ORDINANZA N. 298
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell’articolo 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promossi con ordinanze emesse in data 2 novembre 2000 (n. 3 ordinanze) e in data 15 novembre 2000 (n. 3 ordinanze) dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, rispettivamente iscritte dal n. 60 al n. 62 e dal n. 123 al n. 125 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 5 e 9, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, con tre ordinanze in data 2 novembre 2000 (r.o. da n. 60 a n. 62 del 2001) e con tre ordinanze in data 15 novembre 2000 (r.o. da n. 123 a n. 125 del 2001), tutte di analogo contenuto, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell’articolo 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non prevedono che la mancata convalida del trattenimento, in caso di insussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, elida gli effetti del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica e che tale provvedimento sia comunicato all’autorità giudiziaria per essere assoggettato a convalida;
che, quanto alla rilevanza, in tutte le ordinanze si osserva che il procedimento di convalida del trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e di assistenza non può essere definito senza che sia assoggettato a convalida il provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera che ne costituisce il presupposto;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, i remittenti, rilevato che il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza ed assistenza di cui al citato art. 14 é finalizzato ad assicurare effettività alla normativa in tema di allontanamento e presuppone che all’espulsione debba farsi luogo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ritengono che l’accompagnamento alla frontiera, rendendo suscettibile di coercitiva esecuzione il provvedimento di espulsione, inciderebbe sulla libertà personale e dovrebbe essere assistito dalle garanzie poste dall’art. 13 della Costituzione;
che i giudici a quibus – dopo aver premesso che "la prerogativa costituzionale dell’art. 13, concernendo un diritto inviolabile e fondamentale, compete anche allo straniero" – lamentano che i casi di accompagnamento alla frontiera conseguenti a provvedimenti di espulsione amministrativa violerebbero la riserva di giurisdizione per la mancata previsione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che dia le ragioni di quella misura, preventivamente ex art. 13, secondo comma, Cost., ovvero successivamente, mediante convalida del giudice entro quarantotto ore, a seguito di comunicazione da parte dell’autorità di pubblica sicurezza ex art. 13, terzo comma, Cost.;
che la violazione della riserva di giurisdizione, di immediata rilevabilità nell’ipotesi in cui lo straniero espulso venga effettivamente accompagnato alla frontiera a mezzo della forza pubblica (in questo caso il giudice non ne viene neanche informato), sussisterebbe, ad avviso dei remittenti, anche quando lo straniero, per l’impossibilità di eseguire con immediatezza l’espulsione, venga trattenuto ai sensi dell’art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 presso un centro di permanenza temporanea e assistenza, in quanto, nonostante l’art. 14, comma 4, prescriva al giudice della convalida di valutare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 del medesimo decreto, oggetto della convalida sarebbe solo il provvedimento di trattenimento presso il centro, come confermerebbe, oltre al tenore letterale del citato art. 14, comma 4, che sembrerebbe riferirsi al solo "provvedimento del questore", anche la circostanza che la mancata convalida del trattenimento non travolgerebbe il provvedimento di "espulsione con accompagnamento", che continuerebbe così a gravare sullo straniero;
che in tutti giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata;
che, nell’imminenza della camera di consiglio, la difesa erariale ha depositato memorie, con le quali, rilevato che le questioni di legittimità costituzionale sono già state risolte da questa Corte con la sentenza n. 105 del 2001, insiste per la declaratoria di manifesta inammissibilità o infondatezza delle questioni stesse.
Considerato che le ordinanze propongono la medesima questione e i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 105 del 2001, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, identica questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell’articolo 14, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero);
che con la stessa sentenza é stata altresì dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, sollevata in riferimento all’art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione;
che i remittenti non adducono profili ed argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati in precedenza o, comunque, tali da indurre questa Corte a rivedere il proprio orientamento, sicchè la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell’articolo 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) sollevata, in riferimento all’articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.