al periodo 1999-2002, dalla legge n. 499 del 1999, non anche di tutte le altre fonti di finanziamento di cui al comma 1 dell’art. 2, tra cui figurano i fondi "che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci" e "quelli destinati alle competenze regionali nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale". Così inteso, in definitiva, l’atto di approvazione del CIPE assume una duplice funzione: nei confronti degli interventi statali destinati ad essere finanziati con i fondi recati dalla legge impugnata determina lo sblocco e la contestuale erogazione delle somme; nei confronti degli interventi e dei programmi regionali assume carattere meramente ricognitivo delle previsioni di bilancio delle singole Regioni e dei relativi trasferimenti statali. La rappresentazione, in un documento unitario, del quadro riassuntivo e generale degli interventi, statali e regionali, da realizzare nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale diviene così lo strumento per garantire la più ampia conoscenza da parte degli operatori delle opportunità di sviluppo e di investimento che il mercato offre.
Non varrebbe neppure rilevare che l’inserimento dei programmi regionali nel Documento programmatico e la previsione che i fondi recati dalla legge e destinati a finanziare gli interventi in esso previsti siano attribuiti solo per effetto dell’approvazione del Documento da parte del CIPE determinino la violazione dell’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria). Tale disposizione stabilisce in effetti che i finanziamenti recati da legge statale di cui sia previsto il riparto o l’utilizzo a favore delle Regioni sono assegnati alle Province autonome ed affluiscono al bilancio di queste per essere utilizzati nel rispettivo settore secondo normative provinciali e continua disponendo che per l’assegnazione e l’erogazione dei finanziamenti de quibus "si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi, ad eccezione di quelli relativi alla individuazione dei parametri e delle quote di riparto". In tal modo si intende escludere l’assoggettamento della Provincia ad adempimenti o oneri amministrativi successivi all’erogazione del finanziamento e relativi alla concreta gestione dello stesso, mentre la presentazione del programma regionale ai fini dell’inserimento nel documento programmatico nazionale approvato dal CIPE costituisce un presupposto formale per accedere ai finanziamenti recati dalla legge statale, non potendo lo Stato finanziare progetti regionali senza conoscerne gli elementi costitutivi. Né, d’altro canto, l’articolo impugnato pone alla Provincia vincoli organizzativi aggiuntivi per la concreta gestione delle somme erogate.
4. Un’ulteriore questione di legittimità costituzionale ha ad oggetto il comma 9 dell’art. 2, che, per l’ipotesi di omessa presentazione dei programmi agricoli regionali o (per il primo anno di attuazione della legge) dei documenti di programmazione agricola previsti dalla programmazione regionale, contempla l’intervento sostitutivo disciplinato nell’art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).
La questione, nei termini in cui è prospettata, è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
La Provincia autonoma di Trento ha infatti presentato i programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonché di sviluppo rurale, ai sensi dell’art. 7, lettera a), della legge impugnata, la cui omessa presentazione era condizione per attivare il procedimento sostitutivo previsto nel censurato art. 9. In questi termini, la disposizione di cui si chiede l’annullamento non ha trovato attuazione, per il passato, nei confronti della ricorrente, né d’altro canto potrà trovarne in futuro, avendo la legge esaurito i suoi effetti alla data del 31 dicembre 2002.
5. La Provincia di Trento solleva, infine, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 10, della legge n. 499 del 1999, il quale stabilisce che i regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare siano notificati alla Commissione delle Comunità europee entro quindici giorni dall’approvazione di quest’ultimo. La ricorrente, sulla premessa che tutte le leggi provinciali che prevedono regimi di aiuto inseriti nel Documento sono già autonomamente notificate dalla Provincia, lamenta che l’ulteriore notifica statale sarebbe inutile e anzi fonte di complicazioni procedurali. Per negare ogni consistenza alla censura è sufficiente rilevare che la notifica statale, la cui opportunità non deve essere qui valutata, non vanifica quella provinciale che sia già intervenuta e non è idonea, di per sé, a ledere attribuzioni costituzionalmente spettanti alla ricorrente.
La questione deve essere pertanto dichiarata inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, della legge 23 dicembre 1999, n. 499 (Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale), proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), e ai principî costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all’articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2003.