SENTENZA N. 351
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministero della sanità del 29 gennaio 1997, recante: "Misure integrative per la sorveglianza permanente delle encefalopatie spongiformi degli animali", promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 27 giugno 1997, depositato in cancelleria il 15 luglio 1997 ed iscritto al n. 38 del registro conflitti 1997.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi l'avvocato Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 27 giugno 1997 e depositato il 15 luglio 1997, la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministero della sanità 29 gennaio 1997, recante: "Misure integrative per la sorveglianza permanente delle encefalopatie spongiformi degli animali", nella sua interezza ed in particolare con riguardo agli artt. 1 e 2.
La Regione ricorrente sottolinea come, per far fronte all'emergenza costituita dalla encefalopatia spongiforme bovina, il Governo abbia, a suo tempo, adottato il decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, che si limitava ad attivare, presso il centro di referenza nazionale delle encefalopatie degli animali e neuropatologie comparate, una unità nazionale operativa di intervento per tali affezioni, operante in stretta collaborazione con il dipartimento alimenti, nutrizione e sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità e con l'Istituto superiore di sanità.
Con l'impugnato decreto, di contro, il Ministro della sanità é intervenuto nuovamente nel settore, esorbitando - sempre secondo la Regione - dai limiti di cui al d.l. n. 429 del 1996, per quanto concerne l'adozione di norme regolamentari, nonchè dall'ambito delle competenze riservate allo Stato in materia di sanità veterinaria, interferendo con la sfera di attribuzioni di spettanza regionale in materia di zootecnia e sanità, giacchè, con particolare riferimento agli artt. 1 e 2 del decreto in questione, questo:
a. al comma 2 dell'art. 1 prevede la istituzione, ad opera degli istituti zooprofilattici sperimentali, di unità locali di intervento "in numero commisurato alle esigenze e, comunque, almeno una per territorio regionale" con comunicazione dei dati alla unità nazionale;
b. al comma 1, lettera b), dell'art. 2 demanda alla unità nazionale il coordinamento e la verifica delle unità locali;
c. al comma 1, lettera c), dell'art. 2 affida alla unità nazionale compiti di aggiornamento del personale delle unità locali;
d. alla lettera d) dell'art. 2, comma 1, prevede l'affidamento alla unità nazionale, attraverso le unità locali, di compiti di informazione degli allevatori e degli utenti e di formazione tecnico scientifica dei veterinari ufficiali e libero professionisti.
L'impugnazione é affidata ad un unico motivo, articolato nella violazione degli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, con riferimento al d.P.R. n. 616 del 1977 (artt. 4, 27, 30, 31, 66, 70, 71, 77), alla legge n. 833 del 1978 (artt. 6 e 7), al d.l. n. 429 del 1996, convertito in legge n. 532 del 1996, alla legge n. 400 del 1988, alla legge n. 491 del 1993 (art. 1), al d.lgs. n. 143 del 1997.
L'argomento di fondo da cui muovono le censure é che lo Stato, con l'impugnato decreto ministeriale, abbia operato una invasione delle competenze regionali; la materia della sanità veterinaria rientrando in queste ultime, in forza di espresse previsioni costituzionali (tra cui, in particolare, l'art. 117) ed in forza dell'attuazione che a tali previsioni é stata data dalla disciplina organica di cui al d.P.R. n. 616 del 1977 e dalla legge n. 833 del 1978, per quanto riguarda la materia dell'agricoltura e quella della sanità in senso stretto.
Nè tale sistema risulterebbe modificato dalla introduzione della legge 4 dicembre 1993, n. 491 (comunque, abrogata dal d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143) che riordina le competenze regionali e statali in materia agricola e forestale e istituisce il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, avendo anche tale normativa attribuito alle regioni "tutte le funzioni in materia di agricoltura e foreste, di acquacoltura e agriturismo etc.." (art. 1, comma 1) e ad apposito Comitato presso il neoistituito Ministero la materia veterinaria.
