ORDINANZA N.161
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 58, allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione)- rectius: del combinato disposto dell'art. 1 della legge 24 maggio 1952, n. 628 (Estensione delle norme del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale delle filovie urbane ed extra urbane e delle autolinee urbane), degli articoli 1, 3 e 4 della legge 22 settembre 1960, n. 1054 (Estensione delle norme contenute nel regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale degli autoservizi extra urbani), e dell'art. 58, allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 2000 dal Tribunale di Pisa nei procedimenti civili riuniti vertente tra Bartelloni Giampaolo ed altri e il Consorzio Pisano trasporti s.p.a., iscritta al n. 585 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visti l’atto di costituzione della Compagnia Pisana Trasporti s.p.a. nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
udito l’Avvocato dello Stato Luigi Criscuoli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che nel corso del giudizio, promosso da alcuni (ex) dipendenti del Consorzio Pisano Trasporti e volto ad accertare la legittimità della "destituzione" loro inflitta a seguito di procedimento disciplinare in data 20 ottobre 1998, il Tribunale di Pisa, nell'esaminare l'eccezione preliminare del difetto di giurisdizione fatta valere dal datore di lavoro, ha sollevato d'ufficio, con ordinanza 5 luglio 2000 (r.o. n. 585 del 2000), questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione) - rectius: del combinato disposto dell' art. 1 della legge 24 maggio 1952, n. 628 (Estensione delle norme del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale delle filovie urbane ed extra urbane e delle autolinee urbane), degli articoli 1, 3 e 4 della legge 22 settembre 1960, n. 1054 (Estensione delle norme contenute nel regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale degli autoservizi extra urbani) e dell'art. 58, allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148;
che la norma censurata é ritenuta costituzionalmente illegittima nella parte in cui attribuisce al giudice amministrativo anzichè al giudice ordinario la giurisdizione in materia di controversie disciplinari relative agli autoferrotranvieri;
che il giudice rimettente premette che la controversia (con riferimento alla data in cui é stata irrogata la sanzione della destituzione disciplinare) cadrebbe (in astratto) sotto la vigenza del regime processuale di cui all'art. 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e che la rilevanza della questione é in re ipsa, tenuto conto della sollevata eccezione di difetto di giurisdizione e del principio di diritto relativo alla sussistenza, nella materia de qua, della giurisdizione del giudice amministrativo, principio condiviso unanimemente dalle magistrature superiori ordinaria e amministrativa;
che, secondo lo stesso Tribunale di Pisa, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, sotto il profilo del lamentato vulnus al predetto art. 3, il mantenimento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo soltanto per le controversie disciplinari in cui siano parte gli autoferrotranvieri determinerebbe, da un lato, una evidente disparità rispetto al trattamento normativo riservato alla categoria del personale delle Ferrovie dello Stato "privatizzato"; dall'altro, sarebbe viziato da una "assoluta irrazionalità sistematica" alla luce dei recenti interventi normativi che hanno, altresì, "privatizzato" l'intero settore del pubblico impiego con correlativa attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro;
che - secondo il Tribunale di Pisa - non sarebbe, inoltre, corretto assimilare "i modesti dipendenti delle aziende ferrotranviarie" ai dipendenti "non privatizzati" (magistrati, militari, prefettizi, diplomatici) al fine di giustificare la permanenza della giurisdizione del giudice amministrativo;
che, sotto il profilo del denunciato contrasto con l'art. 24 della Costituzione, l'attuale riparto della giurisdizione - secondo l'ordinanza di rimessione - finirebbe "per gravare questi lavoratori sul piano processuale, assegnando loro un giudice più difficilmente accessibile, se non per contenuti, quantomeno per le differenti regole processuali sulla competenza per territorio";
che nel giudizio innanzi alla Corte si é costituita la S.p.a CPT - Compagnia Pisana Trasporti (già Consorzio Pisano Trasporti) - deducendo, con ampie considerazioni, l'infondatezza della questione sotto entrambi i parametri costituzionali invocati;
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo, in via preliminare, l'inammissibilità della questione sollevata per un duplice ordine di motivi: a) il giudice rimettente avrebbe dovuto censurare l'art. 1, comma 2, della legge 12 luglio 1988, n. 270 (Attuazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale autoferrotranviario ed internavigatore per il triennio 1985-1987, agevolazioni dell'esodo del personale inidoneo ed altre misure), nonchè l'art. 1 della legge 24 maggio 1952, n. 628 e non la norma impugnata; b) la distribuzione dei diversi affari giudiziari sul territorio nazionale é rimessa alla scelta discrezionale del legislatore, non sindacabile ex art. 24 della Costituzione; tale norma non é, infatti, finalizzata a garantire ai cittadini una autorità giudiziaria collocata in un ambito spaziale "vicino" al luogo di residenza o domicilio; c) il Consorzio Pisano Trasporti non é riconducibile nell'ambito delle "amministrazioni pubbliche" come definite dall'art. 1, comma 2, del d.lgs n. 29 del 1993; non potrebbe, pertanto, quest'ultima normativa essere assunta quale tertium comparationis per sindacare ex art. 3 della Costituzione la disposizione impugnata;
che la difesa erariale, nel merito, sottolinea che la questione sollevata non é fondata (per errore materiale é stato omesso il non) in quanto é stata già decisa dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 62 del 1996 e n. 208 del 1984.
