ORDINANZA N. 443
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 novembre 1998 dalla Corte d’assise di Napoli nel procedimento penale a carico di Antonio Baratto, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che la Corte d’assise di Napoli, avendo adottato un provvedimento di custodia cautelare in carcere dell’imputato nel corso degli atti preliminari al dibattimento, con ordinanza emessa il 6 novembre 1998 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice che abbia adottato un provvedimento cautelare personale, esaminando il fascicolo del pubblico ministero e valutando gli elementi raccolti nella fase delle indagini preliminari, non possa partecipare al giudizio;
che, ad avviso della Corte d’assise di Napoli, il giudice che negli atti preliminari al dibattimento abbia applicato un provvedimento restrittivo della libertà personale dell’imputato si troverebbe nella stessa posizione del giudice per le indagini preliminari, il quale, se ha applicato la medesima misura cautelare, non può partecipare al giudizio (sentenza n. 432 del 1995): in entrambi i casi vi sarebbe il rischio che la valutazione conclusiva sulla responsabilità penale dell’imputato sia, o possa apparire, condizionata dall’atteggiamento già assunto in altri momenti del procedimento, mentre il giudizio si deve fondare sugli elementi di valutazione e di prova assunti, nel contraddittorio delle parti, in dibattimento; sicché la mancata previsione dell’incompatibilità anche per il caso considerato dal giudice rimettente violerebbe il principio costituzionale di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) e la garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.);
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, osservando che la questione è analoga ad altre già dichiarate una inammissibile (sentenza n. 51 del 1997), l’altra manifestamente inammissibile (ordinanza n. 206 del 1998).
Considerato che la questione di legittimità costituzionale concerne la mancata previsione dell’incompatibilità del giudice che si sia pronunciato, negli atti preliminari al dibattimento, su misure cautelari personali nei confronti dell’imputato, ed è prospettata rilevando che ne potrebbe derivare un pregiudizio per la valutazione conclusiva della responsabilità penale dello stesso imputato, essendo stati valutati elementi tratti dagli atti del fascicolo del pubblico ministero;
che analoghe questioni, le quali hanno investito la disciplina dell’incompatibilità del giudice, sono state già esaminate da questa Corte e dichiarate una inammissibile (sentenza n. 51 del 1997) e le altre manifestamente inammissibili (ordinanze n. 366 del 1997 e n. 206 del 1998), giacché l’esito prefigurato finirebbe con l’attribuire alle parti la potestà di determinare l’incompatibilità nel corso di un giudizio del quale il giudice è già investito, sicché lo stesso giudice verrebbe spogliato di tale giudizio in ragione del compimento di un atto processuale cui è tenuto a seguito dell’istanza di una parte; esito, questo, non solo irragionevole, ma in contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge, dal quale l’imputato verrebbe o potrebbe chiedere di essere distolto;
che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’assise di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1999.
Giuliano VASSALLI, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 1° dicembre 1999.