Sentenza n. 160/2001

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SENTENZA N. 160

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI  "

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della sottoposizione a controllo preventivo di legittimità – effettuata dalla Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Sardegna, con delibera del 29 giugno 2000 – del decreto del Presidente della Giunta regionale 13 gennaio 2000, n. 4, concernente la ridefinizione dei Servizi dell’Amministrazione regionale e delle posizioni dirigenziali di staff e ispettive, promosso con ricorso della Regione Sardegna, notificato il 5 settembre 2000, depositato in cancelleria il 12 successivo ed iscritto al n. 41 del registro conflitti 2000.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2001 il Giudice relatore Valerio Onida;

  uditi gli avvocati Benedetto Ballero e Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l’avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 23 agosto e il 5 settembre 2000 e depositato il 12 settembre 2000, la Regione autonoma della Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che questa Corte, previa sospensione cautelare dell’atto impugnato, dichiari che non rientra nelle attribuzioni della Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione autonoma della Sardegna, sottoporre al controllo preventivo di legittimità il decreto del Presidente della Giunta regionale 13 gennaio 2000, n. 4, e dichiarare l’inefficacia di tale decreto; e conseguentemente annulli la deliberazione adottata dalla medesima sezione di controllo della Corte dei conti n. 14/2000 in data 28-29 giugno 2000, perchè in contrasto con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), con particolare riferimento agli artt. 3, lettera a), 6, 27, 34 e 54, nonchè con il d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, così come modificato dal d.lgs. 9 marzo 1998, n. 74, che contiene norme di attuazione dello statuto.

Con la deliberazione impugnata, la sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione autonoma della Sardegna ha accertato l’assoggettamento al controllo di legittimità del decreto del Presidente della Giunta regionale 13 gennaio 2000, n. 4 (pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna 15 gennaio 2000 e recante la ridefinizione dei servizi delle direzioni generali della presidenza della Giunta e degli assessorati, la costituzione delle posizioni dirigenziali di "staff", con definizione delle loro competenze, e la determinazione del contingente numerico dei dirigenti ispettori), sul presupposto della sua natura regolamentare, e ne ha dichiarato l’inefficacia allo stato degli atti in mancanza della dimostrazione dell’intervenuta approvazione da parte del Consiglio regionale.

In base allo statuto speciale di autonomia della Sardegna, mentre le funzioni normative – tanto legislative che regolamentari – sono di competenza del Consiglio regionale (art. 27), la Giunta é organo esecutivo della Regione (art. 34). Il controllo preventivo di legittimità sugli atti della Regione, esercitato dalla Corte dei conti, é circoscritto, ai sensi del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, come modificato dal d.lgs. 9 marzo 1998, n. 74, ai regolamenti, di competenza del Consiglio regionale, e agli atti dell’esecutivo costituenti adempimento di obblighi comunitari.

La Regione ricorrente, nel considerare l’estensione e la profondità del controllo della Corte dei conti aspetti essenziali della autonomia ad essa costituzionalmente garantita, esclude che il decreto del Presidente della Giunta regionale n. 4 del 2000 potesse essere sottoposto a controllo preventivo di legittimità. Ad avviso della Regione, gli artt. 13 e 71 della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione), di cui il decreto costituisce attuazione, avrebbero, non soltanto delegificato, ma anche deregolamentato la materia della organizzazione degli uffici regionali, che invece era in precedenza (secondo la legge regionale 17 agosto 1978, n. 51) disciplinata dalla legge e dai regolamenti regionali; ed avrebbero cura di definire sempre come "decreto del Presidente della Giunta", e mai come "regolamento", il provvedimento di istituzione (art. 13) e di prima definizione (art. 71) dei servizi. La legge regionale distinguerebbe le diverse fonti in materia di organizzazione, individuando come tali, oltre alla legge, anche i "regolamenti" e gli "atti di organizzazione" di natura non regolamentare attribuiti al Presidente della Giunta previa conforme delibera della Giunta stessa o ai singoli assessori su proposta dei direttori generali. Nell'ambito di tale ripartizione, la configurazione data dall’art. 13, comma 2, della legge regionale n. 31 del 1998 al decreto del Presidente della Giunta sarebbe quella di un atto attribuito alla competenza propria e sostanziale dell'esecutivo, da non confondere con gli atti di mera iniziativa che, in materia regolamentare, oltre che legislativa, competono alla Giunta regionale. Questa volontà del legislatore, oltre a risultare positivamente dalla corretta interpretazione delle norme vigenti, sarebbe confermata anche dai lavori preparatori della legge regionale.

