ORDINANZA N. 196
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), e 38, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, promossi con ordinanze emesse il 25 marzo e il 7 aprile 1999 dal Tribunale per i minorenni di L’Aquila nei procedimenti relativi ai minori P.R. e R.M., iscritte ai nn. 337 e 338 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di L’Aquila, con ordinanza emessa il 25 marzo 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori);
che, con altra ordinanza di analogo contenuto emessa il 7 aprile 1999, il citato tribunale ha sollevato, sempre in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, oltre che degli articoli 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della menzionata legge 4 maggio 1983, n. 184, anche, in esclusivo riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie;
che, a parere del rimettente, le disposizioni di cui agli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui, in caso di sospetto falso riconoscimento di un minore, non consentirebbero al tribunale per i minorenni di disporre accertamenti ematologici o del DNA, o di adottare provvedimenti urgenti a tutela del minore, se non dopo che sia stata accertata con efficacia di giudicato la falsità del riconoscimento, sarebbero irragionevoli, nonché lesive dei diritti assoluti ed inviolabili del minore ad avere una propria famiglia, ad essere immediatamente inserito in una idonea famiglia adottiva individuata dal tribunale per i minorenni, all’autenticità e genuinità del rapporto di filiazione, alla stabilità delle relazioni familiari, ponendosi dunque in contrasto con i principi sanciti negli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione;
che, sempre a giudizio del rimettente, la norma di cui all’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, nella parte in cui attribuisce al tribunale per i minorenni la competenza a dichiarare giudizialmente la paternità, senza riconoscergli nel contempo anche la competenza a decidere sull’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità, riservata, invece, al tribunale ordinario, risulterebbe «illogica e contraddittoria» e verrebbe, pertanto, a violare l’art. 3 della Costituzione.
Considerato che i giudizi, avendo ad oggetto questioni parzialmente identiche, vanno riuniti per essere decisi con unica pronunzia;
che, con riferimento alla questione di costituzionalità degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, risulta dalle ordinanze di rimessione come il giudice a quo, applicando in entrambi i giudizi sottoposti alla sua cognizione le norme impugnate, abbia adottato proprio quei provvedimenti (prove ematologiche e del DNA, allontanamento del minore dalla presunta famiglia naturale, sospensione della potestà, apertura della procedura di adottabilità) che nelle ordinanze di rimessione ritiene a lui preclusi;
che detti provvedimenti, su ricorso dei genitori naturali, sono stati annullati o riformati dal giudice del gravame che, pur non contestando l’astratta legittimazione alla loro adozione da parte del tribunale per i minorenni, ha affermato l’insussistenza in concreto dei relativi presupposti di legge;
che gli effetti pregiudizievoli al minore dedotti dal rimettente non derivano, dunque, dalle norme impugnate, bensì da una diversa valutazione delle circostanze di fatto nei procedimenti a quibus operata dal giudice del gravame, cosicché la questione sollevata appare priva di rilievo nei giudizi stessi;
che, in ogni caso, la pronuncia additiva invocata dal rimettente, grazie alla quale il tribunale per i minorenni «potrebbe compiere sollecitamente tutti gli accertamenti (compresa la prova tecnico-scientifica) ritenuti necessari senza attendere i tempi lunghi del giudizio civile di cui agli artt. 263 e 264 c.c.», comporta all’evidenza scelte non costituzionalmente vincolate e quindi riservate alla discrezionalità del legislatore (ordinanze n. 440 e n. 399 del 1997);
che, anche sotto tale profilo, la questione risulta perciò manifestamente inammissibile;
che, quanto alla sollevata questione riguardante l’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, questa Corte ha più volte precisato che «il riparto tra la competenza del tribunale per i minorenni e quella del tribunale ordinario non può non ricadere nell’ambito della discrezionalità legislativa» (sentenze n. 451 del 1997, n. 429 del 1991, n. 193 del 1987);
che, più in generale, è stato costantemente affermato che il legislatore è arbitro di dettare regole di ripartizione della competenza fra i vari organi giurisdizionali, sempreché le medesime non risultino manifestamente irragionevoli (sentenze n. 228 del 1998, n. 451 del 1997; ordinanza n. 128 del 1999);
che, nella specie, il rimettente si limita a censurare l’attuale riparto di competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni sulla base di considerazioni di mera opportunità estranee, in quanto tali, all’ambito del giudizio di ragionevolezza;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di L’Aquila con le ordinanze in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di L’Aquila con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2000
Cesare MIRABELLI, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in cancelleria il 13 giugno 2000.