Sentenza n. 209/2000

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 209

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Francesco GUIZZI, Presidente

- Cesare MIRABELLI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera c), della legge della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia), promossi con due ordinanze emesse il 14 maggio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sui ricorsi proposti dalla Cooperativa S. Marco Motoscafi a.r.l. contro il Comune di Venezia ed altra, iscritte ai nn. 560 e 561 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 1998.

 Visti gli atti di costituzione della Cooperativa S. Marco Motoscafi a.r.l. e del Comune di Venezia nonché gli atti di intervento della Regione Veneto;

 udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri;

 uditi gli avvocati Gaetano Guzzardi e Gustavo Romanelli per la Cooperativa S. Marco Motoscafi a.r.l., Nicolò Paoletti per il Comune di Venezia nonché l’avvocato Mario Loria per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso dalla Cooperativa San Marco motoscafi e da un socio di quest’ultima contro il Comune di Venezia, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera c), della legge della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia), «nella parte in cui demanda ai regolamenti comunali di stabilire la potenza dei motori che vanno installati a bordo dei natanti adibiti al servizio pubblico non di linea», limitatamente alle parole «potenza dei motori installati» (r.o. n. 560 del 1998). Il socio della predetta Cooperativa e quest’ultima impugnavano davanti al tribunale rimettente il diniego di autorizzazione a sostituire il motoscafo adibito dal ricorrente socio al trasporto di persone con altro “taxi acqueo”, dotato di motore più potente. L’amministrazione resistente motivava il provvedimento negativo richiamando l’art. 36 del regolamento comunale di attuazione dell’impugnata legge della Regione Veneto n. 63 del 1993, il quale fissa in cento cavalli la potenza massima dei motori installati sui motoscafi in servizio pubblico non di linea. I ricorrenti impugnavano pertanto davanti al TAR per il Veneto il diniego di autorizzazione e il citato regolamento comunale come atto presupposto, e sollevavano altresì eccezione d’incostituzionalità della legge regionale, in quanto fonte del potere di disciplinare con regolamento comunale, in contrasto con gli invocati parametri costituzionali, la potenza dei motori installati sui motoscafi di cui si tratta.

Ad avviso del collegio rimettente, la denunciata legge regionale si porrebbe anzitutto in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, giacché “il controverso criterio di ordine tecnico, che limita la potenza dei motori installabili a bordo dei natanti adibiti al servizio pubblico di trasporto non di linea, incide indirettamente sulla sicurezza dei natanti” e non rientrerebbe, pertanto, tra le competenze regionali. Ciò risulterebbe, anche alla luce della sentenza di questa Corte n. 135 del 1997, dall’art. 9, primo comma, del d.P.R. n. 5 del 1972, dagli artt. 84, 85 e 97 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonché dall’art. 104, lettera t), del decreto legislativo n. 112 del 1998.

La legge regionale n. 63 del 1993 contrasterebbe inoltre con gli artt. 3 e 41 della Costituzione. Al TAR per il Veneto appare infatti irragionevole e lesivo della libertà di iniziativa economica “che la finalità di limitare la velocità dei natanti sia perseguita attraverso la riduzione della potenza dei motori, anziché mediante la fissazione di limiti di velocità, assistiti da idonei controlli e sanzioni”.

Il giudice a quo ritiene rilevante la questione sollevata ad istanza di parte. La rilevanza della prospettata questione deriverebbe dalla circostanza che - come si legge nell’ ordinanza di rimessione - la legge regionale denunciata “deve essere applicata” in quanto fonte del potere regolamentare che ha dato vita all’art. 36, comma 8, del regolamento comunale costituente atto presupposto dal provvedimento amministrativo impugnato.

