ORDINANZA N. 139
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere h), l), m) ed n), del codice di procedura penale, promossi con quattro ordinanze emesse una il 27 giugno e tre l'11 luglio 1996 dal Pretore di Enna, rispettivamente iscritte ai nn. 972, 1079, 1080 e 1142 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41, 42 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 27 giugno 1996 (reg. ord. n. 972 del 1996) nel corso di un procedimento penale promosso con l'imputazione di omicidio colposo, il Pretore di Enna ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettera h), del codice di procedura penale;
che la legge di delega ha stabilito, tra i principi e criteri direttivi, che la competenza per materia dovesse essere determinata tenendo conto sia della pena edittale sia della qualità del reato, attribuendo in particolare alla competenza del pretore le contravvenzioni ed i delitti punibili con la pena della multa o con quella della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, nonchè altri delitti da indicare specificamente;
che l'art. 7, comma 2, lettera h), cod. proc. pen. ha attribuito al pretore la competenza, tra l'altro, per il delitto di omicidio colposo, punito dall'art. 589 del codice penale con la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni;
che, ad avviso del giudice rimettente, la ripartizione della competenza tra i diversi giudici (corte d'assise, tribunale, pretore) é stata determinata seguendo un criterio misto, che vede il sistema basato sulla quantità della pena edittale derogato in numerosi casi in relazione alla rilevanza del bene giuridico tutelato od alla pericolosità diffusiva del reato. In particolare la competenza del pretore é stata ampliata rispetto a quella prevista dal precedente codice di procedura penale per rispondere all'esigenza di sottrarre ai tribunali ed alle corti d'assise un elevato numero di processi, in modo da riservare ad essi la cognizione dei reati nei quali é più marcata la necessità della cognizione di un giudice collegiale, che offrirebbe, secondo il giudice rimettente, maggiore garanzia in ordine alla decisione, da adottare secondo una procedura non semplificata, quale é invece quella pretorile, priva dell'udienza preliminare;
che tuttavia, ad avviso del giudice rimettente, il rapporto tra competenza in ordine ad un reato e composizione monocratica o collegiale dell'organo giudicante non potrebbe prescindere dalla gravità del reato stesso, sicchè vi sarebbe disparità di trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, tra chi é imputato del delitto di omicidio colposo, giudicato dal pretore, rispetto a chi é imputato di un delitto di pari gravità per il quale sia prevista la competenza del tribunale;
che analoga questione é stata sollevata, con tre ordinanze emesse tutte l'11 luglio 1996 (reg. ord. nn. 1079, 1080 e 1142 del 1996), dallo stesso Pretore di Enna che, in altrettanti procedimenti penali promossi rispettivamente con le imputazioni di furto aggravato, di truffa aggravata e di ricettazione, ha ritenuto, con argomentazioni identiche a quelle enunciate per il caso dell'omicidio colposo, che, anche per questi altri delitti puniti con la reclusione che nel massimo supera i quattro anni, l'attribuzione della competenza al pretore (art. 2, numero 12, della legge n. 81 del 1987, e art. 7, comma 2, lettere l), m) ed n), cod. proc. pen.) potrebbe essere in contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
che in due giudizi (reg. ord. nn. 972 e 1142 del 1996) é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.
Considerato che tutte le questioni investono la disciplina della competenza per materia nel processo penale, denunciando la violazione del principio di eguaglianza che deriverebbe dalle norme (art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 e art. 7, comma 2, lettere h), l), m) ed n), del codice di procedura penale) che attribuiscono al pretore la competenza a giudicare i delitti di omicidio colposo (art. 589 cod. pen.), di furto aggravato (art. 625 cod. pen.), di truffa aggravata (art. 640, secondo comma, cod. pen.) e di ricettazione (art. 648 cod. pen.), puniti tutti con una pena detentiva superiore nel massimo a quattro anni di reclusione, limite entro cui opera la competenza del giudice monocratico, secondo il criterio basato sulla quantità della pena edittale;
che le ordinanze di rimessione sollevano un analogo dubbio di legittimità costituzionale per le norme che attribuiscono alla competenza del pretore alcuni delitti specificamente indicati, denunciando la violazione dello stesso parametro costituzionale e prospettando identici profili ed argomentazioni, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che la delega legislativa ha previsto, nella determinazione delle competenze per materia, l'adozione di un criterio che tenga conto sia della quantità della pena edittale sia della qualità del reato, comprendendo nella competenza del pretore, oltre ai reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva, sola o congiunta con una pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, anche altri delitti da indicare specificamente, tra i quali il codice di procedura penale ha inserito i reati presi in considerazione dal giudice rimettente;
che la asserita disparità di trattamento, prospettata dalle ordinanze di rimessione senza indicare specificamente rispetto a quali delitti attribuiti alla competenza del tribunale si affermi la pari gravità dei reati nominativamente riservati alla competenza del pretore, tenderebbe in realtà ad escludere la compatibilità con il principio di eguaglianza della deroga, in base alla qualità del reato, al criterio della pena edittale nella determinazione della competenza per materia;
che, come già affermato dalla Corte nel dichiarare la manifesta infondatezza di analoga questione di legittimità costituzionale sollevata per la norma che attribuisce al pretore la competenza a giudicare il delitto di truffa aggravata (ordinanza n. 257 del 1995), rientra nelle valutazioni discrezionali del legislatore la ripartizione, effettuata nei limiti della ragionevolezza, della competenza per materia tra i diversi giudici, senza che determini una disparità di trattamento tra cittadini la differente composizione dell'organo giudicante per i diversi reati o la semplificazione del procedimento;
che, pertanto, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Pretore di Enna devono essere dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere h), l), m) ed n), del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Enna con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 1997.
Presidente: Prof. Giuliano VASSALLI
Redattore: Prof. Cesare MIRABELLI.
Depositata in cancelleria il 16 maggio 1997.