Infatti, secondo l’assunto di parte, le competenze in materia di profilassi igienico-sanitaria degli allevamenti dovrebbero ritenersi necessariamente integrative di quelle conferite alle Regioni, tanto in materia di agricoltura quanto in materia sanitaria, atteso che il settore si colloca "a cavaliere" fra l’agricoltura e la sanità, per cui esse sono difendibili in sede di conflitto di attribuzione, pur a volerle ritenere meramente delegate.
Ulteriore rilievo é quello secondo cui il d.l. n. 429 del 1996, convertito nella legge 21 ottobre 1996, n. 532 consentirebbe, l’utilizzo dei centri nazionali di referenza e l’impiego delle unità di crisi previste da norme nazionali e comunitarie, mentre l’impugnato decreto ministeriale trasformerebbe l’unità di crisi in unità locali di intervento strutturate su base regionale; "doppierebbe", per così dire, organizzazioni amministrative, che, di contro, dovrebbero essere istituite dalle Regioni nell’ambito delle proprie competenze; creerebbe una struttura stabile, centralizzata e articolata su due livelli: nazionale e periferico; introdurrebbe un sistema di formazione professionale a controllo statale gestito in sede periferica. Esso, sostanzialmente, prevederebbe un intervento statale a regime, che prescinde del tutto dall’emergenza, con palese violazione dei principi della efficienza e del buon andamento sotto il profilo della razionalità e della non duplicazione delle organizzazioni amministrative nonchè del principio di legalità nella istituzione dei pubblici uffici, con riguardo sia all’utilizzo improprio degli istituti zooprofilattici come "lunga mano" organizzativa del Ministero, che all’assoluta carenza di supporto legislativo nella istituzione delle unità locali su base regionale.
Infine, viene dedotta la violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni per effetto di interventi a regime che prescindono dalla cooperazione con le Regioni.
2.- E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilità del ricorso.
Sono due i profili di inammissibilità dedotti: il primo relativo alla circostanza secondo cui il decreto contestato non disciplinerebbe affatto la materia agricola, per cui verrebbe meno il presunto carattere integrativo di competenze regionali ad esso attribuito dalla Regione ricorrente; il secondo scaturirebbe dal rilievo che il decreto ministeriale disciplina le modalità di costituzione di organismi già previsti nel decreto-legge 8 agosto 1996, n. 429, convertito nella legge 21 ottobre 1996, n. 532 mentre il ricorso sarebbe rivolto a contestare la normativa primaria di cui l’atto impugnato é attuazione specifica e necessaria, senza, peraltro, il rispetto dei termini previsti per l’impugnazione in sede di giudizio di legittimità in via principale.
Nel merito viene dedotta la infondatezza del ricorso.
In particolare, é respinto l'assunto, secondo cui gli organismi in questione avrebbero il carattere di "strutture stabili, centralizzate e articolate su due livelli: nazionale e periferico", atteso che le unità locali sono attivate da parte degli istituti zooprofilattici sperimentali e ne costituiscono strutture di supporto; questi ultimi, peraltro, operano come strumenti tecnico-scentifici dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome (art. 1 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270), con la conseguenza che le unità di crisi, di cui al contestato decreto ministeriale, svolgerebbero una funzione di supporto in un ambito specifico e determinato, che risponderebbe a criteri di urgenza e necessità.
In conclusione, sono ribadite le ragioni di urgenza ed emergenza che hanno motivato l’emanazione del decreto legge e del conseguente decreto ministeriale, entrambi finalizzati ad impedire il diffondersi di conseguenze letali per la salute umana e, quindi, a tutela del diritto di cui all’art. 32 della Costituzione.
3.- Nella imminenza della data fissata per l'udienza pubblica, la Regione Lombardia ha depositato una memoria, con la quale ribadisce le proprie ragioni, soffermandosi, in particolare, sulle controdeduzioni contenute nell'atto di intervento dell'Avvocatura generale dello Stato. Preliminarmente esamina i due profili di inammissibilità eccepiti dalla Avvocatura generale dello Stato, rilevando, in primo luogo, che le disposizioni dell'impugnato decreto ministeriale avrebbero carattere innovativo rispetto a quanto disposto dal d.l. n. 429 del 1996, ma, soprattutto, non potrebbero trarre da quest'ultimo adeguato e sufficiente fondamento legale, atteso che la normativa primaria legittimerebbe soltanto un'azione ministeriale di organizzazione, coordinamento ed attivazione delle strutture già esistenti e non già l'istituzione di nuove unità organizzative a livello locale.
