SENTENZA N. 478
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, ultimo comma, della legge della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47 (Norme per l'esercizio della delega di funzioni amministrative ai consorzi dei bacini di trasporto e ai singoli comuni in materia di navigazione lacuale, fluviale, lagunare, e sui canali navigabili e idrovie relativamente ai servizi di trasporto non di linea) promossi con n. 2 ordinanze emesse il 31 gennaio 1991 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto iscritte rispettivamente ai nn. 378 e 397 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di intervento della regione Veneto;
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con due ordinanze di analogo contenuto, emesse il 31 gennaio 1991 nel corso di altrettanti giudizi pendenti, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 117 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, ultimo comma, della legge della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47, nella parte in cui esclude che l'autorizzazione all'esercizio del servizio pubblico di noleggio da banchina con conducente di natante a motore di portata non superiore a venti persone (c.d. taxi-acqueo) possa essere rinnovata dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età del titolare.
La norma impugnata prevede, infatti, la decadenza delle suddette autorizzazioni al compimento del sessantesimo anno di età del soggetto, salvo il rinnovo (solo) "fino al compimento del sessantacinquesimo anno, previo accertamento annuale della idoneità fisica per l'espletamento del servizio, effettuato dall'autorità sanitaria competente per territorio".
Poiché si tratta di attività che, pur svolta in regime di autorizzazione ai fini della sicurezza del suo esercizio e del suo corretto svolgimento, rientra nella generale capacità e libertà economica dei privati, e poiché la norma regionale vuole evidentemente garantire, per ragioni di sicurezza, che i titolari delle autorizzazioni siano fisicamente idonei, ad avviso del giudice a quo essa, fissando una sorta di presunzione assoluta di inidoneità per gli ultrassessantacinquenni, determinerebbe un'ingiustificata discriminazione tra soggetti in possesso dei requisiti di idoneità fisica allo svolgimento del servizio a seconda che abbiano o meno raggiunto il predetto limite di età.
Sotto un diverso profilo la stessa norma riserverebbe un'ingiustificata disparità di trattamento a questi soggetti rispetto agli esercenti il servizio da piazza con autovetture, per i quali la legge 14 agosto 1974, n. 394 non prevede limiti massimi di età, ma soltanto accertamenti sanitari biennali.
Sarebbe altresì ravvisabile la violazione di un principio fondamentale della legislazione statale di settore (codice della navigazione e regolamento della navigazione interna), che non recano alcun limite di età per le autorizzazioni di cui si tratta.
La norma impugnata si porrebbe, poi, in contrasto con l'art. 41, primo comma, della Costituzione, in quanto determinerebbe un impedimento al libero svolgimento di un'attività economica privata, impedimento che non sarebbe giustificato né in relazione al secondo comma dello stesso art. 41 della Costituzione, né dalla necessità di tutelare beni oggetto di altre norme costituzionali, poiché l'idoneità psico-fisica degli esercenti sarebbe pur sempre garantita dagli accertamenti sanitari annuali.
2. - È intervenuta nel giudizio la regione Veneto precisando che la legge regionale, di cui fa parte la norma impugnata, dopo aver definito il servizio pubblico di noleggio da banchina (art. 9), aver sottoposto il servizio stesso ad autorizzazione (art. 11), da rilasciarsi soltanto a chi è in possesso di determinati requisiti, ed aver stabilito che il titolo abilitante non può essere rilasciato a chi è titolare di autorizzazioni o licenze per l'esercizio di altre attività remunerative (art. 12, terzo comma), ha previsto che le nuove autorizzazioni siano assegnate nel rispetto di una graduatoria, per la cui formazione detta apposite modalità.
Ciò starebbe a testimoniare che si è inteso dare rilevanza, non soltanto all'idoneità fisica del richiedente l'autorizzazione o il rinnovo della stessa, ma, fissandosi il limite al sessantacinquesimo anno di età - che, tra l'altro, coincide con quello del pensionamento - si sarebbe tenuto presente l'interesse della collettività al ricambio degli addetti ed alla conseguente creazione di nuovi posti di lavoro.
Tanto premesso le censure di incostituzionalità non sarebbero fondate, perché non è invocabile il principio di eguaglianza tra categorie disomogenee, né è possibile sostenere, nel silenzio della legislazione statale - che non reca alcun limite di età per le controverse autorizzazioni - l'esistenza di un principio generale che operi come limite per le competenze regionali nella specifica materia, né, infine, può essere ignorata, a prescindere dalle esigenze di sicurezza, la finalità sociale che la norma impugnata intende perseguire, e cioè quella di dare spazio all'occupazione di altri lavoratori.
