Ordinanza n. 366/97

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ORDINANZA N. 366

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Renato GRANATA, Presidente

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

-        Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-        Prof. Valerio ONIDA

-        Prof. Carlo MEZZANOTTE

-        Avv. Fernanda CONTRI

-        Prof. Guido NEPPI MODONA

-        Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 279 del codice di procedura penale promossi con ordinanze emesse il 25 settembre 1996 dal Tribunale di Nicosia, il 12 novembre 1996 dalla Corte d'assise di Siracusa ed il 5 dicembre 1996 dal Tribunale di Paola, rispettivamente iscritte ai nn. 1326 e 1373 del registro ordinanze 1996 ed al n. 27 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1996 e nn. 4 e 6, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che il Tribunale di Nicosia, con ordinanza emessa il 25 settembre 1996 (reg. ord. n. 1326 del 1996) nel corso di un giudizio nel quale due componenti del collegio giudicante avevano concorso a decidere in ordine alla revoca della misura cautelare del divieto di espatrio nei confronti dell'imputato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice del dibattimento che, nella fase introduttiva dello stesso, abbia già deciso in ordine a misure cautelari nei confronti di uno o più imputati;

che il giudice rimettente ricorda i principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale nel dichiarare la illegittimità costituzionale della mancata previsione dell'incompatibilità del giudice che abbia adottato misure cautelari in fasi diverse (sentenza n. 155 del 1996), e ritiene che gli stessi principi debbano indurre ad affermare l'incompatibilità anche del giudice che, nella fase introduttiva del dibattimento, abbia deciso in ordine ad una misura cautelare nei confronti dell'imputato;

che il Tribunale di Paola, con ordinanza emessa il 5 dicembre 1996 (reg. ord. n. 27 del 1997), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possano giudicare nel merito i componenti del collegio che, all'inizio del dibattimento, abbiano adottato misure cautelari personali nei confronti degli imputati, valutando le singole posizioni;

che il Tribunale rimettente sottolinea che l'incompatibilità del giudice e' diretta ad evitare ogni forma di condizionamento o apparenza di condizionamento derivante da precedenti valutazioni, che potrebbero pregiudicare in sostanza o in apparenza l'attività di giudizio; ciò che dovrebbe valere non solo nel rapporto tra fasi diverse del giudizio, ma anche nel rapporto tra assunzione di provvedimenti cautelari personali adottati all'inizio del dibattimento, che presuppongono un giudizio prognostico sulla responsabilità, e giudizio sul merito;

che la Corte d'assise di Siracusa, con ordinanza emessa il 12 novembre 1996 (reg. ord. n. 1373 del 1996), investita della richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza -- senza sospendere il dibattimento in corso, ma sospendendo soltanto la decisione sulla istanza di revoca della misura cautelare -- ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 279 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'attribuzione della competenza sull'applicazione e revoca delle misure cautelari personali durante la fase del giudizio ad un organo diverso da quello che procede;

che, ad avviso del giudice rimettente, potrebbe venir meno l'imparzialità del giudizio da emettere a conclusione del dibattimento, se nel corso di esso sono adottate misure cautelari prendendo in considerazione gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero;

che nei giudizi promossi con le ordinanze della Corte d'assise di Siracusa e del Tribunale di Paola e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale riguardano, con prospettazioni differenti, l'incompatibilità del giudice del dibattimento che abbia emesso o debba pronunciarsi su una misura cautelare nei confronti dell'imputato, sicche' esse, sebbene investano disposizioni diverse, sono connesse e possono essere riunite per essere decise con unica pronuncia;

che analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., per la omessa previsione dell'incompatibilità del giudice che si sia pronunciato, in dibattimento, su misure cautelari personali nei confronti dell'imputato, e' già stata esaminata e dichiarata inammissibile (sentenza n. 51 del 1997), giacche' l'esito che viene prefigurato finirebbe con l'attribuire alle parti la potestà di determinare l'incompatibilità nel corso di un giudizio del quale il giudice e' già investito; sicche' lo stesso giudice verrebbe spogliato di tale giudizio in ragione del compimento di un atto processuale cui e' tenuto a seguito dell'istanza di una parte: esito, questo, non solo irragionevole, ma in contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge, dal quale l'imputato verrebbe o potrebbe chiedere di essere distolto;

che con la stessa sentenza n. 51 del 1997 e' stata anche dichiarata inammissibile una questione di legittimità costituzionale (allora riferita all'art. 279 cod. proc. pen., unitamente agli artt. 34 e 299 cod. proc. pen.), relativa alla competenza del giudice del dibattimento a pronunciarsi sui provvedimenti cautelari concernenti la libertà personale dell'imputato, analoga a quella ora sollevata dalla Corte d'assise di Siracusa, in quanto la questione, così come prospettata, implica o prefigura molteplici scelte rimesse al legislatore;

che le ordinanze di rimessione, emanate prima della citata sentenza della Corte, non introducono profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati, sicchè le questioni di legittimità costituzionale devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 34 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Nicosia con l'ordinanza in epigrafe;

b) dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione, dal Tribunale di Paola con l'ordinanza in epigrafe;

c) dell'art. 279 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'assise di Siracusa con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/97.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Relatore

Depositata in cancelleria il 28/11/97.