Ordinanza n. 249/2001

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ORDINANZA N.249

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promosso con ordinanza emessa il 10 aprile 1999 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la Cover s.r.l. e il Ministero delle finanze ed altra, iscritta al n. 387 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1999.

  Visti l'atto di costituzione della Cover s.r.l., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l'avvocato Aldo Bozzi per la Cover s.r.l. e l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Milano, ha proposto - in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 104 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), nella parte in cui si pone come norma interpretativa dell’art. 61 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonchè disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, in legge 29 ottobre 1993, n. 427;

che l’ordinanza é stata pronunciata in un giudizio promosso dalla Cover s.r.l. contro l’Amministrazione delle finanze e la Repubblica Italiana, per ottenere la loro condanna alla restituzione delle somme indebitamente versate come tassa annuale di iscrizione nel registro delle imprese dal 1988 al 1992;

che il Tribunale, <<richiamata l’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia emessa nella causa Riccardo Prisco Goria s.r.l.>>, rileva che la tassa citata - istituita dall'art. 3, commi diciottesimo e diciannovesimo, del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (Disposizioni in materia di imposte sul valore aggiunto e di imposte sul reddito e disposizioni relative all’Amministrazione finanziaria), convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17 - é risultata in contrasto con l'art. 10 della direttiva del Consiglio CEE n. 69/335/CEE del 17 luglio 1969, così come interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, nella sentenza 20 aprile 1993, resa nelle cause n. 71/91 e 178/91, ed é stata conseguentemente soppressa dall’art. 61, comma 1, del d.l. n. 331 del 1993 (convertito in legge n. 427 del 1993), che ha però istituito una tassa annuale per l’iscrizione degli atti sociali, diversi da quello costitutivo, soggetti ad iscrizione in base al codice civile;

che - come riferisce il rimettente - l’Amministrazione delle finanze si é costituita eccependo che la domanda avrebbe potuto essere accolta solo in parte, in base all’art. 11, comma 1, della legge n. 448 del 1998, il quale dispone che il citato art. 61 del d.l. n. 331 del 1993 deve essere interpretato nel senso che la tassa annuale per l'iscrizione degli atti sociali, da esso istituita, é dovuta, nelle misure forfettarie specificamente previste, per ciascun anno dal 1985 al 1992;

che il rimettente ritiene tale norma in contrasto con l’art. 3 Cost. (perchè, pur recando l’interpretazione autentica dell’art. 61 del d.l. n. 331 del 1993, ha in effetti natura innovativa e mira al solo scopo di imporre retroattivamente e irragionevolmente il pagamento della tassa annuale per l’iscrizione degli atti sociali anche per gli anni 1985-1992), nonchè con l’art. 24 Cost. (perchè pregiudica il diritto di difesa) e con gli artt. 101 e 104 Cost. (<<per prevaricamento del potere precipuo della Magistratura che é quello di interpretare le leggi>>);

che - ad avviso del rimettente - la questione di legittimità costituzionale così prospettata sarebbe rilevante, perchè la società (avendo chiesto la restituzione delle somme indebitamente pagate, dal 1988 al 1992, a titolo di tassa annuale di iscrizione) avrebbe avuto diritto, prima dell’introduzione della norma in questione, all’integrale rimborso di quanto versato, senza la detrazione degli importi dovuti <<per l’iscrizione degli atti sociali soggetti ad iscrizione in base al codice civile>>;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo che la norma impugnata mira allo scopo di chiarire una materia contrassegnata da notevole incertezza e non lede i principi costituzionali citati;

che si é costituita la s.r.l. Cover, sostenendo che la norma denunciata crea un’ingiustificata disparità di trattamento fra le società che avevano già ottenuto l’integrale rimborso di quanto pagato a titolo di tassa annuale di iscrizione e quelle che, dopo la sua entrata in vigore, possono ottenere solo la differenza rispetto all’importo dovuto per la nuova tassa annuale di iscrizione di atti sociali;

che, nell’imminenza dell’udienza, il Presidente del Consiglio e la parte privata hanno depositato memorie integrative, per illustrare le rispettive difese.

