Sentenza n. 255/2002

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SENTENZA N. 255

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito: A) del decreto 21 maggio 1997 del Direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, emesso di concerto con il Direttore generale del Dipartimento del territorio, recante: "Modalità di liquidazione e di pagamento delle imposte ipotecarie e catastali, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili relativi alle successioni"; B) della circolare 8 luglio 1997, n. 196/E del Direttore generale delle entrate del Ministero delle finanze, recante: "Anticipo d’imposta sui trattamenti di fine rapporto. Art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, commi da 211 a 213, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140"; C) della circolare 4 luglio 1997, n. 190/E del Direttore generale delle entrate del Ministero delle finanze, recante: "Chiusura delle liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie. Art. 9-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140", promossi con ricorsi della Regione Siciliana notificati il 27 giugno, l’11 e il 9 settembre 1997, depositati in Cancelleria il 2 luglio e il 15 settembre successivi ed iscritti ai nn. 37, 49 e 50 del registro conflitti 1997.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi l’avv. Francesco Castaldi per la Regione Siciliana e l’Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. — La Regione Siciliana, con tre distinti ricorsi notificati il 27 giugno, l’11 settembre ed il 9 settembre 1997, depositati il 2 luglio ed il 15 settembre 1997 propone, in riferimento agli artt. 36 dello statuto regionale e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione: a) al decreto dirigenziale del Ministero delle finanze del 21 maggio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 maggio 1997, n. 120, recante "Modalità di liquidazione e di pagamento delle imposte ipotecarie e catastali, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili relativi alle successioni", nella parte in cui "sottrae alla ricorrente l’importo originario" della "tassa ipotecaria (codice 7092)" oggetto dell’art. 3, ovvero "la tassa di cui alla Tabella A, n.1, annessa al D.l.vo 31 ottobre 1990, n. 247" [recte, n. 347]; b) alla circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, dell’8 luglio 1997, n. 196/E, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 1997, n. 163, recante direttive in ordine all’"Anticipo d’imposta sui trattamenti di fine rapporto. Art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, commi da 211 a 213, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140", nella parte in cui "sottrae alla ricorrente l’importo delle somme versate all’Erario, al capo VI, capitolo 1050, non articolato, a titolo di acconto delle imposte da trattenere ai lavoratori dipendenti all’atto della corresponsione dei trattamenti di fine rapporto" [paragrafo 7]; c) alla circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, del 4 luglio 1997, n. 190/E, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’11 luglio 1997, n. 160, recante direttive in materia di "Chiusura delle liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie. Art. 9-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 (Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 1997)", nella parte in cui "sottrae alla ricorrente l’importo dovuto a titolo di definizione di cui al codice 1452 denominato "chiusura lite fiscale pendente"".

2. — La Regione, nei tre ricorsi, svolge una identica premessa, deducendo che l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, stabilisce che, ai sensi dell'articolo 36, primo comma, dello statuto regionale, sono ad essa riservate tutte le entrate tributarie erariali, dirette o indirette, riscosse nell'ambito del suo territorio, ad eccezione di quelle connotate dalla ‘novità’, il cui gettito sia destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, che devono essere espressamente indicate. A suo avviso, il requisito della ‘novità’ sussisterebbe esclusivamente per le entrate derivanti da "un atto impositivo nuovo, in mancanza del quale l’entrata non si sarebbe verificata" e mancherebbe per quelle oggetto degli atti impugnati, attuativi della clausola di riserva all’erario dello Stato recata dall’art. 14 del d.l. n. 79 del 1997, in relazione alle entrate previste da detto decreto.

2.1. — Secondo la Regione Siciliana, la tassa ipotecaria prevista dal n. 1 della tabella allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 é stata aumentata dall’art. 16, comma 1, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e dal d.l. 20 giugno 1996, n. 323, convertito dalla legge 8 agosto 1996, n. 425 e, per entrambi gli aumenti, é stata prevista la clausola di riserva allo Stato, che manca invece nel d.lgs. n. 347 del 1990, tant’é che mai l’Amministrazione finanziaria avrebbe dubitato che sia di spettanza regionale. Il primo degli atti impugnati, adottato ex art. 11, comma 6, d.l. n. 79 del 1997, nello stabilire le modalità di versamento dei tributi in esso indicati, specificando i codici-tributo (comma 1) ed i corrispondenti capitoli di imputazione al bilancio dello Stato, all’art. 3 ha disposto che l’intero gettito della tassa ipotecaria (codice 7092) debba essere versato alla Tesoreria provinciale dello Stato. A suo avviso, il decreto dirigenziale, in questa parte, sarebbe illegittimo, in quanto le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 79 del 1997 riguarderebbero esclusivamente le modalità di riscossione e versamento del tributo e, quindi, non sarebbe "nuovo".