3. - Nell'imminenza dell'udienza la regione Veneto ha presentato una memoria, nella quale ribadisce le considerazioni svolte nell'atto di intervento.
In particolare contesta l'esistenza di principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato che, nella specifica materia, si porrebbero come limite alle competenze legislative regionali. In proposito ricorda che detti principi sono stati individuati dalla giurisprudenza costituzionale in quegli orientamenti e in quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione delle norme che concorrono a formare in un dato momento storico il tessuto dell'ordinamento vigente, e che, proprio in mancanza di leggi cornici appositamente emanate per le materie di competenza concorrente delle regioni, i vincoli in questione non possono consistere che in criteri generali ai quali si uniforma una determinata disciplina legislativa statale, perché altrimenti il potere legislativo regionale si ridurrebbe ad un semplice potere regolamentare.
Con riferimento alla norma in esame, non vi è dubbio che essa attiene ad una materia che l'art. 117 della Costituzione riserva alle regioni e che il legislatore statale non ha dettato espresse normative di principio, sia omettendo di emanare una legge cornice, sia mantenendo sul punto il silenzio anche in occasione del trasferimento, avvenuto con l'art. 97 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, delle funzioni amministrative relative alla navigazione interna, ivi compresa "l'autorizzazione al pilotaggio". Cosicché dalla constatazione che le norme del codice della navigazione e del regolamento della navigazione interna, invocate come norme interposte in relazione all'art. 117 della Costituzione, non prevedono alcun limite di età per il rinnovo delle autorizzazioni di cui si discute, non può farsi derivare l'affermazione di un principio fondamentale della materia come limite all'esercizio delle competenze regionali.
Considerato in diritto
1. - Sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, ultimo comma, della legge della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47, nella parte in cui esclude che l'autorizzazione comunale per l'esercizio del noleggio da banchina con conducente, per il trasporto di persone con natanti a motore (taxi acquei) nella laguna di Venezia, possa essere rinnovata dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età del titolare.
Si sostiene nelle ordinanze di rinvio che la norma denunciata contrasterebbe: a) con l'art. 3 della Costituzione, per illogicità e irragionevolezza, perché fisserebbe una presunzione assoluta di inidoneità per gli ultrasessantacinquenni, mentre si sarebbe potuto prevedere di sottoporre anche questi soggetti a controlli sanitari ricorrenti, al fine di non discriminarli, se idonei, rispetto ai colleghi più giovani; b) con l'art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento, perché per gli esercenti del servizio di piazza con autovetture non è previsto dalla legge dello Stato n. 394 del 1974 alcun limite di età, essendo la relativa esigenza garantita da accertamenti sanitari biennali; c) con l'art. 117 della Costituzione e le norme interposte (codice della navigazione e regolamento per la navigazione interna approvato con d.P.R. 28 giugno 1949 n. 631, che non recano alcun limite di età per dette autorizzazioni), assumendosi violato un principio fondamentale della legislazione statale di settore; d) con l'art. 41, primo comma, della Costituzione poiché si determinerebbe un impedimento al libero svolgimento di un'attività economica privata, impedimento che non sarebbe giustificato né in relazione al secondo comma dello stesso art. 41 della Costituzione, né dalla necessità di garantire la sicurezza delle persone e della navigazione, che potrebbe pur sempre essere assicurata attraverso l'accertamento sanitario della idoneità psico-fisica.
2. - I due giudizi possono essere riuniti per connessione e decisi con unica pronuncia.
3.1. - Le questioni, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione, non sono fondate.
Per quel che riguarda il profilo della illogicità ed irragionevolezza, ritiene in primo luogo la Corte di non poter condividere la tesi della regione interveniente che, per sostenere la validità della norma, osserva che la censurata limitazione possa giustificarsi, fra l'altro, con l'esigenza di favorire nel settore dei trasporti "il ricambio degli addetti creando così nuovi posti di lavoro". In proposito devesi ricordare come la Corte abbia affermato che esula dalla competenza regionale la materia della politica sociale in tema di occupazione (sentenze n. 20 del 1989 e n. 998 del 1988) per cui non potrebbero giustificarsi limitazioni alla libertà di lavoro introdotte con leggi regionali per il perseguimento di finalità attinenti a tali categorie di interessi.