Considerato che il rimettente non spiega perchè, a suo avviso, nel giudizio a quo - relativo ad una domanda di rimborso di somme indebitamente pagate da una società, tra il 1988 ed il 1992, per tassa annuale di iscrizione nel registro delle imprese - debba essere applicato l’art. 11, comma 1, della legge n. 448 del 1998, che fa decorrere dal 1985 la tassa annuale di iscrizione di atti sociali diversi da quello costitutivo (con la conseguente detrazione dalla somma chiesta a rimborso dell’importo dovuto dalla società per la tassa appena indicata, ai sensi del secondo comma dell’art. 11, peraltro dal rimettente non impugnato);

che, in particolare, il giudice non tiene conto della giurisprudenza, che dell’art. 11 ha fornito interpretazioni discordanti (onde non può parlarsi di <<diritto vivente>>), proprio sul tema delle detrazioni da apportare alle somme di cui si chieda il rimborso per il titolo e per il periodo cui si riferisce la domanda;

che, infatti, secondo un certo orientamento, la somma da rimborsare deve essere sempre decurtata degli importi dovuti (in base al primo comma) per iscrizione di atti sociali nel periodo 1985-1992, indipendentemente dall’accertamento che in quel periodo iscrizioni di singoli atti siano state in concreto eseguite, mentre un altro orientamento ritiene che questa lettura dell’art. 11 lo porrebbe in irrimediabile contrasto con l’art. 10 della direttiva, rendendolo conseguentemente <<non applicabile>>, e interpreta la norma interna nel senso che la somma da rimborsare può essere decurtata degli importi dovuti nel periodo indicato per tassa di iscrizione di atti sociali, solo in caso di effettiva iscrizione, provata dall’Amministrazione finanziaria;

che - a fronte di tali irrisolti contrasti (non ignoti alla dottrina, che propone anche ulteriori ricostruzioni della norma) - il rimettente avrebbe dovuto motivare la sua adesione all’uno o all’altro indirizzo, traendone le conseguenze ai fini del giudizio di rilevanza;

che, in particolare - qualora, avuto riguardo alla difesa dell’Amministrazione costituita, avesse optato per il secondo - avrebbe dovuto precisare se, nella specie, la prova dell’effettiva iscrizione di atti sociali era stata fornita, posto che, altrimenti, la domanda di rimborso avrebbe ben potuto essere accolta integralmente, senza la detrazione di cui all’art. 11 (sostanzialmente integrante un’eccezione di compensazione), e, ancora una volta, la questione di costituzionalità di tale articolo sarebbe stata irrilevante;

che, d’altra parte, il rimettente non considera che alcuni giudici italiani - dubitando della conformità della disciplina in esame all’ordinamento comunitario - hanno chiesto alla Corte di giustizia di stabilire se l’art. 10 della ricordata direttiva (che vieta di imporre tributi annuali per l'iscrizione delle società di capitali in un registro, anche se il relativo gettito contribuisca al finanziamento del servizio) e l’art. 12, § 1, lettera e) (che ammette <<diritti di carattere remunerativo>>, di importo correlato al costo dell’operazione, anche in via forfetaria purchè con criteri di ragionevolezza) possano essere interpretati nel senso di ritenere ad essi conforme la normativa interna sulla tassa annuale forfetaria di iscrizione di atti sociali;

che anche il giudice rimettente (in base a quanto emerge da un’ordinanza prodotta dall’Avvocatura dello Stato, cui potrebbe riferirsi il generico accenno contenuto nella premessa dell’ordinanza di rimessione) risulta avere già chiesto alla Corte di giustizia di stabilire se i citati articoli della direttiva possano essere interpretati nel senso che non consentano l’introduzione di una normativa nazionale - come quella di cui all’art. 11, commi 1 e 2, della legge n. 448 del 1998 - che retroattivamente assoggetti gli importi da rimborsare, perchè indebitamente pagati, ad una detrazione forfetaria ed arbitraria per l’iscrizione nel registro delle imprese di atti sociali, per ciascuno dei quali la legge nazionale già prevedeva un corrispettivo;

che tale richiesta di interpretazione rivolta alla Corte di giustizia ha fatto sorgere nel giudizio a quo una <<pregiudiziale comunitaria>>, circa la compatibilità con il diritto comunitario della stessa norma sospettata di contrasto con la Costituzione, con conseguente incidenza sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale;

che questa Corte - in ipotesi in cui il giudice rimettente non aveva motivato, ai fini dell’operatività e dell’applicabilità della norma impugnata, sul profilo della sua compatibilità con direttive comunitarie - ha ritenuto la manifesta inammissibilità della questione (ordinanze n. 38 del 1995 e n. 244 del 1994);

che, in conclusione - emergendo dai rilievi che precedono come l’ordinanza in epigrafe presenti, sotto plurimi profili, un palese difetto di motivazione sulla rilevanza - la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art.11, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 104 della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2001.