Ordinanza n. 120/2000

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ORDINANZA N. 120

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 novembre 1998 dal Pretore di Monza nel procedimento penale a carico di S. M., iscritta al n. 6 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale nei confronti di un imputato tratto a giudizio per il reato previsto dall'art. 1 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (emissione di assegno senza autorizzazione), il Pretore di Monza ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente all'imputato di richiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, <<allorché esso non concerna un fatto che risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale o l'imputato non abbia tempestivamente proposto la richiesta in ordine alle originarie imputazioni>>;

che, al riguardo, il rimettente espone che, all’esito degli accertamenti disposti ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., il pubblico ministero, modificando l’originaria imputazione, aveva contestato il reato di cui all’art. 2 della legge n. 386 del 1990 (emissione di assegno senza provvista), in ordine al quale l’imputato aveva formulato richiesta di applicazione della pena;

che, a giudizio del rimettente, sarebbero violati l'art. 3 Cost., per l'ingiustificato diverso trattamento riservato agli imputati che nel corso del dibattimento si trovino a rispondere di fatti e reati diversi da quelli di cui all'originario capo di imputazione, e l'art. 24 Cost., perché all'imputato sarebbe impedito di esercitare il diritto di difesa e, specificamente, di avvalersi della facoltà di accedere al rito semplificato;

 che il rimettente è consapevole che analoga questione di legittimità costituzionale è stata ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 213 del 1992, ma ritiene che i successivi interventi della Corte in materia (vengono espressamente richiamate le sentenze n. 98 del 1996 e n. 530 del 1995) rendano necessario un nuovo scrutinio di costituzionalità;

 che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione proposta inammissibile e comunque non fondata in base al rilievo che, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, l'orientamento espresso dalla Corte nell’ordinanza n. 213 del 1992 sarebbe stato ribadito nella più recente sentenza n. 265 del 1994 e non contraddetto dalle successive pronunce.

Considerato che successivamente all’ordinanza di rimessione la fattispecie oggetto di contestazione suppletiva nel giudizio a quo è stata trasformata in illecito amministrativo dall’art. 29 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio), in attuazione degli artt. 1 e 8 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario);

che pertanto occorre restituire gli atti al giudice rimettente affinché verifichi se la questione sia tuttora rilevante.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Monza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 aprile 2000.