Nè - sempre secondo la Regione - potrebbe essere condivisa la tesi dell'Avvocatura generale, secondo cui il d.l. n. 429 del 1996, menzionando al plurale i "centri nazionali di referenza" intenda ricomprendere le unità locali di intervento di cui agli artt. 1 e 2 dell'impugnato decreto ministeriale, in quanto l'uso del plurale é stato dettato da una esigenza di genericità e l'espressione usata dal legislatore appare riferita ai centri nazionali di referenza già esistenti, non potendo ricomprendere strutture nuove, collocate al di fuori di tali centri.
Per quanto riguarda le "unità di crisi" sembrerebbe chiaro - sempre ad avviso della Regione - che il legislatore abbia voluto riferirsi ad organi di pronto intervento, finalizzati al superamento di crisi contingenti e non già ad organi strutturati su basi stabili sul territorio.
La Regione si sofferma, quindi, ad evidenziare i presupposti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale per la tutela innanzi alla Corte costituzionale delle competenze delegate, in quanto costituenti integrazione necessaria delle funzioni proprie delle Regioni: la materia sanitaria, infatti, così come configurata dall'art. 27 del d.P.R. n. 616 del 1977, avrebbe carattere proprio e generale (comma 1, lettera l, dell'art. 27 del d.P.R. n. 616 del 1977), mentre il successivo art. 30, integrato dall'art. 6 della legge n. 833 del 1978 circoscriverebbe l'ambito di competenza statale della materia in esame, limitato alla profilassi internazionale, marittima, aerea e di frontiera, anche veterinaria, e la profilassi delle malattie infettive e diffusive per le quali siano imposte vaccinazioni obbligatorie o misure di quarantena. Le suddette competenze, tuttavia, a mente dell'art. 31 del d.P.R. n. 616 del 1977 e dell'art. 7 della legge n. 833 del 1978 erano delegate alle Regioni.
La difesa regionale richiama, inoltre, le recenti norme contenute nel d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, che attribuiscono la complessiva materia relativa agli interventi profilattici, terapeutici e di vigilanza concernenti la sanità veterinaria alla competenza regionale "propria" e non "delegata" (fatta salva la profilassi internazionale) al fine di evidenziare l'esistenza dei presupposti affinchè si ravvisi nella presente fattispecie un'ipotesi di "incostituzionalità sopravvenuta"; analogamente per la materia "agricoltura e foreste", la quale completa il quadro delle attribuzioni regionali in materia di prevenzione, cura e sorveglianza delle malattie animali e si inserisce in un sistema organico ed integrato di competenze regionali costituzionalmente protette.
La memoria regionale ribadisce che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale, il Ministro della sanità individua organismi amministrativi di intervento ed il loro ambito di operatività ed individua, inoltre, gli Istituti zooprofilattici quali soggetti tenuti ad attivare tali organismi senza alcun intervento delle Regioni.
Inoltre, le unità locali sarebbero configurate come articolazioni periferiche, con funzione meramente strumentale, dell'unità nazionale. Nè, peraltro, il ruolo politico-amministrativo potrebbe essere individuato in capo agli Istituti zooprofilattici, in quanto organi con specifico carattere tecnico-scientifico mentre sarebbero investiti dal decreto impugnato soltanto di un compito di "attivazione operativa" delle unità locali. Tuttavia, anche a voler ritenere che detti Istituti siano titolari di funzioni di controllo politico-amministrativo, non vi sarebbe equivalenza di assegnazione di tali funzioni alle Regioni, le quali resterebbero prive di ogni potere di indirizzo, gestione e controllo amministrativo su organi aventi ambito regionale e operanti in materia di competenza regionale.
Infine la Regione sottolinea la violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni di cui all'art. 5 della Costituzione sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo formale procedurale.