2. - In un separato giudizio amministrativo, la medesima cooperativa ed un altro socio di quest’ultima, impugnavano davanti allo stesso TAR il provvedimento dell’amministrazione comunale “che invita il ricorrente a presentarsi per l’annullamento” dell’autorizzazione a sostituire il motoscafo adibito dal socio al trasporto di persone con altro motoscafo, dotato di motore più potente. Anche in questo caso il provvedimento impugnato veniva motivato dall’amministrazione resistente mediante rinvio all’art. 36 del regolamento comunale di attuazione dell’impugnata legge della Regione Veneto n. 63 del 1993, e i ricorrenti sollevavano eccezione d’incostituzionalità della citata legge regionale, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali. In accoglimento dell’istanza di parte, il TAR per il Veneto ha sollevato, sempre in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera c), della legge della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63, “nella parte in cui demanda ai regolamenti comunali di stabilire la potenza dei motori che vanno installati a bordo dei natanti adibiti al servizio pubblico non di linea”, limitatamente alle parole “potenza dei motori installati”, con ordinanza (r.o. n. 561 del 1998) contenente - sia sul punto della rilevanza sia sulla non manifesta infondatezza - le stesse argomentazioni già proposte con la precedente ordinanza di rimessione.

3. - Nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituiti i ricorrenti nel primo procedimento a quo, per chiedere l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR per il Veneto.

Muovendo dalla premessa che “la determinazione della potenza dei motori e della conformazione degli scafi ... costituiscono elementi direttamente incidenti sulla sicurezza delle imbarcazioni e della navigazione”, i ricorrenti insistono nell’affermare il contrasto con l’art. 117 della Costituzione, anche alla luce della già citata sentenza di questa Corte n. 135 del 1997, e del regolamento per la navigazione marittima (artt. 515 e 522). Le parti private costituite richiamano altresì l’art. 10 della legge per Venezia n. 171 del 1973, che, allo scopo di ridurre il moto ondoso nella laguna, conferiva delega al Governo “ad emanare entro due anni norme concernenti la determinazione delle caratteristiche tecniche dei natanti di cui al comma precedente e dei requisiti necessari per limitare le emanazioni inquinanti”. La delega non ha mai avuto attuazione; tuttavia, si legge nell’atto di costituzione, “sarebbe ancor oggi questo l’unico modo per poter intervenire legittimamente sulle caratteristiche tecniche dei mezzi circolanti in laguna”. Sempre in merito a questo primo ordine di censure, i ricorrenti nel giudizio a quo invocano il decreto legislativo n. 112 del 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), che mantiene allo Stato le funzioni in tema di “definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza dei trasporti marittimi”.

Le parti private lamentano altresì la violazione degli artt. 3 e 41della Costituzione, in termini non dissimili da quelli indicati nell’ordinanza di rinvio.

4. - Anche i ricorrenti nel secondo giudizio a quo si sono costituiti presentando deduzioni del tutto analoghe a quelle, già illustrate, depositate dai ricorrenti nell’altro giudizio principale.

5. - Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituito anche il Comune di Venezia, parte resistente nei giudizi amministrativi a quibus, per chiedere il rigetto delle questioni sollevate dal TAR per il Veneto.

Il Comune deduce innanzitutto, sulla scorta di rilievi attinenti alla sua collocazione sistematica nel testo della legge regionale, l’inerenza della disposizione attributiva del potere regolamentare contestato alla materia ambientale, anziché a quella della sicurezza della navigazione. La legge conferirebbe infatti al Comune una potestà regolamentare destinata a prevedere misure “all’esclusivo fine di tutelare l’integrità delle rive contro l’inquinamento prodotto dal moto ondoso dei motoscafi e l’integrità edilizia ed architettonica del patrimonio storico-artistico di Venezia”.

D’altro canto, aggiunge l’ente territoriale resistente nei procedimenti a quibus, anche aderendo alla prospettazione del collegio rimettente, la questione dovrebbe ritenersi comunque infondata, alla luce dell’art. 86, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale, tra le funzioni delegate, include le “funzioni relative alla sicurezza dei natanti addetti alle linee di navigazione interna”.

Più di recente, si legge negli atti di costituzione del Comune di Venezia, il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ha, da un lato, confermato la competenza statale in materia di “sicurezza della navigazione interna” (art. 104, lettera t); dall’altro, conferito alle Regioni e agli enti locali le funzioni relative alla “disciplina della navigazione interna” (art. 105, lettera d). La difesa dell’ente territoriale aggiunge poi che in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale le Regioni e gli enti locali conservano le funzioni ad essi conferite dagli artt. 5, 6 e 7 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (art. 105, comma 5, del decreto legislativo n. 112 del 1998), che attribuiscono agli enti locali i compiti amministrativi e le funzioni nei settori del trasporto lagunare e lacuale.

