Sentenza n. 285/99

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SENTENZA N. 285

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20 (Referendum popolare in applicazione degli artt. 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna), come sostituito dall’art. 2 della legge regionale 24 maggio 1984, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1957, n. 20, concernente: "Referendum popolare in applicazione degli articoli 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna"), promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, iscritta al n. 901 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 1999 il Giudice relatore Valerio Onida

Ritenuto in fatto

1.— Nel corso di un giudizio promosso per l’annullamento di provvedimenti del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, relativi ad una procedura concorsuale per il conferimento dell'incarico di componente dell’Ufficio regionale per il referendum previsto dall’art. 6 della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20 (Referendum popolare in applicazione degli artt. 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna), incarico, classificato "infungibile per sede", riservato ai magistrati della Corte in servizio presso la sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza emessa il 5 febbraio 1997, pervenuta a questa Corte il 19 dicembre 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 108 e 116 della Costituzione, del medesimo art. 6 della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20, come sostituito dall’art. 2, lettera d, della legge regionale 24 maggio 1984, n. 25 (recte: dell’art. 6, primo comma, lettera d, della legge regionale 17 maggio 1957, n. 20, come sostituito dall’art. 2 della legge regionale 24 maggio 1984, n. 25).

Il Tribunale remittente, giudicati manifestamente infondati alcuni profili di illegittimità costituzionale della norma, sollevati dal ricorrente, ritiene invece non manifestamente infondata la questione, per contrasto con gli articoli 108, 116 e 3 della Costituzione, sotto il profilo dell’incompetenza della Regione in ordine alle materie attinenti allo status dei magistrati contabili.

Esso premette che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nel deliberare i criteri per l’attribuzione degli incarichi ai magistrati su designazione della stessa Corte, aveva introdotto la distinzione fra incarichi fungibili e incarichi infungibili, ma avendo riguardo, per questi ultimi, solo a particolari requisiti o a specifiche professionalità, senza riferimento alla sede di servizio, e aveva successivamente, in via provvisoria, classificato come infungibili "per sede" gli incarichi per la partecipazione ad organi collegiali e di controllo di enti pubblici regionali della Sicilia e della Sardegna. In applicazione di tali criteri era stata avviata la procedura per cui é giudizio, prima che lo stesso organo, con successiva deliberazione, provvedendo all’adeguamento dei criteri alle disposizioni contenute nel d.P.R. n. 388 del 1995, abolisse la categoria degli incarichi "infungibili per sede".

Così motivata la rilevanza della questione, il remittente premette ancora, in via interpretativa, che la norma regionale impugnata non può ritenersi implicitamente abrogata dal combinato disposto dell’art. 10 della legge n. 117 del 1988 e dell’art. 13, secondo comma, numero 3, della legge n. 186 del 1982, relativo alle competenze del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, poichè tali disposizioni hanno avuto bensì l’effetto di abrogare implicitamente la disposizione regionale nella parte in cui prevedeva che fosse il Presidente della sezione regionale a designare il magistrato per l’incarico; ma non l’effetto di far venir meno i limiti stabiliti, quanto alla attribuzione degli incarichi medesimi, dalle leggi che li prevedono, e che rappresentano il presupposto dell’esercizio del potere di conferimento degli stessi.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ricorda che con l’art. 2, comma 1, lettera p, della legge 23 ottobre 1992, n. 241 (recte: 421), il Governo fu delegato a prevedere che gli incarichi a dipendenti della pubblica amministrazione possano essere conferiti "in casi rigorosamente predeterminati"; che, in attuazione della delega, l’art. 58 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, dopo avere sancito il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire ai dipendenti incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati, rinvia, per quanto riguarda specificamente la determinazione degli incarichi consentiti e di quelli vietati ai magistrati, anche contabili, ad appositi regolamenti; che il d.P.R. 27 luglio 1995, n. 388, in attuazione di tale previsione legislativa, ha affermato il principio per cui i magistrati della Corte dei conti non possono svolgere incarichi se non nei casi espressamente previsti dalle leggi dello Stato o dal regolamento medesimo (art. 2, comma 1), ha elencato tra gli incarichi consentiti quelli "previsti da legge dello Stato … con specifico riferimento a magistrati della Corte dei conti in genere", facendo comunque salve le disposizioni dell’art. 2, comma 2, che rendono espliciti ed integrano i criteri generali dettati dalla legge (art. 3, comma 3, lettera h), e ha stabilito che i criteri fissati dal Consiglio di presidenza ai fini del conferimento degli incarichi o della relativa autorizzazione devono assicurare un’equa ripartizione degli incarichi "fra tutti i magistrati", il che escluderebbe discriminazioni o limitazioni di carattere oggettivo e generalizzato riferibili alla sede.