La norma impugnata deve ritenersi invece non irragionevole se considerata in relazione alla ratio che si desume dal contesto in cui si colloca, perché essa risulta ispirata dalla presunzione del venir meno della idoneità fisica del titolare dell'autorizzazione al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età. Che sia questa la ratio della norma si evince dalla circostanza che la disposizione in cui essa è contenuta (art. 13, quarto comma cit., della legge regionale n. 47 del 1980) prevede che "l'autorizzazione decade al compimento del sessantesimo anno di età del titolare e può essere rinnovata fino al compimento del sessantacinquesimo anno, previo accertamento annuale della idoneità fisica ..". Ciò significa che dopo il sessantesimo anno la possibilità del rinnovo è subordinata ad un accertamento positivo circa tale idoneità, mentre, dopo il sessantacinquesimo anno, il legislatore, nel suo discrezionale apprezzamento, ritiene in via di presunzione che il requisito stesso venga a cessare.
Così individuata la ratio della norma, essa non può reputarsi irragionevole e discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai lavoratori più giovani, perché la scelta del legislatore appare fondata su di una presunzione tratta da una regola di comune esperienza e presente nel nostro ordinamento positivo secondo cui, indipendentemente da accertamenti sanitari, al raggiungimento di una certa età - che è poi quella che per la maggior parte dei lavoratori dipendenti costituisce il limite massimo dell'attività lavorativa, proprio in virtù di una ragionevole presunzione del genere - viene meno l'idoneità psico-fisica per l'esercizio di attività di lavoro. Ciò in particolare quando tali attività, come nella specie quella della guida di natanti destinati al trasporto di più persone, coinvolgano la sicurezza del trasporto e quindi l'incolumità dei soggetti trasportati postulando perciò in chi le esercita particolari attitudini psico-tecniche destinate con ragionevole presunzione ad attenuarsi con l'avanzare degli anni.
3.2. - Per quel che riguarda poi l'asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento rispetto agli esercenti del servizio di piazza con autovettura - per i quali non è previsto dalla legge n. 394 del 1974 alcun limite di età, salvo (art. 3) il biennale accertamento sanitario attitudinale - osserva la Corte che il giudice a quo pone in realtà a raffronto situazioni fra loro non omogenee, dovendosi in proposito tener conto della diversità qualitativa dei due tipi di attività confrontate per giustificare la differente disciplina adottata. Il legislatore regionale ha evidentemente considerato che, per l'attività di navigazione interna nel proprio territorio, che in gran parte attiene ai trasporti lagunari, si debba tener conto più delle attitudini proprie della gente di mare che non di quelle dei conducenti di autovetture e, quindi, una volta che si è di fronte ad una così evidente diversità di situazioni, perde ogni valore il raffronto operato a sostegno della censura che non ha quindi fondamento.
4. - Non fondata è anche la questione sollevata in riferimento all'art. 117 della Costituzione ed alle norme (considerate dal giudice a quo interposte, in quanto espressive di principi fondamentali) del codice della navigazione e del regolamento della navigazione interna.
Il principio fondamentale - che secondo le ordinanze di rinvio sarebbe desumibile dalle norme richiamate, costituendo limite per la legislazione regionale - che escluderebbe l'esistenza della presunzione assoluta del venir meno del requisito dell'idoneità fisica, legato all'età, ben può difatti, ove riconosciuto esistente, conoscere deroghe, se queste appaiano dettate da elementi di obbiettiva diversità rispetto alla regola. Nella specie, la ragionevolezza della deroga rispetto a detto eventuale principio fondamentale trova un indubbio referente nella peculiarità della navigazione interna della regione interessata, che solo il legislatore regionale, titolare della materia, è in grado di valutare con piena cognizione di causa e che quindi egli soltanto può adeguatamente apprezzare nello stabilire i requisiti di coloro che debbano esercitare l'attività nel proprio ambito territoriale.
5. - Per le ragioni anzidette deve ritenersi non fondata anche la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'art. 41 della Costituzione. Come è noto, il secondo comma di quest'ultimo articolo prevede la possibilità di una serie di limitazioni all'iniziativa economica privata facendo riferimento a beni della vita quali, tra l'altro, quello della "sicurezza". Ma, una volta esclusa, in base a quanto in precedenza osservato in riferimento agli altri parametri costituzionali invocati dal giudice a quo, l'irragionevolezza di una scelta legislativa la cui ratio è individuabile appunto nell'esigenza di salvaguardare la sicurezza dei trasporti di interesse regionale, non può ritenersi violato, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, il precetto costituzionale in tema di libertà dell'iniziativa economica, quando le limitazioni rispondano a tale esigenza.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, quarto comma, della legge della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47 (Norme per l'esercizio della delega di funzioni amministrative ai consorzi dei bacini di trasporto e ai singoli comuni in materia di navigazione lacuale, fluviale, lagunare, e sui canali navigabili e idrovie relativamente ai servizi di trasporto non di linea) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.