ORDINANZA N. 252
ANNO 2000REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), e dell’art. 2, comma 215, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 20 gennaio 1999 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra M.Edil s.r.l. in liquidazione e l’INPS iscritta al n. 166 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visti gli atti di costituzione della M.Edil s.r.l. e dell’INPS nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi gli avvocati Arturo Maresca per la M.Edil s.r.l., Fabio Fonzo e Antonio Sgroi per l’INPS e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che nel corso di una controversia – in cui una società contestava di essere stata inquadrata dall'INPS nel settore industriale sostenendo di dover pagare l'inferiore aliquota contributiva prevista per il commercio – il Tribunale di Firenze, in data 20 marzo 1996, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), in riferimento agli artt. 1, 3 e 41 della Costituzione;
che la questione era rilevante perché, a seguito della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 4837 del 1994, la norma impugnata doveva essere interpretata nel senso che gli inquadramenti fissati in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge n. 88 del 1989 mantengono la propria validità anche in seguito, con la conseguenza che la nuova normativa si applica solo alle imprese che hanno iniziato l'attività in un momento successivo;
che una simile interpretazione veniva oggettivamente a creare una discriminazione tra imprese che operano nel medesimo territorio sulla base della sola differenza costituita dalla data di inizio dell'attività, discriminazione già sottoposta a scrutinio di costituzionalità e sostanzialmente riconosciuta da questa Corte con la sentenza n. 378 del 1994, nella quale era stato rivolto al legislatore un monito, avvertendosi la necessità che la norma transitoria in questione non protraesse indefinitamente la propria efficacia;
che questa Corte, con ordinanza n. 322 del 1997, disponeva la restituzione degli atti al Tribunale di Firenze per una rivalutazione della rilevanza, a seguito dello ius superveniens costituito dall’art. 2, comma 215, della legge n. 662 del 1996, che ha comportato la cessazione del regime transitorio di classificazione delle imprese a decorrere dal 1° gennaio 1997;
che in conseguenza di questa ordinanza il Tribunale di Firenze ha sollevato ulteriormente questione di legittimità costituzionale, ritenendone la perdurante rilevanza e la non manifesta infondatezza, dell'art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88 e dell’art. 2, comma 215, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), senza espressa indicazione di alcun parametro;
che a parere del giudice a quo le perplessità emergenti dalla sentenza n. 378 del 1994 di questa Corte debbono ritenersi ancora valide, e ciò pur in presenza dell’art. 2, comma 215, della legge n. 662 del 1996, perché l’impugnato art. 49 determina un’immotivata disparità di trattamento, in ordine agli oneri previdenziali, tra imprese che operano nello stesso settore e nello stesso territorio;
che il termine di cessazione del regime transitorio, auspicato da questa Corte nella sentenza ora citata e stabilito dalla legge n. 662 del 1996, doveva essere posto, ad avviso del rimettente, non alla data del 1° gennaio 1997, bensì in un momento precedente, da collocarsi “nel lasso di tempo intercorrente tra l’entrata in vigore della legge n. 88/1989 e la data della pronunzia di costituzionalità”, proprio in considerazione dei cospicui oneri previdenziali che continuano a gravare sulle imprese in conseguenza di una classificazione ormai del tutto superata;
che davanti a questa Corte si è costituita la società appellante nel giudizio a quo, chiedendo l’accoglimento della questione e si è costituito anche l’Istituto nazionale della previdenza sociale, chiedendo che la prospettata questione sia dichiarata non fondata;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della presente questione.
Considerato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in caso di omessa indicazione, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, dei parametri costituzionali che si assumono violati, la questione di legittimità costituzionale è ugualmente ammissibile qualora gli stessi risultino “chiaramente deducibili, anche se solo in maniera implicita, dal contesto della motivazione” (sentenza n. 99 del 1997 e ordinanza n. 393 del 1997);
che nella specie il Tribunale di Firenze, nel rimettere l’odierna questione, si è direttamente richiamato (riportandone l’integrale testo) alla propria precedente ordinanza del 1996, nella quale si assumeva che l'art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88, fosse in contrasto con gli articoli 1, 3 e 41 della Costituzione; parametri che possono essere assunti come criterio di giudizio anche della presente decisione;
che questa Corte, nel dichiarare inammissibile, con la sentenza n. 378 del 1994, la questione relativa alla potenziale attitudine del regime transitorio in esame a protrarre indefinitamente la propria efficacia, ha sottolineato la necessità di un intervento del legislatore finalizzato a porre un termine finale a tale regime;
che il legislatore, pur godendo della più ampia discrezionalità nello stabilire i limiti di applicabilità delle norme transitorie, deve comunque rispettare i principi della ragionevolezza e della non arbitrarietà;
che, nel caso specifico, la previsione di cui all’art. 2, comma 215, della legge n. 662 del 1996 dimostra che il legislatore ha recepito l’invito rivoltogli da questa Corte ed ha provveduto a fissare la data del 1° gennaio 1997, a partire dalla quale la classificazione di tutti i datori di lavoro ai fini previdenziali dev’essere effettuata soltanto in base ai nuovi criteri fissati dall’art. 49, comma 1, della legge n. 88 del 1989;
che non vi è alcuna ragione vincolante per affermare, come invece ritiene il giudice a quo, che la cessazione dell’ultrattività del regime transitorio doveva essere fissata dalla legge anteriormente alla pronuncia n. 378 del 1994 di questa Corte, dal momento che nella menzionata sentenza non si è ritenuto che l’art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88, fosse già allora in contrasto con gli invocati parametri costituzionali;
che, pertanto, la presente questione deve ritenersi manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, comma 3, seconda parte, della legge 9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), e dell’art. 2, comma 215, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata dal Tribunale di Firenze, in riferimento agli articoli 1, 3 e 41 della Costituzione, con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 3 luglio 2000.