Per quanto riguarda in particolare il settore del trasporto di persone mediante “autoservizi pubblici non di linea”, conclude su questo primo profilo la difesa del Comune, il legislatore statale, per definire i limiti della competenza legislativa regionale, ha emanato un’espressa normativa di principio mediante la legge quadro 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), nel rispetto della quale la Regione Veneto ha disciplinato, con la legge n. 63 del 1993, “l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna” e le modalità attuative della delega agli altri enti locali (art. 12).

Quanto alla prospettata violazione del principio di ragionevolezza, la difesa dell'ente deduce che, data l’oggettiva difficoltà di assicurare un controllo capillare sul rispetto dei limiti di velocità nella laguna di Venezia, una disciplina che limiti la potenza dei motori installati a bordo dei natanti si impone come misura necessaria al fine di salvaguardare il patrimonio ambientale e storico-artistico.

Il Comune di Venezia, richiamando alcune decisioni di questa Corte in tema di limiti alla libertà di iniziativa economica privata, deduce altresì l’infondatezza del dubbio sollevato in riferimento all’art. 41 della Costituzione, sottolineando, in conclusione, la “necessità di tutelare il preminente interesse della collettività alla preservazione dell’ambiente”.

6. - In entrambi i giudizi costituzionali è intervenuto il Presidente della Giunta regionale del Veneto, per argomentare l’infondatezza delle questioni sollevate.

La Regione deduce che l’impugnata legge regionale “non riguarda neppure indirettamente la sicurezza nello svolgimento del servizio, ma attiene invece strettamente alla gestione dello stesso, fissando a tale scopo criteri riguardanti le caratteristiche dei natanti in relazione al servizio svolto”. Né, obietta la difesa della Regione, “la limitazione di potenza prevista dalla norma impugnata, e attuata dal regolamento, a 100 cavalli è in grado di incidere sulla sicurezza della navigazione interna, poiché una tale cospicua potenza consente comunque una manovrabilità in piena sicurezza del natante”, in considerazione sia delle dimensioni e delle caratteristiche della laguna veneta, sia della stazza contenuta dei motoscafi di cui si tratta. Nell’atto di intervento della Regione si richiama poi la sentenza di questa Corte n. 478 del 1991, per sostenere la legittimità di una normativa regionale destinata a salvaguardare la sicurezza dei trasporti di interesse regionale.

Sotto il profilo della lamentata irragionevolezza della disciplina denunciata, la difesa della Regione deduce che la ratio della stessa sarebbe quella di tutelare “valori di indiscusso rango costituzionale, quali quelli sottesi alla conservazione e alla tutela di una serie di insediamenti urbani di rilievo unico per il patrimonio artistico nazionale” e di “un ambiente naturale di altrettanto eccezionale rilievo sotto il profilo paesistico e ambientale”.

7. - In prossimità della data fissata per l’udienza, la Cooperativa San Marco Motoscafi, parte ricorrente nei giudizi a quibus, ha depositato una memoria illustrativa per sviluppare argomenti già addotti in sede di costituzione, a sostegno della fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR per il Veneto con le citate ordinanze.

La Cooperativa insiste nell’ascrivere la disciplina della potenza massima dei motoscafi in servizio non di linea nella laguna di Venezia alla materia, di competenza statale, della sicurezza della navigazione e dei trasporti, sottolineando anche come l’art. 522 del regolamento per la navigazione marittima preveda l’iscrizione nei registri tenuti dagli uffici marittimi delle navi adibite ai servizi pubblici lagunari di Venezia, ciò che implicherebbe la competenza dell’ufficio marittimo ad abilitare il natante alla navigazione.

Nella memoria non si disconosce che la scelta del legislatore regionale si propone di corrispondere alle indicazioni della Commissione comunale per il moto ondoso. Alla società ricorrente nei procedimenti a quibus appare nondimeno illogico, “anche ammessa la legittimità del limite di potenza del motore”, che si consenta il trasporto (di un numero massimo) di venti passeggeri con un motore da 100 cavalli, non idoneo a garantire la sicurezza della navigazione e delle manovre, specialmente in laguna aperta.