Considerato in diritto
1.- La Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministero della sanità 29 gennaio 1997, recante: "Misure integrative per la sorveglianza permanente delle encefalopatie spongiformi degli animali", nella sua interezza ed, in particolare, con riguardo agli artt. 1 e 2.
Secondo la ricorrente il decreto violerebbe gli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, in quanto gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali riservate alle Regioni, interferendo con la sfera di attribuzioni a queste spettanti in materia di zootecnia e sanità, in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (artt. 4, 27, 30, 31, 66, 70, 71 e 77), che ha trasferito alle Regioni la competenza su tutte "le attività zootecniche e l'allevamento di qualsiasi specie con le relative produzioni"; alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 6 e 7, che ha delegato alle Regioni l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti la "profilassi delle malattie infettive e diffusive di cui al precedente art. 6, lettera b), comma 1, lettera a)", nonchè "l'attuazione degli adempimenti disposti dall'autorità sanitaria statale, ai sensi della lettera u) del precedente art. 6, comma 1, lettera b)"; alla legge 4 dicembre 1993, n. 491, art. 1 (ora abrogata), che ha attribuito alle Regioni "tutte le funzioni in materia di agricoltura e foreste, di acquacoltura e agriturismo"; al d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, che ha confermato ed ampliato le attribuzioni regionali nelle materie anzidette; al d.l. 8 agosto 1996, n. 429, convertito in legge 21 ottobre 1996, n. 532, che ha previsto solo l'utilizzo dei centri nazionali di referenza e l'impiego delle unità di crisi previste da norme nazionali e comunitarie, nonchè i centri nazionali di referenza; alla legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, per assenza di espressa autorizzazione legislativa all'uso delle forme semplificate, almeno con riguardo alle disposizioni che vanno oltre l'intento e la lettera del d.l. n. 429 del 1996.
2.- Preliminarmente deve essere dichiarata infondata la duplice eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa dello Stato sotto i profili che il decreto impugnato da un lato non coinvolgerebbe competenze regionali, non riguardando la materia agricola, dall'altro disciplinerebbe modalità di costituzione degli organismi già previsti dal d.l. 8 agosto 1996, n. 429 (convertito con modificazioni in legge 21 ottobre 1996, n. 532) di modo che il ricorso sarebbe rivolto a contestare - senza il rispetto dei termini per il giudizio di legittimità costituzionale in via principale - la normativa primaria dell’anzidetto decreto-legge.
In realtà il decreto ministeriale impugnato riguarda una materia mista, agricola (allevamento del bestiame) e soprattutto sanitaria (veterinaria con notevoli profili riflessi sulla alimentazione e sulla salute umana di fronte a situazioni di rischio provenienti dall’estero), di modo che risultano evidenti caratteri di connessione con la sfera di competenza regionale, che la Regione é legittimata a tutelare in sede di conflitto.
Nello stesso tempo l’anzidetto decreto non può essere configurato come atto di mera e necessaria esecuzione del d.l. n. 429 del 1996, dando invece attuazione ulteriore, con svolgimento certamente autonomo e non necessario rispetto alla previsione del citato decreto-legge.
Ciò é sufficiente per il rigetto delle eccezioni di inammissibilità (sentenza n. 270 del 1998).
3.- Certamente la normativa contenuta nel decreto-legge legittimava una azione ministeriale di organizzazione e coordinamento e di "impiego" sia di "unità di crisi" sia di "centri nazionali di referenza" (necessariamente a iniziativa unitaria statale atteso il carattere della epidemia e la sua provenienza dall’estero), oltre una attività di formazione del personale anche in relazione alla novità del fenomeno e ai relativi rischi.
