ORDINANZA N. 4
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del Senato della Repubblica in data 31 gennaio 2001 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Giulio Andreotti nei confronti del dott. Mario Almerighi, promosso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Perugia con ricorso depositato il 20 ottobre 2001 ed iscritto al n. 202 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto che, con atto del 5 ottobre 2001, pervenuto a questa Corte il 20 ottobre 2001, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica in relazione alla deliberazione del 31 gennaio 2001 con la quale il Senato medesimo ha approvato la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di dichiarare che il fatto oggetto del procedimento penale instaurato davanti allo stesso Giudice nei confronti del senatore Giulio Andreotti - imputato del delitto di diffamazione in danno del magistrato Mario Almerighi – concerne opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, e ricade pertanto nell’ipotesi di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, ad avviso del ricorrente, il Senato non avrebbe legittimamente esercitato il proprio potere, in riferimento a quanto previsto dall’art. 68, primo comma, della Costituzione, stante l’estraneità della condotta tenuta dal senatore Andreotti rispetto ai concetti di "opinione" e di "esercizio delle funzioni" proprie quale membro del Parlamento;
che, sempre secondo il ricorrente, le dichiarazioni per cui è giudizio, pur potendosi inquadrare nell’ambito di un dibattito avente anche connotati politici, considerato il carattere pubblico della vicenda che ha interessato il senatore Andreotti, non potrebbero qualificarsi come espressione di un atto inerente alle funzioni parlamentari, non essendo state rese in sedi istituzionali e non risultando collegate, sotto un profilo sostanziale e di contenuto, ad una particolare attività parlamentare, onde nella delibera di insindacabilità adottata dal Senato si avrebbe una estensione non consentita della garanzia prevista dalla norma costituzionale, che si tradurrebbe in una violazione delle attribuzioni dell’autorità giudiziaria;
che, pertanto, il ricorrente chiede dichiararsi che non spettava al Senato della Repubblica la valutazione della condotta attribuita al senatore Andreotti, in quanto estranea alla previsione dell'art. 68, primo comma, Cost., e conseguentemente annullarsi la relativa deliberazione.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", fermo restando il potere della Corte, a seguito del giudizio, di pronunciarsi su ogni aspetto del conflitto, ivi compresa la sua ammissibilità;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, vi è materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla sua competenza, sussistendo i requisiti soggettivi e oggettivi di cui all’art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, quando, come nella specie, un giudice, chiamato a pronunciarsi nell’ambito di un giudizio concernente la responsabilità di un membro del Parlamento in relazione a dichiarazioni da lui rese, lamenti la lesione delle proprie attribuzioni giurisdizionali derivanti dal cattivo uso del potere, riconosciuto alle Camere parlamentari (sentenza n. 1150 del 1988), di affermare la insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, di dichiarazioni rese dai propri membri, ritenute espressione dell’esercizio delle funzioni parlamentari (cfr., da ultimo, ordinanze n. 363 e n. 379 del 2002);
che pertanto il conflitto promosso col presente ricorso deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nei confronti del Senato della Repubblica con l'atto indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione al ricorrente della presente ordinanza;
b) che, a cura del ricorrente Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine fissato dall'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2003.