Nella memoria illustrativa, la Cooperativa San Marco insiste poi diffusamente sulla disparità di trattamento che la normativa denunciata avrebbe irragionevolmente introdotto rispetto a coloro che esercitano abusivamente il servizio di taxi acqueo nella laguna di Venezia.

Considerato in diritto

1. - Con due ordinanze di analogo contenuto, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera c), della legge della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia), «nella parte in cui demanda ai regolamenti comunali di stabilire la potenza dei motori che vanno installati a bordo dei natanti adibiti al servizio pubblico non di linea», limitatamente alle parole «potenza dei motori installati».

Ad avviso del giudice a quo, la disposizione legislativa denunciata si porrebbe in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, giacché «il controverso criterio di ordine tecnico, che limita la potenza dei motori installabili a bordo dei natanti adibiti al servizio pubblico di trasporto non di linea, incide indirettamente sulla sicurezza dei natanti» e pertanto non rientrerebbe tra le competenze regionali, come delineate dall’art. 9, primo comma, del d.P.R. n. 5 del 1972; dagli artt. 84, 85 e 97 del d.P.R. n. 616 del 1977; dall’art. 104, lettera t), del decreto legislativo n. 112 del 1998.

La disposizione impugnata si porrebbe altresì in contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, apparendo al TAR per il Veneto irragionevole e lesiva della libertà di iniziativa economica, giacché la riduzione della potenza dei motori costituirebbe una «limitazione al libero svolgimento di un’attività economica privata», non giustificata da prevalenti interessi costituzionalmente rilevanti.

2. - Sotto entrambi i profili richiamati, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera c) della legge della Regione Veneto n. 63 del 1993 è stata sollevata dallo stesso Tribunale amministrativo regionale con due ordinanze di contenuto del tutto omogeneo. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.

3. - La questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 117 della Costituzione non è fondata.

L’assunto che riconduce la normativa regionale impugnata alla materia della sicurezza della navigazione e dei natanti non può infatti essere condiviso.

Ancora di recente, questa Corte ha ribadito che le attribuzioni nella materia dei trasporti si ripartiscono sulla base di criteri funzionali fondati precipuamente sul livello e sul tipo degli interessi da tutelare: alla competenza dello Stato è riservata esclusivamente la disciplina concernente la sicurezza degli impianti e dei veicoli, ai fini della tutela dell'interesse generale all'incolumità delle persone, la quale esige uniformità di parametri di valutazione per l'intero territorio nazionale; gli ulteriori profili della disciplina del trasporto, in primo luogo quelli inerenti alle modalità di gestione e di organizzazione dei relativi servizi, rientrano invece nella competenza delle regioni e delle province autonome (sentenze n. 30 del 1998 e n. 135 del 1997).

Nell’ordinanza e nelle memorie delle parti private ricorrenti nei giudizi a quibus vengono invocate - accanto all’art. 117 della Costituzione - le disposizioni legislative attributive della competenza statale in materia di sicurezza della navigazione e di sicurezza tecnica dei natanti. In particolare, vengono invocati l’art. 9, primo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, che conserva allo Stato le attribuzioni degli organi statali in materia di sicurezza dei natanti, e l’art. 104, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che riserva allo Stato le funzioni relative alla disciplina e alla sicurezza della navigazione da diporto e alla sicurezza della navigazione interna.

 L’apprezzamento della fondatezza delle censure prospettate dal collegio rimettente non può operarsi esclusivamente alla stregua della normativa di trasferimento, invocata dagli enti territoriali coinvolti nel presente giudizio costituzionale, in materia di trasporti di interesse regionale e locale e di navigazione nelle acque interne che - per quanto concerne il profilo specificamente rilevante in questa sede - è esplicita nell’attribuire alle regioni e ai comuni un’ampia competenza in materia di servizi di trasporto di persone non di linea.

A tale proposito, viene in particolare in rilievo la citata legge-quadro n. 21 del 1992, che all’art. 1, secondo comma, include tra gli autoservizi pubblici non di linea affidati alla competenza amministrativa regionale «il servizio di taxi con natante», e all’art. 4, secondo comma, prevede che le regioni stabiliscono «i criteri cui devono attenersi i comuni nel redigere i regolamenti sull’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea», precisando, al successivo art. 5, che i comuni, nel predisporre i regolamenti sull’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, stabiliscono, tra l’altro, il numero ed il tipo dei veicoli e dei natanti da adibire ad ogni singolo servizio, e le modalità per lo svolgimento del servizio.

