ORDINANZA N. 327
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1999 dal Tribunale di Perugia, sezione distaccata di Foligno, nel procedimento penale a carico di Ottavi Luciano, iscritta al n. 706 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che il Giudice unico del Tribunale di Perugia, sezione staccata di Foligno, nel corso di un procedimento penale a carico di un soggetto imputato di violazione della normativa urbanistica ed ambientale (art. 20, lettera c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non prevede che il rilascio della concessione in sanatoria ex art. 13 della legge n. 47 del 1985 estingua, oltre alle violazioni di natura strettamente urbanistica, anche il reato ambientale (fattispecie disciplinata dall'art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985), limitatamente alla ipotesi in cui, nel rispetto dei tempi ristretti di durata del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 13 citato, l'interessato abbia ottenuto anche il provvedimento favorevole di cui all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo;
che ad avviso del giudice a quo l'esclusione (rectius: la mancata previsione) dell'effetto estintivo dei reati attribuito alla concessione in sanatoria dalla norma impugnata, con riferimento al reato ambientale, contrassegnato nella specie, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in particolare nei casi di successivo conseguimento della autorizzazione paesistica di cui all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, giacché la punibilità dipenderebbe da un fattore temporale (la non riconducibilità della fattispecie alla legge n. 724 del 1994);
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione sollevata.
Considerato che con ordinanza n. 149 del 1999 la Corte ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione concernente la violazione della normativa sulle costruzioni in cemento armato (artt. 1, 2 e 13 della legge 5 novembre 1971, n. 1086) e quella sulle costruzioni in zona sismica (art. 3, 17, 18 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64), affermando, tra l'altro, che il legislatore gode di una scelta ampiamente discrezionale in ordine all'ampiezza di particolari estinzioni di reato in conseguenza di sanatorie amministrative di opere edilizie abusive, tanto più se riguardano reati semplicemente connessi all'attività edilizia da sanare e si tratti di fattispecie penali estintive di cui al Capo I della legge n. 47 del 1985, nettamente diverse dalla fattispecie di condono-sanatoria del Capo IV della stessa legge (sentenza n. 149 del 1999; n. 370 del 1988);
che appare sicuramente non arbitraria e non assolutamente irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di prevedere la particolare ipotesi di estinzione dei reati a seguito della speciale sanatoria (si noti il carattere permanente della disposizione e non temporanea ed eccezionale come il condono edilizio), rispetto ai soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti (artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 e, per una scelta ampliativa, art. 24, comma 1, della legge 30 aprile 1999, n. 136);
che la successiva legge 23 dicembre 1994, n. 724, all'art. 39, comma 8, ha previsto - per le opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993, con particolari restrizioni oggettive di volumetria, soggettive e procedimentali - che la concessione edilizia in sanatoria (per violazioni meramente formali) con pagamento di oblazione, possa avere, come ulteriore effetto, condizionato al rilascio delle autorizzazioni dell'autorità preposta al vincolo, la estinzione dei reati per la violazione dei vincoli artistici, culturali, ambientali e paesistici (v. sentenza n. 85 del 1998);
che l'anzidetta norma, in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 39, non esclude la possibilità che il soggetto privato interessato, anche se munito di concessione in base a precedente sanatoria - ove ne ricorrano i requisiti - si avvalga, con ulteriore domanda, della nuova sanatoria ai fini degli effetti estintivi su altri reati connessi in violazione dei vincoli, essendo, del resto, il condono-sanatoria ammissibile perfino nei casi in cui lo stesso soggetto sia già in possesso di una concessione od autorizzazione edilizia anche al solo scopo di acquisire la certezza della legittimità dell'opera edilizia e di realizzare l'estinzione dei reati connessi (ordinanza n. 169 del 1996);
che, pertanto, deve essere dichiarata la manifesta infondatezza della questione sollevata, non sussistendo alcuno dei profili denunciati di violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice unico del Tribunale di Perugia, sezione staccata di Foligno, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 luglio 2000.