Tuttavia, la estrema sinteticità della previsione del decreto-legge ed il riferimento, contenuto nelle premesse, al "fine di prevenire l’insorgenza di malattie infettive, nonchè di tutelare il consumatore" e, nel testo normativo, all'"adempimento anche ad obblighi comunitari ed internazionali" e ad "unità di crisi, previste dalle norme nazionali e comunitarie", deve indurre l’interprete ad un necessario collegamento ed aggancio quanto alle funzioni statali, ad integrazione del contenuto dello stesso decreto-legge, con il complesso della normativa primaria vigente in materia di epidemie e di rischi per la salute pubblica nel campo veterinario, alimentare e di tutela del consumatore al fine della prevenzione di malattie infettive di provenienza dall’estero.
In realtà la profilassi internazionale, i compiti di rilievo nazionale per la tutela della salute sono stati mantenuti allo Stato anche con le norme che hanno di recente (si noti, dopo l’atto impugnato) conferito ulteriori funzioni e compiti alle Regioni (legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 1, comma 3, lettera i), comma 4, lettera c)); e in particolare, in sede di decreto delegato, sono rimaste invariate, quanto a riparto di competenze tra Stato e Regioni, la sorveglianza ed il controllo di epidemie ed epizoozie di dimensioni internazionali, mentre per la profilassi internazionale, in relazione alla quale pure é stata confermata la competenza in capo allo Stato, é stato altresì previsto che questo possa avvalersi anche delle aziende u.s.l., sulla base di apposito accordo definito in sede di conferenza unificata, con specificazione delle "funzioni amministrative in materia di profilassi internazionale, con particolare riferimento ai controlli igienico-sanitari, ai controlli sanitari delle popolazioni migranti, nonchè ai controlli veterinari infracomunitari e di frontiera" (d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 112, comma 3, lettera g) e art. 126).
4.- Quanto alla normativa precedentemente in vigore (con riferimento alla data del decreto impugnato) in relazione ai poteri dello Stato, é sufficiente il richiamo alla competenza statale in ordine alle funzioni amministrative concernenti la profilassi internazionale anche in materia veterinaria, nonchè agli interventi contro le epidemie e le epizoozie, riguardanti la individuazione delle malattie infettive e diffusive del bestiame - per il quale in tutto il territorio nazionale possono essere disposti l’abbattimento e, se del caso, la distruzione degli animali infetti o sospetti - e la determinazione degli interventi obbligatori in materia di zooprofilassi (art. 6, lettere a), b) e u), della legge 23 dicembre 1978, n. 833).
Mentre, in attesa del riordinamento delle norme in materia di profilassi internazionale - ivi compresa, come per tradizione, la zooprofilassi - e di malattie infettive e diffusive (riordinamento ancora in attesa di attuazione) dovevano continuare ad applicarsi, in quanto non in contrasto con le disposizioni della stessa legge n. 833 del 1978, le norme del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modificazioni ed integrazioni e le altre disposizioni vigenti in materia (art. 62 della legge n. 833 del 1978).
Per quanto qui interessa alle Regioni era stato delegato l’esercizio delle funzioni amministrative concernenti la profilassi delle malattie infettive e diffusive di cui all’art. 6, lettera b), della legge n. 833 del 1978 e l’attuazione degli adempimenti disposti dall’autorità sanitaria statale ai sensi della lettera u) dello stesso art. 6 (art. 7, primo comma, lettere a) e b), della legge n. 833 del 1978).
5.- La individuazione, tra le malattie infettive e diffusive degli animali, della encefalopatia spongiforme dei bovini, insieme alle scrapie, é avvenuta, ad integrazione dell’elenco di cui al d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), con ordinanza ministeriale 10 maggio 1991 (Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1991, n. 113), con riserva di impartire disposizioni integrative ai fini del coordinamento e dell’indirizzo di programmazione nazionale e comunitaria delle attività sanitarie correlate.
Del resto il d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270 (Riordinamento degli Istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421) ha proceduto ad un primo riordinamento degli istituti zooprofilattici accrescendo la loro autonomia e attribuendo la caratteristica di "strumenti tecnico-scientifici" sia dello Stato, sia delle regioni e provincie autonome (art. 1).