Ciò che nondimeno ai fini del presente giudizio costituzionale maggiormente interessa è che la disciplina impugnata investe una pluralità di competenze degli enti territoriali, non solo in materia di trasporti di interesse regionale e locale, di servizi di trasporto di persone non di linea e di navigazione nelle acque interne.

Si deve infatti constatare che l’interesse alla razionale disciplina dei servizi di trasporto di persone nelle acque lagunari non è suscettibile di apprezzamento isolato da parte delle amministrazioni regionale e locale, le quali non possono provvedervi senza tener conto delle concorrenti ed eventualmente interferenti esigenze di tutela ambientale e del patrimonio edilizio, non solo di interesse storico-artistico. A quest’ultimo riguardo, appare evidente come la disciplina denunciata risulti oggettivamente preordinata anche, e specialmente, a limitare il moto ondoso nocivo per le rive della laguna e per gli edifici che vi si affacciano.

La stessa normativa concernente le attribuzioni regionali in materia di trasporto pubblico locale, del resto, prevede che nell’esercizio delle funzioni inerenti a tale materia l’amministrazione regionale tenga conto dell’interesse ambientale. Da ultimo, l’art. 14 del citato decreto legislativo n. 422 del 1997, affida alle Regioni compiti di programmazione nel settore dei trasporti locali, anche allo scopo di ponderare le compatibilità ambientali.

La coesistenza di competenze statali e regionali nella materia della salvaguardia ambientale di Venezia è stata ribadita da questa Corte con una recente pronuncia, la quale, in generale, ha premesso che «in materia di protezione ambientale e di tutela dagli inquinamenti è riconosciuta una competenza regionale, costituzionalmente garantita, per il collegamento funzionale che la salvaguardia dell’ambiente ha con le materie che, nella elencazione dell’art. 117 della Costituzione, più direttamente riguardano il territorio ed implicano la preservazione della salubrità delle condizioni del suolo, dell’aria e dell’acqua a fronte dell’inquinamento» (sentenza n. 54 del 2000).

La disciplina impugnata, che riflette la doverosa considerazione di una pluralità di interessi, va pertanto ricondotta a tale complesso quadro di attribuzioni regionali, apparendo per contro non pertinente l’invocazione della riserva di competenza statale in materia di sicurezza della navigazione e dei natanti.

4. - La legge regionale viene denunciata anche per contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, apparendo al TAR per il Veneto irragionevole e lesivo della libertà di iniziativa economica “che la finalità di limitare la velocità dei natanti sia perseguita attraverso la riduzione della potenza dei motori, anziché mediante la fissazione di limiti di velocità, assistiti da idonei controlli e sanzioni”: per un verso, infatti, ad avviso del collegio rimettente, la disciplina impugnata “non sembra realizzare la finalità che l’ha ispirata, perché i natanti sono ancora in grado di superare i limiti di velocità imposti nei canali di Venezia per limitare il moto ondoso”; per un altro verso, “la sua applicazione produce sul piano pratico un’inutile limitazione alla manovrabilità dei natanti, con rischio per la loro sicurezza, disparità di trattamento e limitazione al libero svolgimento di un’attività economica privata”, senza che tali limitazioni risultino giustificate da prevalenti interessi costituzionalmente rilevanti.

La questione non è fondata.

Lamentando l’irragionevolezza del limite massimo di potenza pari a cento cavalli, il collegio rimettente imputa alla disposizione legislativa attributiva del potere regolamentare locale vizi che in realtà, ove accertati, inficerebbero non già la legge regionale denunciata, bensì il regolamento comunale approvato in attuazione della medesima.

I vizi lamentati dai ricorrenti nei giudizi amministrativi a quibus e censurati dal collegio rimettente non possono quindi essere imputati alla legge regionale impugnata, che, nel conferire al comune la potestà regolamentare contestata, non potrebbe interpretarsi come tale da autorizzare l’autorità comunale a disporre contra constitutionem.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 2, lettera c), della legge della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 giugno 2000.