La natura non regolamentare del decreto del Presidente della Giunta n. 4 del 2000 emergerebbe anche dai seguenti indici: (a) l’atto in questione non si autoqualifica come regolamento – laddove invece sarebbe ormai prevalente la tesi che per l'individuazione della natura regolamentare o meno di un atto é determinante l’autoqualificazione –; (b) esso proviene da un'autorità regionale – la Giunta, alla cui deliberazione si conforma il decreto del suo Presidente – priva di qualsiasi potestà regolamentare, nella Regione Sardegna attribuita dall’art. 27 dello statuto esclusivamente al Consiglio regionale; (c) esso, per il suo contenuto, sarebbe privo dei caratteri della innovatività, della generalità e della astrattezza.

La Corte dei conti, esercitando il controllo preventivo di legittimità sul provvedimento del Presidente della Giunta regionale, avrebbe violato le attribuzioni costituzionali della Regione autonoma della Sardegna di cui agli artt. 3, lettera a), 6, 34 e 54 dello statuto, e all’art. 5 delle "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna concernenti il controllo sugli atti della regione", di cui al d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, come sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 9 marzo 1998, n. 74, anche in relazione all'art. 27 dello statuto speciale. La deliberazione impugnata costituirebbe una violazione delle prerogative autonomistiche della Regione Sardegna, perchè pretenderebbe di sottoporre al controllo di legittimità un decreto del Presidente della Giunta regionale che invece (in base allo statuto ed alle relative norme di attuazione) non sarebbe sottoposto nè sottoponibile a quel controllo, in quanto espressione delle attribuzioni amministrative proprie della Giunta in una materia di esclusiva competenza della Regione (artt. 3, lettera a, 6 e 34 dello statuto). In tal modo sarebbero state violate le competenze legislative della Regione e quelle amministrative costituzionalmente spettanti alla Giunta regionale; sarebbe stata data una applicazione modificativa dello statuto volta ad estendere la competenza del Consiglio anche agli atti amministrativi generali; ancora, sarebbe stato esteso l’ambito del controllo rimesso alla Corte dei conti.

La deliberazione della Corte dei conti, da cui é sorto il conflitto, costituirebbe, inoltre, una disapplicazione degli artt. 12, 13, 14 e 71 della legge regionale n. 31 del 1998. Senza farsi carico di proporre una questione di costituzionalità, la Corte dei conti – affermando la competenza del Consiglio regionale all'approvazione dell'atto, con la forma del regolamento, pur in presenza di disposizioni legislative per le quali la competenza é invece attribuita, come potere sostanzialmente proprio, alla Giunta regionale ed al suo Presidente – avrebbe formulato valutazioni di carattere sostanziale, incompatibili con la vigenza della legge regionale e che presuppongono la sua disapplicazione come se ne fosse stata già accertata l’incostituzionalità.

La Regione contesta l’argomentazione alla base della impugnata deliberazione, secondo la quale lo schema procedimentale di cui all’art. 13 della legge regionale sarebbe sostanzialmente compatibile con la prima fase della sequenza procedimentale, finalizzata all’emanazione dei regolamenti regionali. Sostiene al riguardo che per i regolamenti di iniziativa della Giunta vi é una mera nota di trasmissione al Presidente del Consiglio regionale della deliberazione collegiale, non pubblicata nel Bollettino Ufficiale, e non già un decreto del Presidente della Regione, del quale la legge abbia previsto la pubblicazione nel Bollettino.

