ORDINANZA N.176
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4 e 5, dell’articolo 14, comma 5, e dell’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promossi con n. 21 ordinanze emesse il 7 e il 3 febbraio 2001 dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, rispettivamente iscritte dal n. 427 al n. 447 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 e n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che con ventuno ordinanze di analogo contenuto in data 3 e 7 febbraio 2001 (r.o. da n. 427 a n. 429 e da n. 430 a n. 447 del 2001) il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’articolo 13 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non prevede che l’esecuzione del decreto di espulsione dello straniero dal territorio nazionale mediante accompagnamento coatto alla frontiera sia disposta dall’autorità giudiziaria o, nei casi eccezionali di necessità ed urgenza, dall’autorità di pubblica sicurezza con successiva convalida da parte dell’autorità giudiziaria;
che con le stesse ordinanze il Tribunale di Milano ha sollevato, sempre in riferimento all’art. 13 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del citato decreto legislativo, nella parte in cui prevede che la convalida del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea sia titolo idoneo ad autorizzare il prolungamento di tale misura per un periodo massimo di venti giorni senza richiedere all’uopo un ulteriore provvedimento dell’autorità giudiziaria, nonchè, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 del medesimo decreto, "nella parte in cui non prevede che, sin dal momento dell’adozione del decreto di trattenimento nel centro di permanenza temporanea, allo straniero trattenuto sia nominato un difensore d’ufficio cui dare immediato avviso del trattenimento";
che in tutte le ordinanze il remittente premette di essere chiamato a convalidare il provvedimento del questore con il quale é stato disposto il trattenimento presso il centro di permanenza temporanea ed assistenza di uno straniero destinatario di un provvedimento di espulsione;
che, secondo la prospettazione del remittente, gli artt. 13, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998 violerebbero la riserva di giurisdizione posta dall’art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, a presidio della libertà personale, in quanto attribuirebbero ad una autorità amministrativa il potere di disporre l’accompagnamento coatto alla frontiera dello straniero senza neppure prevedere che tale misura, disposta dalla autorità di polizia, sia sottoposta alla convalida dell’autorità giudiziaria nel termine complessivo di novantasei ore;
che, quanto all’art. 14, comma 5, del testo unico sull’immigrazione, il quale prevede che la convalida giudiziaria del trattenimento possa comportare la permanenza nel centro per un periodo massimo di venti giorni senza un ulteriore provvedimento dell’autorità giudiziaria, il remittente ne denuncia il contrasto con l’art. 13 della Costituzione, sul rilievo che alla convalida sarebbe stato annesso un effetto destinato a durare anche successivamente al controllo sulla pregressa attività amministrativa, sicchè, mentre per le prime quarantotto ore, o comunque sino alla convalida, la privazione della libertà personale sarebbe disposta con l’osservanza delle garanzie previste dal parametro costituzionale testè citato, per il periodo successivo essa deriverebbe quale effetto automatico da una disposizione di legge, e non invece da un autonomo provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, se del caso contestuale alla convalida, concernente il successivo trattenimento;
che, il remittente lamenta infine che l’art. 14 del testo unico sull’immigrazione, nella parte in cui non prevede che, sin dal momento dell’adozione del provvedimento di trattenimento, sia nominato allo straniero un difensore di ufficio, cui dare immediato avviso della misura, violerebbe l’art. 24 della Costituzione, poichè "i termini già ristretti intercorrenti tra l’adozione del trattenimento e l’udienza di convalida sarebbero ulteriormente accorciati dalla circostanza che é il giudice, e non il questore, ad avvisare il difensore d’ufficio della sua avvenuta nomina, e questa contrazione del diritto di difesa non sarebbe giustificata da altri preminenti interessi di rilievo costituzionale";
che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate;
che, nell’imminenza della camera di consiglio, la difesa erariale ha depositato ulteriori memorie illustrative, con le quali - rilevato che la prima questione di legittimità costituzionale sarebbe inammissibile per irrilevanza, in quanto nella specie l’accompagnamento alla frontiera non sarebbe valutabile ex se ma soltanto come conseguente al trattenimento (misura, quest’ultima, sottoposta ad un vaglio giurisdizionale pieno, che si estende anche al susseguente accompagnamento) - insiste per la declaratoria di manifesta infondatezza delle residue questioni.
Considerato che le ordinanze propongono le medesime questioni e dunque i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;
che la censura di legittimità costituzionale mossa nei confronti dell’articolo 13, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui non prevede che l’esecuzione del decreto di espulsione dello straniero dal territorio nazionale mediante accompagnamento coatto alla frontiera sia disposta dall’autorità giudiziaria o, in casi eccezionali di necessità ed urgenza, dall’autorità di pubblica sicurezza e successivamente convalidata dall’autorità giudiziaria, é stata da questa Corte dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con la sentenza n. 105 del 2001 e manifestamente infondata con le successive ordinanze n. 388 e n. 298 del 2001;
che pure l’art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998, denunciato nella parte in cui prevede che la convalida del trattenimento determini l’automatica applicazione della misura per un periodo massimo di venti giorni senza richiedere un ulteriore provvedimento dell’autorità giudiziaria, é stato oggetto di pronunzie di questa Corte, che hanno dichiarato la questione non fondata (sentenza n. 105 del 2001) e manifestamente infondata (ordinanza n. 385 del 2001);
che con l’ordinanza citata da ultimo é stata dichiarata manifestamente infondata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, anche la questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998, denunciato sul rilievo che esso, non prevedendo che allo straniero sia nominato, sin dall’inizio del suo trattenimento, un difensore d’ufficio, cui dare immediato avviso della misura, impedirebbe alla persona trattenuta di approntare una adeguata difesa;
che il remittente non adduce profili ed argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati in precedenza o, comunque, tali da indurre questa Corte a rivedere il proprio orientamento, sicchè anche le questioni in esame vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4 e 5, e dell’articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nonchè dell’articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate, in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2002.