Considerato che, preliminarmente, deve essere precisato che il personale delle aziende dei servizi pubblici di trasporto in concessione a privati o a Comuni, Province e Consorzi era rimasto, anche con l'art. 10 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (poi modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633, recante "Modifiche all'art. 10 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione"), soggetto - tranne alcune distinzioni operate dalla giurisprudenza - alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per quanto riguarda le controversie individuali di lavoro, mentre le sanzioni disciplinari (tra cui la destituzione disciplinare - fattispecie all'esame del giudice a quo - di competenza del Consiglio di disciplina, costituito presso ciascuna azienda) erano impugnabili avanti al giudice amministrativo (giurisdizione esclusiva: art. 58, allegato A al r.d. n. 148 del 1931);
che il r.d. n. 148 del 1931 trovava fondamento nell'art. 23 della legge 3 aprile 1926, n. 563 (Disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro);
che la norma impugnata é considerata vigente ed applicabile al caso di specie dal giudice rimettente;
che l'attribuzione di giurisdizione al giudice amministrativo nella materia in esame ha avuto, successivamente, conferma e fondamento legislativo nel combinato disposto dell' art. 1 della legge 24 maggio 1952, n. 628 (Estensione delle norme del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale delle filovie urbane ed extra urbane e delle autolinee urbane) e degli articoli 1, 3 e 4 della legge 22 settembre 1960, n. 1054 (Estensione delle norme contenute nel regio decreto 8 gennaio 1931, n.148, al personale degli autoservizi extra urbani) in relazione al rinvio ricettizio al r.d. n. 148 del 1931 e relativi allegati e successive aggiunte e modificazioni legislative;
che l'anzidetto speciale sistema disciplinare, ritenuto operante dal giudice a quo con richiamo alla giurisprudenza delle magistrature superiori civile ed amministrativa, viene applicato indifferentemente - per la natura e la particolarità dei provvedimenti disciplinari - "a tutto il personale degli autoservizi urbani ed extraurbani in concessione od in esercizio ad aziende private o municipalizzate, o a Comuni, Province, Regioni, consorzi od altri enti pubblici" (art. 4 della legge n. 1054 del 1960, con rinvio ricettizio al r.d. n. 148 del 1931);
che l'ordinanza di rimessione offre una motivazione plausibile sulla rilevanza della questione e sulla persistenza della speciale eccezione alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, per quanto riguarda i provvedimenti disciplinari dell' anzidetto personale del settore trasporti, per cui deve essere esclusa, in questa sede, ogni contestazione ulteriore sulla ammissibilità della questione stessa;
che questa Corte aveva avuto modo di esaminare la questione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di provvedimenti sanzionatori disciplinari del predetto personale dei trasporti in concessione, escludendo la violazione del principio di eguaglianza, in mancanza di omogeneità di situazioni, con riferimento sia agli enti pubblici economici (sentenza n. 208 del 1984), sia alle Ferrovie dello Stato anche dopo la delegificazione del rapporto di lavoro e l'autorizzazione alla contrattazione collettiva di categoria, in deroga alle disposizioni dell'allegato A del r.d. n. 148 del 1931 (sentenza n. 62 del 1996);
che l'anzidetta possibilità di deroga, tuttavia, secondo il diritto vivente, é ritenuta non estesa ai provvedimenti disciplinari dei dipendenti delle aziende esercenti i predetti servizi di trasporto (sentenza n. 62 del 1996);
