SENTENZA N. 53
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria, riapprovata il 6 luglio 1998, recante "Calendario venatorio per la stagione 1988-1999", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 24 luglio 1998, depositato in Cancelleria il 3 agosto 1998 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 1998.
Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;
udito nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Maurizio Pedetta per la Regione Umbria.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri solleva in via principale - in riferimento agli artt. 117 della Costituzione e 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nonchè in relazione alla direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici - questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa recante "Calendario venatorio per la stagione 1998/99", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale dell’Umbria nella seduta del 6 luglio 1998, nell’identico testo rinviato dal Governo con atto del 26 giugno 1998.
Il ricorrente lamenta la violazione dei citati parametri in quanto l’impugnata delibera legislativa - in deroga ai termini stabiliti dall’art. 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992 - prevede l’apertura anticipata della stagione venatoria, consentendo la caccia ad alcune specie di fauna selvatica (tortora, quaglia, merlo, starna, pernice rossa, lepre, alzavola, germano reale, marzaiola e fagiano), nei giorni 6-12 e 13 settembre, in contrasto "con il principio contenuto nell’art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992, il quale subordina al preventivo parere tecnico ... dell’Istituto nazionale della fauna selvatica l’autorizzazione alle modifiche dei termini [di apertura e chiusura della caccia] di cui al primo comma del medesimo articolo".
Il ricorrente sottolinea che il menzionato Istituto, con nota del 5 maggio 1998, aveva espresso parere sfavorevole, poichè, si legge nell’atto di rinvio, la generalizzata preapertura della caccia, considerate le caratteristiche biologiche della fauna coinvolta e le condizioni ambientali esistenti nella Regione, "determinerebbe l’abbattimento di una quota consistente di soggetti immaturi ... e di soggetti adulti ancora in fase riproduttiva, con la conseguente perdita di intere nidiate".
2. - Nel presente giudizio si é costituita la Regione Umbria, per chiedere a questa Corte di dichiarare l’inammissibilità o l’infondatezza della questione proposta dal Governo.
La difesa della Regione eccepisce innanzi tutto l’inammissibilità della questione sollevata in via principale per genericità del ricorso, limitandosi il Governo a censurare il contrasto con il parere espresso dall’Istituto nazionale della fauna selvatica e ad affermare apoditticamente la conseguente violazione della legge quadro e della direttiva 79/409/CEE.
Ad avviso della Regione Umbria, il ricorso risulterebbe inoltre inammissibilmente diretto a contestare il merito delle scelte regionali in materia di calendario venatorio "e opponendo a queste altre scelte, sulla base del parere sfavorevole dell’I.N.F.S.", si legge nell’atto di costituzione, il Governo "avrebbe dovuto, se mai, proporre ... la questione di merito per conflitto di interessi davanti alle Camere ex art. 127, quarto comma, della Costituzione".
Nel merito, richiamando anche recenti decisioni del T.a.r. dell’Umbria, l’ente territoriale resistente deduce che, nel silenzio della legge, "non appare seriamente sostenibile che il parere espresso dall’I.N.F.S. sul calendario venatorio sia vincolante per la Regione". Trattandosi di circoscrivere, con una norma di principio, una competenza regionale prevista dalla Costituzione "sarebbe, quantomeno, stata necessaria la previsione espressa". Una diversa opzione interpretativa, aggiunge la difesa della Regione, "significa trasferire la potestà di scelta e di decisione in materia di calendario venatorio - pur limitatamente all’anticipo dell’apertura della caccia a poche specie, e sempre nell’ambito del periodo previsto dalla legge - dalle singole Regioni a un organo centrale (di tipo tecnico), stravolgendo immediatamente la ratio della legge stessa e negando in radice l’autonomia della Regione".
In merito al rilievo formulato dall’INFS circa il pregiudizio derivante alle specie selvatiche da un’apertura anticipata della stagione venatoria "in forma pressochè generalizzata", come si legge nel medesimo parere disatteso dal legislatore regionale, la resistente afferma trattarsi di una censura "del tutto infondata, riguardando l’anticipo solo dieci specie su quaranta" ed aggiunge che adeguate misure di salvaguardia e tutela derivano da altri strumenti di cui la Regione si é dotata, quali i piani faunistico-venatori regionali e provinciali.
