Ordinanza n. 240/2000

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ORDINANZA N. 240

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 665, commi 4 e 4-bis del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1999 dal Tribunale di Gela nel procedimento di esecuzione nei confronti di M. A., iscritta al n. 672 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che il Tribunale di Gela ha sollevato in qualità di giudice dell'esecuzione, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 665, commi 4 e 4-bis, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi, in composizione monocratica e collegiale, sia in ogni caso competente il giudice in composizione collegiale;

 che il rimettente premette:

- di essere investito della richiesta del pubblico ministero e della difesa di revoca di una sentenza penale di condanna per il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale del Pretore di Caltagirone (divenuta irrevocabile il 17 marzo 1999) per sopravvenuta abrogazione della norma incriminatrice, disposta dall'art. 18, comma 1, della legge 25 giugno 1999, n. 205;

- che la richiesta di revoca appare <<manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge>>, e pertanto suscettibile di essere decisa de plano ai sensi dell'art. 666, comma 2, cod. proc. pen.;

- che nei confronti della persona condannata il Tribunale di Gela ha emesso una sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 4 dicembre 1993, e altre sentenze di condanna sono state emesse successivamente dai Pretori di Trapani e di Siracusa, nonché dal Pretore di Caltagirone, la cui sentenza è divenuta irrevocabile per ultima;

- che in tale situazione, concernente l'esecuzione di sentenze emesse sia dal tribunale che dal pretore, il pubblico ministero ha ritenuto che la competenza appartenga al Tribunale di Gela, prevalendo la competenza del tribunale su quella del pretore a norma dell'art. 665, comma 4, cod. proc. pen., e quindi anche con riferimento alla sentenza di condanna pronunciata dal Pretore di Caltagirone;

- che, peraltro, la disposizione invocata dal pubblico ministero non è più in vigore, essendo stata abrogata e sostituita dall'art. 206 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (entrato in vigore il 20 marzo 1998 e divenuto efficace il 2 giugno 1999), che ha riformulato il testo dell'art. 665, comma 4, cod. proc. pen., inserendo anche il comma 4-bis;

- che il decreto legislativo n. 51 del 1998 ha soppresso l'ufficio giudiziario del pretore, attribuendo le relative funzioni al tribunale, per cui le sentenze di condanna pronunciate dal pretore vanno ora riferite al tribunale in composizione monocratica;

- che non sono applicabili le norme anteriormente vigenti, comprese quelle relative alla competenza e alla composizione dell'organo giudicante, in quanto il procedimento è stato instaurato dopo l'entrata in efficacia del decreto legislativo n. 51 del 1998;

 che, ad avviso del rimettente, a seguito della novella dell'art. 665 cod. proc. pen. e, segnatamente, della nuova formulazione del comma 4, in caso di pluralità di condanne pronunciate da giudici diversi la competenza spetterebbe sempre al giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, salva la vis attractiva che il giudice ordinario continua ad esercitare nei confronti del giudice speciale;

 che, in particolare, la deroga in favore del tribunale in composizione collegiale, prevista dal comma 4-bis, riguarderebbe solo l'ipotesi di più provvedimenti emessi dallo stesso tribunale, in composizione monocratica e collegiale, in quanto solo all'interno del medesimo tribunale sussisterebbe quel rapporto di "attribuzione" degli affari a cui fa riferimento il nuovo comma introdotto dal decreto legislativo n. 51 del 1998;

 che secondo il giudice a quo la nuova disciplina, in base alla quale la competenza spetterebbe al Tribunale di Caltagirone in composizione monocratica, subentrato al soppresso ufficio del pretore che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, si pone in contrasto con l'art. 3 Cost.: quando l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi dallo stesso tribunale in composizione monocratica e collegiale, alle parti dovrebbe essere sempre assicurata <<la garanzia della composizione collegiale del giudice>>, anche se il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo è stato emesso dal tribunale in composizione monocratica, mentre tale garanzia risulta negata se l'esecuzione si riferisce a più provvedimenti emessi da giudici diversi, qualunque sia la loro composizione;

 che la norma censurata sarebbe dunque irragionevole, in quanto la composizione collegiale del giudice ha natura di garanzia processuale, <<sempre assicurata dal legislatore ordinario ogniqualvolta vengano in rilievo la gravità del trattamento sanzionatorio ovvero la complessità o delicatezza delle fattispecie incriminatrici>>;

 che risulterebbe violato anche l'art. 24 Cost., a cagione della <<maggiore capacità di ascolto e di giudizio delle ragioni delle parti>> assicurata dalla composizione collegiale del tribunale;

 che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata, in quanto la nuova formulazione del comma 4 e il comma 4-bis dell'art. 665 cod. proc. pen. non hanno sostanzialmente modificato la precedente disciplina, ma si sono limitati a rimodulare le vecchie regole in funzione dell'introduzione del giudice unico: in particolare, ad avviso dell'Avvocatura, il criterio cronologico è destinato ad operare in via generale quando si tratta di provvedimenti emessi da giudici diversi (comma 4), mentre il criterio della collegialità, a cui fa riferimento il comma 4-bis, <<appare funzionale alla determinazione della competenza tra organo monocratico e collegiale a prescindere dal fatto che siano diversi i giudici che hanno emesso il provvedimento e quindi anche e non solo quando non lo siano>>.

 Considerato che il rimettente - in base alla interpretazione da lui riservata al comma 4-bis dell'art. 665 cod. proc. pen., nel senso che la competenza spetta al giudice in composizione collegiale solo nel caso in cui l'esecuzione concerna più provvedimenti emessi dal medesimo tribunale in composizione monocratica e collegiale - in sostanza lamenta che non sia stata riprodotta, opportunamente adattata ai rapporti tra giudice in composizione monocratica e collegiale, la formulazione dell'originario comma 4 dell'art. 665 cod. proc. pen., che in caso di più provvedimenti emessi dal pretore e da altro giudice ordinario prevedeva sempre la competenza di quest'ultimo;

 che, a prescindere da qualsiasi valutazione sull’esattezza dell'interpretazione seguita dal rimettente circa la portata della norma censurata - sulla quale, peraltro, non si è ancora formato alcun indirizzo giurisprudenziale -, non è dato riscontrare alcuna violazione dei parametri costituzionali evocati dal giudice a quo, in quanto l'attribuzione della competenza rientra nella sfera delle scelte affidate alla discrezionalità del legislatore, non suscettibili di censura sul terreno della legittimità costituzionale, sempre che siano state esercitate sulla base di criteri non irragionevoli;

che tale principio ha costantemente ispirato la giurisprudenza di questa Corte in tema di attribuzione della competenza all'organo giudicante in composizione monocratica (anche con specifico riferimento alla soppressa figura del pretore) o collegiale (cfr., tra le tante, sentenze n. 460 del 1994 e n. 268 del 1986, ordinanze nn. 423 e 139 del 1997, n. 257 del 1995);

che pertanto la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 665, commi 4 e 4-bis, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Gela, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 2000.