La ricorrente denuncia la violazione, sotto ulteriore profilo, delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna. Nei confronti degli atti della Regione Sardegna sottoposti al controllo preventivo di legittimità, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti ha il potere o di vistare e conseguentemente registrare l'atto, oppure di rifiutare il visto e la registrazione. Nel caso in esame, la sezione di controllo non aveva l'atto (in originale o copia autentica) su cui potere esercitare il suddetto potere; sicchè, in conseguenza della mancata trasmissione dell'atto da parte della Regione, lo Stato avrebbe potuto semmai sollevare un conflitto di attribuzione. La Corte dei conti non aveva il potere – che invece essa ha preteso di esercitare con la deliberazione impugnata – di "dichiarare l'inefficacia" del decreto del Presidente della Giunta, già pubblicato, esecutivo ed attuato concretamente con innumerevoli atti conseguenti.

2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che il ricorso, previo rigetto dell’istanza cautelare, venga dichiarato inammissibile e comunque infondato.

Secondo l’Avvocatura, il decreto del Presidente della Giunta in questione sarebbe un regolamento di organizzazione, trattandosi di un atto normativo articolato in più disposizioni, con carattere di generalità ed astrattezza (funzione tipica dei regolamenti), pubblicato nel Bollettino Ufficiale (come previsto per i regolamenti), ma non sottoposto all’approvazione del Consiglio regionale.

Una volta che la funzione di controllo (a livello costituzionale) é attribuita alla Corte dei conti, sarebbe compito della Corte stessa l’interpretazione degli atti amministrativi al fine di stabilirne la natura giuridica. La qualificazione di un atto non può spettare al soggetto passivo del controllo, perchè, se così fosse, sarebbe facile sfuggire al controllo qualificando l’atto tra quelli non soggetti alla potestà tutoria. Difatti rientra nel "potere proprio di ciascun organo dotato di garanzie procedimentali ... accertare le situazioni che, in base alla legge, costituiscono il presupposto per l’esercizio delle sue funzioni" (sentenza n. 470 del 1997).

L’Avvocatura sostiene che difetterebbero gli estremi del conflitto di attribuzione, perchè la Corte dei conti non avrebbe invaso alcuna competenza della Regione, non si sarebbe cioé sostituita nella competenza funzionale di alcun organo regionale, ma avrebbe inteso far rispettare la competenza del Consiglio regionale prevista dall’art. 27 dello statuto.

In ogni caso, non vi sarebbe la violazione dei parametri costituzionali invocati: non degli artt. 3 e 6 dello statuto, perchè la Corte dei conti non avrebbe contestato alla Regione la competenza legislativa ed amministrativa in materia di ordinamento degli uffici e stato giuridico del personale; nè dell’art. 27, in quanto la delibera della Corte dei conti ne chiederebbe proprio la puntuale applicazione; nè dell’art. 34, in quanto la Corte non avrebbe negato alla Giunta la competenza nell’attività amministrativa; nè, infine, dell’art. 5 delle norme di attuazione concernenti il controllo sugli atti della Regione, in ordine al quale la censura non sarebbe motivata.

La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri esclude che la legge regionale n. 31 del 1998 abbia carattere realmente innovativo, aggiungendo alla legge e al regolamento, ai fini della disciplina dei servizi, gli atti di organizzazione. Anche prima esistevano atti di organizzazione diversi dalla legge o dal regolamento, e ciò si ricaverebbe dall’art. 71 della legge regionale, che altrimenti sarebbe una disposizione superflua.