3. - In prossimità dell’udienza, la Regione Umbria ha depositato una memoria illustrativa ad integrazione di quanto già dedotto con l’atto di costituzione.
La difesa della Regione premette innanzi tutto che, dopo l’instaurazione del presente giudizio, lo stesso calendario venatorio approvato con la legge impugnata é stato adottato dalla Giunta regionale in via amministrativa (con le stesse motivazioni enunciate negli atti consiliari preparatori della delibera legislativa) e, in sèguito ai ricorsi presentati da quattro associazioni ambientaliste, ritenuto legittimo dal T.a.r. dell’Umbria.
La Regione ribadisce che non si tratta, nel caso sottoposto all’esame di questa Corte, di una generalizzata "preapertura" della caccia (riguardando l’anticipazione solo dieci specie selvatiche), ed inoltre sottolinea come, in relazione alle specie interessate dalla deroga, il periodo venatorio complessivo risulti inalterato, in considerazione della corrispondente anticipazione della chiusura della caccia.
Nella memoria illustrativa, l’ente territoriale resistente insiste sulla natura obbligatoria ma non vincolante del parere dell’I.N.F.S., sia in considerazione della formulazione della legge-quadro, che impone alla Regione di "sentire" il predetto istituto, sia richiamando la giurisprudenza di questa Corte, e in particolare la sentenza n. 248 del 1995, che, in un caso ritenuto analogo dalla Regione, qualifica "onere procedimentale" l’acquisizione del parere dell’I.N.F.S.
4. - In prossimità della data fissata per l’udienza, anche il ricorrente ha depositato una memoria, per confutare le difese della Regione resistente ed insistere nella richiesta di accoglimento del ricorso.
In aggiunta a quanto già esposto nel ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato richiama la giurisprudenza di questa Corte che, nella parte in cui "delinea il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica", ha qualificato norma fondamentale di riforma economico-sociale la disciplina dei periodi venatori e ha chiarito come l’esercizio del potere di deroga di cui all’art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992 sia subordinato all’adozione - in alcun modo documentata, ad avviso dell’Avvocatura, in questo caso - di procedure e strumenti attendibili dal punto di vista tecnico-scientifico, per l’accertamento delle condizioni e dei presupposti di ordine ambientale richiesti dalla disciplina statale e dalla giurisprudenza comunitaria ai fini delle deroghe ai periodi venatori previsti in via generale per l’intero territorio nazionale.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 117 della Costituzione e 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nonchè in relazione alla direttiva (non evocata nell’atto di rinvio) 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa concernente il "Calendario venatorio per la stagione 1998/99", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale dell’Umbria nella seduta del 6 luglio 1998, nell’identico testo rinviato dal Governo con atto del 26 giugno 1998.
Con tale delibera veniva approvato il Calendario venatorio per la stagione 1998/99, nel testo allegato alla legge. Il calendario prevedeva, per dieci specie di fauna selvatica, l’anticipazione - rispetto ai termini iniziali previsti dall’art. 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992 - dell’apertura della caccia, sulla base del comma 2 del citato art. 18, che, in presenza di determinati presupposti e condizioni, consente alle Regioni di modificare i termini di apertura e chiusura della caccia previsti al comma precedente.
Il Presidente del Consiglio dei ministri sollevava questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa, censurando non già l’omessa acquisizione del parere dell’I.N.F.S., prevista dall’art. 18, comma 2, dell’invocata legge-quadro, bensì l’adozione delle deroghe ai periodi venatori di cui al comma 1 del citato art. 18, in contrasto con il predetto parere.
2. - L’impugnata delibera legislativa é un provvedimento di approvazione, in deroga all’art. 32 della legge della regione Umbria 17 maggio 1994, n. 14 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), del calendario venatorio per la stagione 1998/1999, ad essa allegato. Il ricorso, pertanto, investe una disciplina derogatoria destinata a trovare applicazione durante la sola stagione venatoria 1998/1999, conclusasi il 31 gennaio 1999.
Conformemente alla costante giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 45 e 46 del 1987, n. 37 del 1983), trovandosi questa Corte a giudicare dell’impugnazione in via principale di una legge a termine, che non ha potuto nè potrebbe, ormai, trovare applicazione, essendosi chiusa la stagione venatoria da essa considerata, va dichiarata la cessazione della materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2000.
Giuliano VASSALLI, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2000.