Lo stesso d.lgs n. 270 del 1993 (art. 2) ha conservato in materia allo Stato un "fondamentale ruolo e peculiari competenze" (sentenza n. 124 del 1994), tra cui la competenza per "il coordinamento tecnico-funzionale degli Istituti" zooprofilattici sperimentali e "l’attribuzione agli stessi di compiti e funzioni di interesse nazionale ed internazionale", riservando allo Stato la competenza, tra l’altro, di "promuovere lo sviluppo organizzativo e delle metodologie e tecnologie diagnostiche ed analitiche", "l’attuazione di programmi nazionali di sorveglianza epidemiologica" e di "affidare l’attuazione di iniziative nazionali di formazione ed aggiornamento di veterinari ed altri operatori addetti alla sanità pubblica" ed infine di "istituire presso gli istituti zooprofilattici sperimentali centri specialistici di referenza nazionale, comunitaria ed internazionale", nonchè di "attribuire agli stessi compiti e funzioni di interesse nazionale, comunitario ed internazionale".
6.- Sotto il profilo dei rapporti tra competenze statali e competenze regionali questa Corte ha avuto occasione di sottolineare il rilievo preminente degli interessi nazionali in ordine alle varie attività, affidate agli Istituti considerati, relative precipuamente al campo della ricerca, studio, sperimentazione, controllo e sorveglianza epidemiologica.
Gli Istituti zooprofilattici sperimentali, "operano in ambiti nei quali convergono non solo interessi di regioni e province autonome in materia di igiene e sanità veterinaria, ma anche interessi di carattere nazionale, conseguenti, oltretutto, all’adempimento di obblighi internazionali e comunitari". Detti Istituti, pertanto, continuano a potere essere utilizzati dallo Stato quali strumenti tecnico-scientifici comuni alle Regioni e allo stesso Stato nei limiti delle anzidette competenze previste dalla legge, pur essendo affidata alle Regioni la disciplina delle modalità gestionali, organizzative e di funzionamento nel rispetto dei principi previsti dallo stesso d.lgs. n. 270 del 1993 e dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Ciò anche se, dopo l’intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 3, terzo e quarto comma, del d.lgs. n. 270 del 1993 (sentenza n. 124 del 1994) é rimasta preclusa di fatto - in attesa di un intervento legislativo, peraltro contemplato dall’art. 121 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 - l’attuazione completa del nuovo ordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali.
7.- Sul piano comunitario é opportuno sottolineare che nell’ambito europeo la libera circolazione dei prodotti agroalimentari lascia impregiudicati gli interventi necessari per la tutela della salute e della vita delle persone e degli animali; anzi la Commissione CE si é ripetutamente attivata per un sistema di sorveglianza epidemiologica delle encefalopatie spongiformi trasmissibili degli animali e per le opportune cautele in ordine alla eliminazione dal consumo umano e animale del materiale specifico a rischio ottenuto da animali della specie bovina, ovina e caprina.
Sulla base delle predette considerazioni risulta l’infondatezza delle specifiche censure proposte dal ricorso in ordine alla asserita lesione, da parte del decreto impugnato, della sfera regionale di competenze, dovendo ritenersi che spetta allo Stato l'emanazione delle norme integrative contenute nel decreto stesso.
Innanzitutto il decreto impugnato é una esplicazione della preesistente facoltà dello Stato di avvalersi degli Istituti zooprofilattici sperimentali, che sono strumenti tecnico-scientifici anche dello Stato; il relativo utilizzo, essendo previsto specificamente in relazione ad un interesse unitario e nazionale in norme di legge, può essere oggetto di intervento statale meramente di attuazione settoriale (senza che vi sia necessità di ulteriore intervento legislativo). L’utilizzo degli Istituti zooprofilattici può essere interpretato - conformemente ai principi costituzionali - in modo da non incidere sulla organizzazione delle strutture regionali e da non alterare i rapporti tra sfere di competenza statale e regionale.
8.- Gli stessi principi surrichiamati valgono per escludere le censure relative alla previsione di compiti di aggiornamento del personale e di formazione dei veterinari ed altri professionisti.
