ORDINANZA N. 86
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 8 della legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d'ufficio), promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze con ordinanza emessa il 10 aprile 2001, iscritta al n. 507 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 8 della legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d'ufficio);
che il rimettente premette in fatto:
- di essere investito della decisione concernente la convalida di un sequestro probatorio operato d'iniziativa della polizia giudiziaria nei confronti di un indagato e di dover pertanto provvedere alla nomina di un difensore di ufficio, anche ai fini del deposito del verbale dell'atto eseguito e della notifica dell'informazione di garanzia all'indagato;
- che, successivamente alla promulgazione della legge n. 60 del 2001, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001, in data 4 aprile 2001 il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Firenze aveva fatto pervenire agli uffici giudiziari una delibera con la quale, dopo aver affermato di non aver ancora potuto realizzare l'ufficio centralizzato destinato alla individuazione dei difensori d'ufficio, disponeva che, in via transitoria, mantenessero efficacia gli elenchi dei difensori di ufficio redatti ai sensi del previgente art. 29 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale;
che il rimettente rileva di non poter procedere alla nomina di un difensore d'ufficio, in quanto la nuova normativa gli impone di attivare la procedura prevista dagli artt. 1, 2 e 8 della legge n. 60 del 2001, contattando l'apposito ufficio istituito presso l'Ordine forense onde conoscere il nominativo del difensore d'ufficio da nominare, ma di fatto tale adempimento gli risulta precluso non avendo il Consiglio dell'Ordine dato concreta attuazione alla legge;
che, d'altro canto, non gli sarebbe possibile, come suggerito dallo stesso Consiglio dell'Ordine, individuare in via transitoria il difensore d'ufficio tramite gli elenchi redatti ai sensi dell'art. 29 disp. att. cod. proc. pen. nel testo precedente alla modifica, <<non risultando tale previsione espressamente prevista dalla legge ed anzi risultando implicitamente del tutto incompatibile con essa e con la ratio che ha ispirato la nuova regolamentazione>>;
che ad avviso del rimettente la nuova disposizione mira infatti a rafforzare il diritto di difesa, <<togliendo la possibilità al pubblico ministero - in quanto controparte - di essere lui a scegliere da chi debba essere assistito l'indagato>>;
che, pertanto, alla luce della nuova disciplina la nomina di un difensore di ufficio al posto di un altro non darebbe luogo a una mera irregolarità, ma alla più grave sanzione della nullità ex art. 178, lettera c), cod. proc. pen.;
che, per quanto riguarda la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità, il rimettente afferma di conoscere la contraria giurisprudenza della Corte, secondo cui il pubblico ministero non é titolare di un potere decisorio, e non può quindi sostituirsi all'autorità giurisdizionale competente, ma ritiene che nel caso in esame il pubblico ministero agisca non come parte in senso stretto, bensì come <<organo di controllo e garanzia del rispetto della legge nella potenziale controversia tra P.G. procedente d'iniziativa e cittadino che ha subito il sequestro>>, e sia titolare di <<un potere decisorio che si deve estrinsecare nel provvedere o non provvedere alla convalida del sequestro>>;
che ad avviso del rimettente la nuova normativa si porrebbe in contrasto:
- con l'art. 3 Cost., per la evidente disparità di trattamento tra il pubblico ministero e il difensore dell'indagato, che ben potrebbe <<far valere una nullità a favore del suo assistito, nullità che [...] trova la sua origine non in un vizio dell'attività del pubblico ministero ed a questi imputabile, ma nell'attività di un organo esponenziale e rappresentativo dello stesso difensore>>;
- con gli artt. 97 e 112 Cost., perchè sarebbe pregiudicata la stessa possibilità del pubblico ministero di esercitare l'azione penale <<in modo valido ed esente da qualsivoglia nullità>>;
- con l'art. 101 Cost., in quanto tale <<garanzia>> é estensibile anche al pubblico ministero, che sarebbe soggetto non solo alla legge, ma anche a decisioni di organi diversi;
- con l'art. 111 Cost., per la violazione del principio della parità delle parti, che deriverebbe dalla mancata attuazione da parte dell'Ordine degli Avvocati del sistema delineato dalla legge n. 60 del 2001;
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che, alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale, la questione sia dichiarata inammissibile per carenza di legittimazione da parte dell'organo che ha sollevato la questione: il pubblico ministero non sarebbe dotato di <<potere decisorio>>, nè in relazione alla convalida del sequestro, trattandosi di provvedimento ricorribile in sede di riesame, nè in relazione al provvedimento di designazione del difensore d'ufficio, adempimento invero doveroso al fine di garantire il diritto di difesa, ma di competenza della stessa polizia giudiziaria nella fase antecedente alla assunzione della direzione delle indagini da parte del pubblico ministero.
Considerato che il rimettente - Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze - nell'atto di procedere, a norma dell'art. 355 cod. proc. pen., alla convalida di un sequestro probatorio disposto d'iniziativa dalla polizia giudiziaria ex art. 354, comma 2, dello stesso codice, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 8 della legge 6 marzo 2001, n. 60, nella parte in cui non consentono al pubblico ministero di nominare un difensore d'ufficio all'indagato nei cui confronti é stato eseguito il sequestro, stante la mancata attuazione della nuova disciplina da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati;
che il rimettente rivendica la propria legittimazione a sollevare la questione di costituzionalità, in quanto nel caso di specie, essendo chiamato ad agire non come parte, ma come <<organo di controllo e di garanzia>> nella <<potenziale controversia>> tra la polizia giudiziaria e il destinatario del sequestro, sarebbe titolare di <<un potere decisorio>> che si estrinsecherebbe nel disporre la convalida del sequestro, ovvero la restituzione delle cose sequestrate;
che preliminarmente si deve accertare se il rimettente sia legittimato a sollevare, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimità costituzionale;
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione può essere sollevata nel corso di un giudizio caratterizzato dall’<<esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge>> ad opera di soggetti <<posti in posizione super partes>> (sentenze n. 376 del 2001 e n. 387 del 1996);
che quindi, ove il rimettente non rivesta la qualità soggettiva di giudice, la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità dipende dall'esercizio di un'attività di tipo giurisdizionale o comunque assistita, in quanto destinata all'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, dalle garanzie del contraddittorio e della imparzialità, tipiche della giurisdizione (sentenza n. 387 del 1996);
che, a prescindere dalla qualificazione soggettiva del rimettente, nel caso di specie non é dato ravvisare, con riferimento all'attività di convalida del sequestro probatorio da parte del pubblico ministero, alcuna delle caratteristiche della funzione giudicante, posto che tale provvedimento, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità e da questa stessa Corte (v. sentenza n. 151 del 1993), si atteggia quale ratifica dell'esercizio provvisorio da parte della polizia giudiziaria di un potere che, essendo proprio del pubblico ministero, ha la medesima funzione del decreto di sequestro da lui disposto direttamente; tanto é vero che il decreto che dispone il sequestro e la convalida sono soggetti al medesimo controllo del tribunale del riesame;
che peraltro l'applicazione delle norme di cui il rimettente eccepisce l'illegittimità costituzionale, relative alle modalità di individuazione e di nomina del difensore d'ufficio, non comporta all'evidenza poteri in capo al pubblico ministero assimilabili a quelli che abilitano l'autorità giurisdizionale a sollevare questioni di legittimità costituzionale;
che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di legittimazione del pubblico ministero a sollevarla.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 8 della legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d'ufficio), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione, dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 marzo 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2002.