Infine, la tesi, prospettata nel ricorso introduttivo, secondo cui la Corte dei conti non avrebbe avuto il potere di dichiarare l’inefficacia di un atto non sottoposto al visto e alla registrazione, é ritenuta dall’Avvocatura contraria alla ratio della funzione di controllo, la quale consiste nella possibilità che un organo sindachi a fini di riparazione o di prevenzione, e in vista della salvaguardia degli interessi sui quali é chiamato a vigilare, l’operato di altri organi.

3. – In prossimità dell’udienza, la Regione autonoma della Sardegna ha depositato una memoria illustrativa.

Quanto all’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’Avvocatura sul rilievo che il decreto in questione sarebbe un tipico caso di regolamento di organizzazione, la Regione replica che la "tipizzazione" dei regolamenti regionali e degli atti di organizzazione relativi agli uffici della Regione Sardegna risulta stabilita dalla legge regionale n. 31 del 1998, la quale, agli artt. 2, 13, 14 e 71, affida ad un atto amministrativo generale, e non ad un regolamento, l’istituzione, la modifica e la soppressione dei servizi. Tale disciplina legislativa regionale sarebbe conforme agli indirizzi delle più recenti leggi di riforma dell’amministrazione approvate dallo Stato – si richiamano, a tale proposito, l’art. 2, comma l, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; l’art. 13, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, che ha aggiunto un comma 4-bis all’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400; l’art. 4, comma 4, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 –, tendenti non soltanto a "delegificare" la materia dell’ordinamento degli uffici della pubblica amministrazione, ma a sottrarre gran parte di essa alla disciplina degli stessi regolamenti e ad attribuirla invece ad atti di organizzazione, anche generali, ma non normativi, di competenza del complesso Governo-pubblica amministrazione.

Nè sarebbe sostenibile la tesi – prospettata dall’Avvocatura per eccepire l'inammissibilità del ricorso – secondo cui sarebbe insindacabile la qualificazione giuridica di un atto (come, nel caso di specie, la qualificazione del decreto del Presidente della Giunta nel senso di una sua pretesa natura regolamentare) che la Corte dei conti abbia effettuato nell’esercizio dei suoi poteri di controllo. Al contrario, proprio il giudizio per conflitto di attribuzione – costituendo l'istituto di chiusura del sistema delle garanzie costituzionali in ordine al riparto di competenze fra Stato e Regioni (e fra poteri) – sarebbe la sede propria per lo svolgimento di un sindacato sull’uso di quel potere qualificatorio, quando il cattivo esercizio di quel potere si risolva in una lesione di attribuzioni costituzionali.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura, gli artt. 3 e 6 dello statuto speciale sarebbero violati, giacchè la Corte dei conti, pretendendo di trattare il decreto in questione come un regolamento di competenza del Consiglio, da un lato lederebbe le attribuzioni amministrative della Giunta, e dall’altro si porrebbe in contrapposizione con la diversa qualificazione che di quell'atto ha dato la legge regionale. Nè potrebbe sostenersi che la deliberazione della Corte dei conti che ha dato luogo al conflitto sarebbe conforme agli artt. 27 e 34 dello statuto, là dove richiederebbe (secondo l'Avvocatura) la puntuale applicazione di quegli articoli. Si tratterebbe, difatti, di un’obiezione tautologica, poichè darebbe per acquisito ciò che invece é contestato dal ricorso e costituisce la principale questione di merito oggetto del conflitto.

Nel ribadire la natura non regolamentare del decreto in esame, la Regione ne espone il contenuto, osservando che esso consiste in determinazioni puntuali riguardanti l'organizzazione di singole strutture burocratiche. Il carattere non normativo del decreto sarebbe confermato dal fatto che in esso difetterebbe il requisito della innovatività. Ciò non soltanto perchè le disposizioni contenute nel decreto, anzichè innovare le norme preesistenti, si limiterebbero ad applicarle (come in genere tutti gli atti amministrativi di organizzazione); ma più specificamente perchè i decreti del Presidente della Giunta previsti dagli articoli 13, comma 2, 14, e 71, commi 4 e 5, della legge regionale n. 31 del 1998 intervengono in una materia (quella della istituzione e ridefinizione dei servizi e delle posizioni dirigenziali di "staff") che quella stessa legge avrebbe ormai "deregolamentato", attribuendola ad atti amministrativi di organizzazione e consentendo ad essi di sostituire la loro disciplina a quella eventualmente già disposta in passato da disposizioni regolamentari.