Infatti, il compito per gli Istituti zooprofilattici sperimentali di attuare iniziative anche statali per la formazione ed aggiornamento di veterinari ed altri operatori risale alle tradizioni storiche iniziali degli istituti ed é stato espressamente confermato dalla successiva normativa (d.lgs. n. 270 del 1993, art. 1, comma 4, lettera f) e art. 2, comma 2, lettera g); d.m. 16 febbraio 1994, n. 190, art. 3, comma 1, lettere l) e m), con il Regolamento recante norme per il riordino degli istituti zooprofilattici sperimentali in attuazione dell’art. 1, comma 5, del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270).
Nello stesso tempo rientra nella sfera di competenza statale la facoltà di affidare l’attuazione di iniziative nazionali di formazione e aggiornamento di veterinari ed altri operatori addetti alla sanità pubblica e di istituire presso gli Istituti suddetti centri specialistici di referenza nazionale, nonchè di attribuire agli stessi compiti di interesse nazionale e comunitario (art. 2, comma 3, lettere g) ed h), del d.lgs. n. 270 del 1993).
L’unità operativa di intervento a livello nazionale attivata presso il centro di referenza nazionale delle encefalopatie degli animali e neuropatologie comparate (già riconosciuto con d.m. 3 agosto 1991 presso l’Istituto zooprofilattico del Piemonte, della Liguria e Valle d’Aosta) e le corrispondenti unità locali di intervento, da attivarsi a cura ed opera dei singoli Istituti zooprofilattici, devono essere intese come iniziativa unitaria nazionale, quali articolazioni di centri di riferimento attraverso la individuazione di responsabili periferici. Ciò non comporta la creazione di strutture nuove, dovendo gli Istituti procedere alla individuazione, tra il proprio personale, di specifici soggetti responsabili nell’ambito di compiti istituzionalmente spettanti agli stessi Istituti. L'unità a livello nazionale deve svolgere compiti di coordinamento e monitoraggio, nonchè funzioni tecnico-consultive, oltre di proposta a livello tecnico; invece le unità locali di intervento sono destinate a compiti soprattutto di raccolta di dati e di elementi tecnici e di diffusione di notizie, di risultanze delle rilevazioni e di informazioni tecnico-scientifiche, senza alcuna attività aggiuntiva di amministrazione o gestione attiva, restando immutate sia le funzioni di spettanza degli Istituti, sia ogni responsabilità ed attività operativa di spettanza regionale e dei suoi organi a livello locale, secondo la normativa vigente.
La raccolta e la elaborazione di dati, la messa a disposizione in via consultiva di ogni elemento tecnico-scientifico necessario (protocolli operativi di sorveglianza, aggiornamenti costanti della situazione epidemiologica, studio e proposte di misure preventive e repressive per la sanità animale) costituiscono un'azione aggiuntiva - necessariamente unitaria e su base nazionale, per affrontare l’emergenza derivante da rischi per gli animali a causa di encefalopatie spongiformi con focolai all’estero - e di straordinaria urgenza per una adeguata "salvaguardia a fini di tutela della salute" umana.
9.- In conclusione, l’anzidetta previsione di centri di referenza e di unità di intervento anche locale deve essere interpretata nel senso - conforme ai principi costituzionali - che non si sovrappone o non duplica l’organizzazione o l’attività di gestione attiva regionale in materia agricola e sanitaria; nello stesso tempo la "unita di crisi" e le corrispondenti "unità locali di intervento" sono destinate per loro natura a non assumere il carattere di basi stabili sul territorio, essendo finalizzate al superamento di crisi contingenti.
E’ evidente altresì che il decreto impugnato non può essere interpretato nel senso di abilitare lo Stato a creare o ad imporre nuove strutture a base regionale, bensì comporta la utilizzazione (già prevista dalla preesistente legislazione), per compiti necessariamente unitari, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, avvalendosi lo Stato di questi strumenti (anche statali) proprio in relazione alle funzioni istituzionali e alla sfera mista di competenze tecniche attribuita agli stessi Istituti dalla vigente normativa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato e per esso al Ministro della sanità determinare misure integrative per la sorveglianza delle encefalopatie spongiformi degli animali, avvalendosi, nei sensi di cui in motivazione, degli Istituti zooprofilattici sperimentali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1999.