Ordinanza n. 587/2000

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ORDINANZA N. 587

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise, sul ricorso proposto da Giuseppe Rinalducci contro il Prefetto di Campobasso ed altri, iscritta al n. 536 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2000.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Ritenuto che con ordinanza del 18 aprile 2000 il Tribunale amministrativo regionale per il Molise ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 16, 76 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevedono la revoca della patente, da parte del prefetto, per coloro che sono sottoposti alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio prevista dall’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423;

che nell’ordinanza di rimessione si riferisce che il giudizio principale concerne l’impugnazione di un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in data 27 gennaio 1998 nei riguardi di persona sottoposta nella stessa data alla misura del foglio di via obbligatorio con provvedimento del questore;

che il Tribunale amministrativo rimettente, premesso il carattere vincolato e non discrezionale del provvedimento di revoca e dunque ritenuta la rilevanza della questione sollevata (essendo il ricorso, allo stato della legislazione, da rigettare), osserva in primo luogo che le norme sulla base delle quali è stato adottato il provvedimento di revoca sono contenute in un testo avente natura regolamentare sprovvisto di forza di legge, e precisamente il d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, emanato in attuazione della “delegificazione” prevista dall’art. 2, commi 7 e 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; tuttavia, aggiunge il rimettente, la questione può ugualmente essere sottoposta alla Corte costituzionale, giacché la prevista emanazione del regolamento di delegificazione riguardava, secondo la citata legge n. 537, esclusivamente la disciplina del procedimento e non abilitava il Governo a dettare norme concernenti gli aspetti sostanziali della materia: deve perciò ritenersi – osserva su questo aspetto il Tribunale amministrativo - che la nuova formulazione regolamentare della disciplina sia priva di effetto innovativo per quanto riguarda le condizioni sostanziali della revoca e che non si sia verificato l’effetto abrogativo delle disposizioni sostanziali di rango legislativo preesistenti (artt. 120 e 130 del codice della strada), disposizioni nelle quali il caso di specie trova tuttora la propria disciplina e delle quali può, in conclusione, demandarsi il controllo di conformità a Costituzione;

che, tutto ciò premesso, il giudice rimettente deduce in primo luogo il profilo della violazione dell’art. 76 della Costituzione, perché, alla stregua di quanto affermato nella sentenza n. 354 del 1998 della Corte costituzionale circa la portata “minimale” della delega conferita con l’art. 2, lettera t), della legge 13 giugno 1991, n. 190, che non consentiva l’adozione di norme innovative rispetto al sistema preesistente, la previsione della revoca della patente nel caso di sottoposizione a foglio di via obbligatorio, ex art. 2 della legge n. 1423 del 1956, in quanto priva di riscontro nella legislazione preesistente, deve ritenersi in contrasto con i limiti posti nella legge di delegazione e pertanto con l’art. 76 della Costituzione;

che ulteriori profili di incostituzionalità della disciplina sono poi ravvisati dal rimettente in riferimento: all’art. 3 della Costituzione, per difetto di proporzionalità tra la revoca e il tipo di misura che ne è causa, essendo il foglio di via obbligatorio un provvedimento che non priva il soggetto della libertà di circolazione e che non costituisce un fattore di menomazione dell’individuo, nonché per irragionevolezza dell’assimilazione del foglio di via alle altre eterogenee e più gravi misure che impongono o consentono la revoca; all’art. 16 della Costituzione, perché la titolarità della patente viene a dipendere da una valutazione compiuta dall’autorità di polizia e non da un accertamento in sede giurisdizionale; infine, all’art. 97 della Costituzione, per l’impossibilità di una valutazione caso per caso e per il vincolo all’emanazione dell’atto da parte del prefetto, in conseguenza di un provvedimento adottato ad altri fini da altra autorità amministrativa;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui la questione presenterebbe aspetti di irrilevanza - per non avere il rimettente chiarito se il provvedimento di revoca sia stato nella specie adottato prima o dopo l’intervento di “delegificazione” e pertanto se la questione sia riferibile alle norme nella loro veste regolamentare, ex d.P.R. n. 575 del 1994 - e sarebbe comunque, nel merito, infondata, come le analoghe questioni portate in precedenza all’esame della Corte.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Molise ha sollevato questione di costituzionalità degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del nuovo codice della strada, nella loro originaria versione legislativa – e non come sostituiti dal d.P.R n. 575 del 1994 – sul presupposto che essi siano tuttora vigenti nonostante la “delegificazione” cui sono stati sottoposti, nella parte in cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di chi sia soggetto alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio, a norma dell’art. 2 della legge n. 1423 del 1956, ritenendo che tale previsione violi gli artt. 3, 16, 76 e 97 della Costituzione: a) l’art. 3, per la sproporzione tra la causa (la misura del foglio di via obbligatorio) e l’effetto (la revoca della patente) e per irragionevolezza dell’assimilazione del foglio di via alle più gravi misure che impongono, o consentono, la revoca in discorso; b) l’art. 16, perché la titolarità della patente dipende da una valutazione dell’autorità di polizia e non da un accertamento giurisdizionale; c) l’art. 76, per eccesso di delega, poiché la norma, innovativa rispetto alla disciplina anteriore, non sarebbe stata consentita alla luce del carattere “minimale” della delega conferita al Governo con l’art. 2, lettera t), della legge n. 190 del 1991; d) l’art. 97, per impossibilità di un apprezzamento del singolo caso e per il vincolo all’adozione della revoca derivante da un provvedimento adottato, ad altri fini, da altra autorità amministrativa;

che con la sentenza n. 427 del 2000, successiva all’ordinanza di rimessione, questa Corte, pronunciandosi su una questione analoga – rimessa in base al medesimo presupposto della persistente vigenza degli impugnati artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del codice della strada nella loro versione legislativa, nonostante la loro prevista “delegificazione” – ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 76 della Costituzione, delle anzidette disposizioni legislative, in combinato disposto tra loro, nella parte in cui prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti alla misura del foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2 della legge n. 1423 del 1956 (sentenza n. 427 del 2000 citata, punto 6 del diritto e capo 1) del dispositivo);

che pertanto, essendo state le norme denunciate già dichiarate incostituzionali nei termini prospettati dal rimettente, la questione ora in esame deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 120, comma 1, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 16, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.