Considerato in diritto

1. – La Regione autonoma della Sardegna solleva conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione alla delibera n. 14/2000 in data 28-29 giugno 2000 della Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Sardegna. Con tale delibera l’organo di controllo, esaminato il decreto del Presidente della Giunta regionale 13 gennaio 2000, n. 4, recante la ridefinizione dei servizi in cui si articolano le direzioni generali della presidenza della Giunta e degli assessorati, la costituzione delle posizioni dirigenziali di "staff", con definizione delle loro competenze, e la determinazione del contingente numerico dei dirigenti ispettori, ha ritenuto che si tratti di un atto "avente natura regolamentare", e come tale ne ha accertato l’assoggettamento al controllo di legittimità sugli atti amministrativi; e ne ha dichiarato la "inefficacia allo stato degli atti" in mancanza della dimostrazione dell’intervenuta approvazione da parte del Consiglio regionale, cui spetta, ai sensi dell’art. 27 dello statuto speciale, la competenza ad adottare i regolamenti. A parere della Corte dei conti, infatti, il decreto del Presidente della Giunta, previsto dall’art. 13, comma 2, della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31, ai fini della istituzione, modificazione o soppressione dei servizi, dovrebbe intendersi come adempimento della sola prima fase del procedimento di formazione del regolamento, a cui dovrebbe fare seguito la seconda fase, consistente nell’approvazione da parte del Consiglio regionale. In sostanza il decreto del Presidente della Giunta n. 4 del 13 gennaio 2000 non dovrebbe considerarsi come atto mirante direttamente a stabilire la disciplina organizzativa in esso definita, ma come proposta indirizzata al Consiglio regionale, la cui approvazione soltanto sarebbe idonea a conferire efficacia a detta disciplina: per questo esso dovrebbe essere ritenuto, secondo la Corte dei conti, inefficace "allo stato degli atti", in quanto non (ancora) approvato dal Consiglio.

La Regione contesta il carattere regolamentare dell’atto in questione e l’interpretazione della legge regionale n. 31 del 1998 adottata dall’organo di controllo, sostenendo che tale legge ha demandato la istituzione dei servizi ad un atto di organizzazione a carattere non normativo. Lamenta pertanto la violazione, ad opera della delibera impugnata, delle norme dello statuto speciale in forza delle quali la Regione ha competenza legislativa esclusiva e competenza amministrativa in materia di ordinamento degli uffici regionali e di stato giuridico ed economico del personale (artt. 3, lettera a, e 6), il Consiglio regionale esercita le funzioni legislative e regolamentari attribuite alla Regione (art. 27), il Presidente della Giunta e la Giunta regionale sono organi esecutivi della Regione (art. 34), e le modificazioni dello statuto (quale quella che si avrebbe accogliendo la tesi della Corte dei conti, con la estensione della competenza del Consiglio dai regolamenti agli atti amministrativi generali) possono intervenire solo con le procedure ivi previste (art. 54); nonchè la violazione dell’art. 5 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione), come sostituito dall’art. 1 del d.lgs. 9 marzo 1998, n. 74, in forza del quale il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione si esercita esclusivamente sui regolamenti, oltre che sugli atti costituenti adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

Inoltre la Regione lamenta che la delibera impugnata disapplichi le disposizioni della legge regionale n. 31 del 1998, che attribuiscono all’esecutivo regionale la competenza ad adottare le determinazioni in contestazione, e ciò senza proporre questione di legittimità costituzionale della legge stessa; e denuncia altresì la violazione delle attribuzioni costituzionali della Regione stessa in quanto la Corte dei conti non avrebbe avuto il potere di dichiarare l’inefficacia dell’atto regionale, ad essa non trasmesso per il controllo, e già esecutivo, mentre lo Stato avrebbe semmai potuto sollevare conflitto di attribuzione.