In riferimento al secondo degli atti impugnati, la ricorrente deduce che l’anticipazione dell’imposta sul trattamento di fine rapporto (t.f.r.) oggetto dell’atto impugnato non costituirebbe un nuovo tributo, nè incrementerebbe l’aliquota di un tributo previgente, sicchè illegittimamente la circolare stabilisce che esso debba essere versato all’erario statale. Inoltre, poichè il suo pagamento determina a favore del datore di lavoro un credito di imposta, utilizzabile in occasione del pagamento delle ritenute sul t.f.r. all’atto del collocamento a riposo del dipendente, l’erario regionale subirebbe per due volte una diminuzione delle entrate: la prima, in virtù del mancato incasso dell’anticipazione di imposta; la seconda, a causa dell’incidenza della rivalutazione del credito di imposta al momento del pagamento del saldo.

Relativamente al terzo degli atti impugnati, la Regione osserva che l’art. 9-bis, commi da 6 a 11, del d.l. n. 79 del 1997 disciplina la definizione delle liti pendenti dinanzi alle commissioni tributarie alla data del 1° aprile 1996, mediante il pagamento di somme proporzionate al valore della lite. A suo avviso, le direttive contenute nel paragrafo titolato "Somme dovute per la definizione – termine e modalità di versamento – comunicazione", disponendo che per il loro versamento va utilizzato "il codice 1452, denominato ‘chiusura lite fiscale pendente’" e che esse "sono versate per intero all’Erario/Stato, al Capo VI, Capitolo 1180, non articolato", illegittimamente attribuirebbero allo Stato somme di spettanza della Regione. La definizione delle liti disciplinata da detta norma determinerebbe, infatti, il pagamento di somme relative ad entrate attribuite alla Regione, sia che si tratti di tributi, sia che si tratti di sanzioni, in quanto costituirebbero "cespiti di spettanza regionale ex art. 3" del d.P.R. n. 1074 del 1965, i quali potrebbero anche essere stati già contabilizzati nel bilancio regionale come residui attivi.

La Regione Siciliana chiede, quindi, che la Corte annulli i tre atti, limitatamente alle parti ed alle direttive sopra indicati, asseritamente lesivi delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite.

3. — In tutti i giudizi si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili e comunque infondati.

In tutti gli atti di costituzione la difesa erariale premette che l’art. 14 del d.l. n. 79 del 1997 riserva all’erario statale le entrate tributarie disciplinate da detto decreto e prevede che, con decreto del Ministro delle finanze, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, devono essere stabilite le modalità di attuazione della riserva. A suo avviso, i ricorsi sarebbero, quindi, inammissibili, dato che riguarderebbero atti diversi da quello previsto da detta norma, l’unico che, eventualmente, potrebbe vulnerare le attribuzioni costituzionalmente garantite della Regione.

Relativamente al primo ricorso, l’Avvocatura sostiene che le "tasse ipotecarie" previste dall’art. 19 del d.lgs. n. 347 del 1990 non sarebbero che gli emolumenti ed i diritti che i conservatori dei registri immobiliari potevano incassare e fare propri ex art. 35 della legge 25 giugno 1943, n. 540. Nonostante la nuova qualificazione come "tassa", sarebbe rimasta sostanzialmente inalterata la destinazione di questa entrata, che renderebbe irrilevante la mancanza nel d.lgs. n. 347 del 1990 dell’espressa clausola di riserva all’erario dello Stato.

Secondo l’Avvocatura, il secondo ricorso sarebbe infondato, sia in quanto le istruzioni riguardanti il versamento dell’anticipo dell’imposta su un determinato capitolo di entrata del bilancio non implicano che le relative somme spettino definitivamente allo Stato, sia in quanto l’anticipazione non costituirebbe un acconto Irpef, dato che il prelievo fiscale é operato su di un credito non ancora esigibile e ciò connoterebbe il tributo del requisito della "novità".