che la specialità (sia pure residuale: cfr. sentenza n. 190 del 2000) del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri e soprattutto la peculiarità delle scelte organizzative delle relative aziende e del compiuto ed organico sistema disciplinare hanno giustificato la scelta discrezionale del legislatore, preordinata a tutelare l'interesse collettivo - ritenuto preminente - al buon funzionamento ed efficienza del servizio pubblico del trasporto anzidetto, avuto riguardo alle variegate e multiformi tipologie di gestione da parte di aziende autonome o da parte di soggetti privati, tutti in regime di concessione e con poteri derivanti dal rapporto di concessione in ordine anche alla sicurezza e alla polizia dei trasporti (sentenza n. 62 del 1996);
che la richiamata specialità (con conseguente disomogeneità del tertium comparationis, indicato dal giudice rimettente) del corpus compiuto ed organico, che regola la materia disciplinare delle aziende (si noti, sia in mano pubblica sia privata) dell'anzidetto settore di servizio pubblico dei trasporti, rende - sul piano costituzionale - la ripartizione della giurisdizione non necessariamente dipendente dalla giurisdizione ormai spettante al giudice ordinario in materia di rapporto di lavoro presso le amministrazioni pubbliche;
che, in realtà, la scelta discrezionale del legislatore di non intervenire (modificandola) sulla speciale regolamentazione delle sanzioni disciplinari dei dipendenti delle anzidette aziende (in mano pubblica o privata) di trasporto, non é censurabile sul piano costituzionale, non essendo manifestamente irragionevole o palesemente arbitraria, nè potendo configurarsi un obbligo, per lo stesso legislatore, di procedere ad una contemporanea revisione dell'intero riparto della giurisdizione, anche per i settori particolari caratterizzati da specialità di rapporti, di esigenze e di disciplina;
che questa Corte ha ripetutamente affermato che resta rimesso alla scelta discrezionale (con i consueti limiti della non manifesta irragionevolezza e palese arbitrarietà) del legislatore ordinario - suscettibile di modificazioni in relazione ad una nuova valutazione delle esigenze di giustizia e ad un diverso assetto dei rapporti sostanziali - ripartire la giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, a seconda della tipologia e del contenuto dell'atto oggetto di tutela giurisdizionale, conferendo anche un potere di annullamento con gli effetti previsti dalla legge (sentenza n. 275 del 2001; ordinanza n. 414 del 2001);
che non si può affermare, in linea di principio, che dinanzi al giudice amministrativo sia offerta una tutela meno vantaggiosa o appagante di quella che si avrebbe davanti al giudice ordinario (sentenza n. 62 del 1996, in fattispecie identica alla presente; v. anche sentenza n. 140 del 1980; n. 47 del 1976; n. 43 del 1977);
che é opportuno, infine, sottolineare che la scelta discrezionale operata dal legislatore, in tema di tutela giurisdizionale, nella specifica materia, in cui si configurano posizioni di diritto soggettivo (sanzioni disciplinari dei dipendenti delle aziende dell'anzidetto settore di trasporti), é scelta costituzionalmente non obbligata e, quindi, é suscettibile di altra soluzione (purchè egualmente non irragionevole o arbitraria) in relazione a diversa valutazione di preminenti esigenze o a differente assetto organizzativo o sostanziale del settore;
che, pertanto, tutti i profili denunciati, relativi agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sono manifestamente infondati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell' art. 1 della legge 24 maggio 1952, n. 628 (Estensione delle norme del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, al personale delle filovie urbane ed extra urbane e delle autolinee urbane), degli articoli 1, 3 e 4 della legge 22 settembre 1960, n. 1054 (Estensione delle norme contenute nel regio decreto 8 gennaio 1931, n.148, al personale degli autoservizi extra urbani), e dell'art. 58, allegato A, al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Pisa con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2002.