2. – Il ricorso é fondato.

A parte l’anomalia del procedimento seguito dall’organo di controllo, il quale, constatando la mancata sottoposizione dell’atto contestato al controllo, a suo giudizio dovuto, ha ritenuto di esaminarlo egualmente, e di pervenire, con pronuncia atipica, alla dichiarazione della sua "inefficacia allo stato degli atti", non spettava comunque alla Corte di conti, sezione del controllo per la Regione autonoma della Sardegna, adottare la delibera impugnata.

Non é necessario, ai fini della presente controversia, approfondire l’esame del contenuto dell’atto regionale, per valutarne la natura sostanziale, in ipotesi desumibile da detto contenuto, di atto normativo (regolamentare) o invece di atto generale di organizzazione, a carattere non normativo. E’ sufficiente, infatti, rilevare che il decreto del Presidente della Giunta regionale, di cui si controverte, costituisce precisa attuazione delle disposizioni della legge regionale n. 31 del 1998, le quali attribuiscono univocamente all’esecutivo regionale il potere di adottare le determinazioni relative alla istituzione dei servizi, in cui si articolano le direzioni generali dell’amministrazione regionale (art. 13, comma 2), e di costituire le posizioni funzionali dirigenziali di "staff", definendone contestualmente le competenze, nonchè di determinare il contingente numerico dei dirigenti ispettori (art. 14), cioé, appunto, le determinazioni contenute nell’atto in questione: e ciò anche in sede di prima applicazione della legge (art. 71, comma 4, che rinvia alle procedure di cui agli artt. 13 e 14), a cui provvede il decreto 13 gennaio 2000, n. 4, del Presidente della Giunta regionale.

La tesi della sezione del controllo, secondo cui la legge, riferendosi a decreti del Presidente della Giunta, su conforme delibera della Giunta, disciplinerebbe solo la fase della proposta di un regolamento, da sottoporre poi all’approvazione del Consiglio, contrasta apertamente con il testo e con la ratio della legge regionale n. 31 del 1998.

L’art. 13 di detta legge, dopo avere stabilito che all’istituzione delle direzioni generali "si provvede con legge" (comma 1), dispone che i servizi "sono istituiti" con decreto del Presidente della Giunta, su conforme delibera della Giunta (comma 2), mentre le minori articolazioni organizzative "sono istituite" con decreto del componente della Giunta competente nel ramo dell’amministrazione (comma 3); e il comma 4 definisce tali decreti come "istitutivi" dei servizi e delle loro articolazioni. Analogamente l’art. 14 dispone che con la stessa procedura prevista per la istituzione dei servizi "sono costituite" le posizioni dirigenziali di "staff", ed "é determinato" il contingente numerico dei dirigenti ispettori. All’evidenza, si prevedono qui atti aventi efficacia immediata e diretta, e non semplici proposte al Consiglio. Altrettanto o ancor più esplicito é l’art. 71 della legge – di cui l’atto presidenziale contestato rappresenta specifica attuazione - , che disciplina la "prima definizione degli uffici", là dove dispone (comma 4) che alla ridefinizione dei servizi "si procede" nei modi di cui agli articoli 13 e 14 (cioé con decreti dell’esecutivo), e che il decreto del Presidente della Giunta adottato in attuazione di tali procedure é pubblicato ed "entra in vigore" il sessantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione (comma 5). Del resto già l’art. 2, prevedendo le "fonti" per la disciplina dell’organizzazione degli uffici della Regione e degli enti pubblici regionali non economici, menziona, accanto alle "disposizioni legislative" e alle "disposizioni statutarie e regolamentari", gli "atti di organizzazione" (comma 1), a loro volta soggetti (se di carattere generale) a pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione, che ne condiziona l’efficacia (comma 7).