La difesa erariale eccepisce, infine, l’infondatezza del terzo ricorso, deducendo che l’art. 9-bis del d.l. n. 79 del 1997 disciplinerebbe una forma di condono, prevedendo un eccezionale modo di estinzione dell’obbligazione tributaria, in virtù del quale un elemento essenziale dell’obbligazione originaria é sostituito con effetto novativo da uno nuovo, così da configurare anche per questo tributo il requisito della ‘novità’.

4. — All’udienza pubblica dell’11 aprile 2000 la Regione Siciliana ed il Presidente del Consiglio dei ministri hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

Questa Corte, con ordinanze depositate il 28 luglio 2000, premesso che con sentenza n. 347 del 2000, nel giudizio di legittimità costituzionale principale promosso dalla Regione Siciliana in riferimento all’art. 14, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, é stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di detta norma, nella parte in cui, disponendo che le entrate previste da siffatto decreto sono riservate all’erario statale e che le modalità di attuazione della clausola di riserva vanno stabilite con decreto ministeriale, non prevede la partecipazione della Regione Siciliana al relativo procedimento, ha ordinato che le cause fossero chiamate ad una nuova udienza, allo scopo di permettere alle parti di determinarsi alla luce della sopravvenuta sentenza.

5. — In prossimità dell’udienza pubblica del 26 febbraio 2002, la ricorrente, in tutti e tre i giudizi, ha depositato memorie di contenuto pressochè identico.

Secondo la Regione, permarrebbe il suo interesse all’annullamento degli atti, sia in quanto, successivamente alla sentenza n. 347 del 2000, essi sono stati mantenuti fermi, sia in quanto, nonostante l’art. 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, abbia disposto la cessazione dell’efficacia delle clausole di riserva delle entrate in favore dell’erario dello Stato, questa norma produce effetti esclusivamente per il futuro.

6. — Anche la difesa erariale ha depositato memorie in prossimità dell’udienza pubblica.

L’Avvocatura, in riferimento al ricorso avente ad oggetto l’attribuzione della tassa ipotecaria, ha rappresentato "l’intervenuta formazione presso i competenti Organi di atteggiamento recessivo dalla linea opposta, con l’atto di costituzione del 16 luglio 1997, all’assunto della ricorrente Regione".

Relativamente al giudizio introdotto con il terzo dei tre ricorsi, la difesa erariale deduce che la sopravvenuta sentenza n. 347 del 2000 escluderebbe l’"interesse ad una definizione nel merito", in quanto deve "riconoscer(si) sussistente (...) l’esigenza di valutazioni tecnico-finanziarie ai fini del riparto Stato-Regione del gettito fiscale scaturente dalle disposizioni normative sulla chiusura delle liti fiscali pendenti, con conseguente operatività del principio di cooperazione e necessità della partecipazione della Regione alla predisposizione delle misure attuative della disciplina di legge in subiecta materia".

Infine, in riferimento al giudizio avente ad oggetto l’anticipazione di imposta sul t.f.r., ad avviso dell’Avvocatura, questa entrata dovrebbe essere considerata ‘nuova’ e per essa non sussisterebbe l’esigenza di quelle "complesse valutazioni tecnico finanziarie" che renderebbero necessaria la partecipazione della Regione al procedimento strumentale all’attuazione della clausola di riserva. Si tratterebbe, infatti, di "una anticipazione della ritenuta (ordinaria) collegata però alla maturazione, anzichè alla corresponsione del t.f.r.", ossia ad un proprio presupposto impositivo, che indurrebbe a qualificarlo come una "nuova imposta (straordinaria)", non soggetta alle norme del d.l. n. 79 del 1997.

7. — All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.

Considerato in diritto

1. — I conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato promossi dalla Regione Siciliana con tre distinti ricorsi hanno ad oggetto un decreto dirigenziale e due circolari del Ministero delle finanze nelle parti in cui, rispettivamente, stabiliscono obbligo e modalità di versamento all'erario dello Stato degli interi proventi derivanti da una serie di entrate tributarie localmente riscosse, puntualmente indicate nella narrativa in fatto, e in particolare inerenti: a) alla tassa ipotecaria; b) all'acconto delle imposte da trattenere ai lavoratori dipendenti all'atto della corresponsione dei trattamenti di fine rapporto; c) all'importo dovuto per la chiusura delle liti fiscali pendenti.