E’ dunque del tutto palese che la legge ha voluto attribuire il compito di definire i servizi, in cui si articolano le direzioni generali, ad atti di organizzazione, non regolamentari, dell’esecutivo. Nè possono sorgere dubbi sulla qualificazione sostanziale dell’atto, come nelle ipotesi in cui esso avesse i requisiti formali sia del regolamento, sia dell’atto amministrativo generale non normativo, e si volesse desumerne la natura dall’esame del suo contenuto: nel caso della Regione Sardegna, infatti, la potestà regolamentare é riservata dall’art. 27 dello statuto al Consiglio regionale, e perciò un atto dell’esecutivo (come quello previsto dalla legge regionale qui in discussione) non può, pacificamente, essere considerato un regolamento.

3. – Nè potrebbe avere rilievo in questa sede l’eventuale dubbio, se le determinazioni in cui si sostanzia il contenuto degli atti previsti dagli artt. 13, 14 e 71 della legge regionale n. 31 del 1998 possano legittimamente essere demandate ad un atto di organizzazione non normativo, o richiedano necessariamente, invece, un atto normativo (regolamentare). Una volta accertato, come si é accertato, che la legge regionale ha univocamente disposto che si proceda con atti di organizzazione non normativi, l’atto che ha dato esecuzione alla legge non può che avere tale qualificazione, e dunque non può essere assoggettato a controllo come regolamento; il dubbio accennato potrebbe rilevare solo in sede di eventuale giudizio di legittimità costituzionale della legge, che nella specie non é stato promosso.

La Corte dei conti, in sede di controllo sugli atti amministrativi regionali, non può disattendere norme di legge regionale o negare ad esse applicazione, fino a quando l’eventuale illegittimità di esse non sia stata riconosciuta dal giudice costituzionale (cfr., in relazione alla pronuncia di un giudice, sentenza n. 285 del 1990); e dunque non può far discendere l’illegittimità (o l’inefficacia) dell’atto amministrativo da una presunta ed eventuale illegittimità di tal genere che fosse imputata o imputabile alla legge.

La via in concreto seguita dall’organo di controllo, che, per negare efficacia all’atto dell’esecutivo regionale, ha dato alla legge una interpretazione palesemente contrastante con il suo tenore, é d’altronde anch’essa preclusa, per le considerazioni più sopra svolte: onde risulta sotto ogni profilo eccedente dai poteri di controllo attribuiti alla Corte dei conti la determinazione, adottata nella specie, che dichiara la "inefficacia allo stato degli atti" del decreto contestato, sull’assunto del preteso suo carattere regolamentare.

4. – La presente pronuncia di merito assorbe anche la richiesta pronuncia cautelare, sulla quale pertanto non vi é luogo a provvedere.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, sezione del controllo per la Regione autonoma della Sardegna, accertare l’assoggettamento al controllo di legittimità, in quanto avente natura regolamentare, del decreto del Presidente della Giunta regionale della Sardegna 13 gennaio 2000, n. 4 (Legge Regionale 13 novembre 1998, n. 31. Articoli 12, 13, 14 e 71. Ridefinizione dei Servizi delle Direzioni Generali della Presidenza della Giunta e degli Assessorati, loro denominazione, compiti e dipendenza funzionale; costituzione delle posizioni dirigenziali di staff di cui all’art. 21, comma 3, lettera d, e definizione delle loro competenze; determinazione del contingente numerico dei dirigenti ispettori di cui all’art. 27), e dichiararne la "inefficacia allo stato degli atti in mancanza della dimostrazione dell’intervenuta approvazione da parte del Consiglio regionale"; e per l’effetto annulla la deliberazione della medesima sezione del controllo n. 14/2000 del 28-29 giugno 2000, depositata in segreteria il 24 luglio 2000.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2001.