Secondo la Regione ricorrente, le entrate sopra indicate non spetterebbero allo Stato, in quanto l'art. 2 del d.P.R. n.1074 del 1965, ai sensi dell'art. 36, primo comma, dello statuto regionale, riserva alla Regione tutte le entrate tributarie erariali, dirette o indirette, riscosse nell'ambito del suo territorio, ad eccezione delle "nuove entrate tributarie", il cui gettito sia destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate nella legge medesima. Nessuna delle predette entrate, ad avviso della Regione, sarebbe connotata dal requisito della "novità", cosicchè gli atti impugnati disporrebbero illegittimamente, in violazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Sicilia, che il loro importo debba essere versato per intero all'erario dello Stato.

2. — In linea preliminare si rileva che i tre ricorsi impugnano i diversi atti in riferimento agli stessi parametri e svolgendo censure ed argomentazioni in larga misura coincidenti, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

3. — I ricorsi sono fondati.

Va premesso che questa Corte con sentenza n. 347 del 2000 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 -disposizione alla quale fanno riferimento gli atti impugnati- "nella parte in cui, nel disporre che le modalità di attuazione dello stesso articolo sono stabilite con decreto ministeriale, non prevede che al relativo procedimento partecipi la Regione Siciliana".

La sentenza si basa essenzialmente sul principio -ribadito dalle decisioni n. 98 e n. 340 del 2000 e n. 288 del 2001- secondo il quale l'attuazione del meccanismo di deroga al principio di attribuzione alla regione del gettito dei tributi erariali localmente riscossi deve avvenire attraverso un procedimento non unilaterale affinchè sia garantita alla regione stessa la possibilità di interloquire in vista della tutela dei propri diritti. E' infatti evidente che l'esigenza di complesse operazioni di valutazione tecnico-finanziaria ai fini del riparto tra Stato e regione dei gettiti in questione postuli "la necessità di procedimenti che assicurino una doverosa forma di partecipazione e consultazione della regione stessa, in attuazione del principio di leale cooperazione" (sentenza n. 347 del 2000).

La mancanza, nella specie, di questo procedimento "concertato", ai fini dell’emanazione del decreto di predisposizione dei criteri tecnici di ripartizione, vizia pertanto, in via derivata, gli atti impugnati in quanto applicativi del decreto stesso, con conseguente lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite della ricorrente.

Vanno pertanto annullati sotto questo profilo, con assorbimento di ogni ulteriore motivo di censura, i predetti atti, limitatamente alle parti impugnate, ancorchè la loro applicabilità sia venuta meno a decorrere dal 1° gennaio 2002, in quanto l'art. 52, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2002) ha stabilito che da detta data "cessano di avere applicazione le riserve all'erario statale già disposte ai sensi del primo comma dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 con leggi entrate in vigore anteriormente".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che non spetta allo Stato dare attuazione, con un procedimento nel quale non é stata assicurata la partecipazione della Regione Siciliana, alla riserva a favore dell'erario statale prevista dall'art. 14, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e conseguentemente

annulla il decreto dirigenziale del Ministero delle finanze del 21 maggio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 maggio 1997, n. 120, recante "Modalità di liquidazione e di pagamento delle imposte ipotecarie e catastali, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili relativi alle successioni", limitatamente all'art. 3, nella parte in cui dispone che la tassa ipotecaria (codice 7092) é versata per intero alla Tesoreria provinciale dello Stato;

annulla la circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, dell'8 luglio 1997, n. 196/E, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 1997, n. 163, recante direttive in ordine all’"Anticipo d'imposta sui trattamenti di fine rapporto. Art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, commi da 211 a 213, come sostituito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140", limitatamente al paragrafo 7, nella parte in cui dispone che le somme da esso previste sono versate per intero all'erario dello Stato;

annulla la circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, del 4 luglio 1997, n. 190/E, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'11 luglio 1997, n. 160, recante direttive in materia di "Chiusura delle liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie. Art. 9-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n.79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 (Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 1997)", limitatamente alla parte in cui dispone che le somme di cui al codice 1452, denominato "chiusura lite fiscale pendente", sono versate per intero all'erario dello Stato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2002.