Secondo il remittente, le fonti primarie e "secondarie delegate", alle quali il legislatore ha riservato la determinazione delle ipotesi di divieto degli incarichi ai magistrati contabili, non contemplerebbero dunque fra i divieti quelli che, come nella specie, si risolvono in una alterazione dello status dei magistrati stessi, introducendo come diretta conseguenza una ingiustificata disparità di trattamento. Ne conseguirebbe che la norma impugnata sarebbe sospetta di incostituzionalità "nella parte in cui riserva solo ai magistrati della sezione giurisdizionale sarda della Corte dei conti la possibilità di essere designati a far parte dell’Ufficio regionale del referendum, anzichè estendere tale possibilità a tutti i magistrati senza vincoli di sede".

2. — Non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente della Giunta regionale.

Considerato in diritto

1.— La questione sollevata riguarda l’art. 6 della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20 (Referendum popolare in applicazione degli artt. 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna), come sostituito dall’art. 2 della legge regionale 24 maggio 1984, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1957, n. 20, concernente: "Referendum popolare in applicazione degli articoli 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna"), nella parte in cui prevede (primo comma, lettera d) la nomina, fra i componenti dell’Ufficio regionale del referendum, chiamato a verificare la legittimità delle richieste di referendum regionale, di "un magistrato della Sezione giurisdizionale sarda della Corte dei conti".

Secondo il Tribunale remittente, tale disposizione contrasterebbe con gli articoli 3, 108 e 116 della Costituzione in quanto, prevedendo l’attribuzione di detto incarico ad un magistrato della Corte dei conti appartenente alla Sezione giurisdizionale per la Sardegna, e dunque vietando la sua attribuzione agli altri magistrati della stessa Corte dei conti, si risolverebbe in una "alterazione dello status" dei magistrati contabili – così incidendo su materia sottratta alla competenza della Regione – e introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra i medesimi magistrati. L’illegittimità costituzionale riguarderebbe dunque la parte della disposizione in cui si "riserva solo ai magistrati della Sezione giurisdizionale sarda della Corte dei conti la possibilità di essere designati a far parte dell’Ufficio regionale del referendum, anzichè estendere tale possibilità a tutti i magistrati senza vincoli di sede".

2.— La questione non é fondata.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, nella sentenza n. 224 del 1999, che, pur essendo la materia degli incarichi attribuibili ai magistrati compresa nella disciplina dello status dei magistrati medesimi, riservata alla legge dello Stato dall’art. 108, primo comma, della Costituzione, non incide, invece, sullo status dei magistrati, e non eccede dunque dalla competenza regionale, una disposizione di legge regionale che, nel disciplinare l’organizzazione di apparati e di attività della Regione stessa, o da essa dipendenti, preveda l’utilizzo di magistrati per incarichi estranei ai loro compiti di istituto, conferiti o autorizzati nei limiti, sulla base dei presupposti e con le modalità previste dalla normativa di status.

Questo é appunto il caso della legge regionale in esame, che non interferisce sulla composizione o sui compiti degli uffici giudiziari (e perciò non incorre nel medesimo vizio che condusse a suo tempo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del testo originario dello stesso art. 6 della legge regionale n. 20 del 1957, che conferiva le funzioni di "ufficio per il referendum popolare" ad una sezione della Corte d’appello della Sardegna: sentenza n. 43 del 1982), ma si limita, nell’organizzare l’Ufficio regionale del referendum, a prevedere che di esso sia chiamato a far parte, fra gli altri, con attribuzione dunque di un incarico estraneo ai suoi compiti di istituto, un magistrato della sezione giurisdizionale sarda della Corte dei conti.

3.— Il remittente non mette in discussione la possibilità che siffatto incarico sia attribuito ad un magistrato contabile, ma si limita a censurare la previsione che egli sia scelto fra quelli appartenenti alla sezione giurisdizionale per la Sardegna, anzichè fra tutti i magistrati della stessa Corte dei conti.

Anche sotto questo profilo, questa Corte, nella citata sentenza n. 224 del 1999, ha chiarito che, di per sè, una siffatta limitazione territoriale non incide sullo status dei magistrati (e dunque non eccede la competenza regionale), nè dà luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento fra magistrati della stessa istituzione, ma esprime solo un criterio di scelta della persona da incaricare in base alle esigenze proprie della Regione, che può rispondere a legittime ragioni, ad esempio, di agilità organizzativa e di contenimento della spesa, prevedendosi l’attribuzione dell’incarico ad un magistrato che già operi, nei suoi compiti di istituto, nello stesso ambito territoriale ove dovrà essere svolto l’incarico medesimo.

In quel giudizio, tuttavia, la limitazione territoriale, per le caratteristiche degli incarichi allora in esame (di presidente o componente di organi di revisione di enti regionali) e per il contesto normativo in cui si collocava, é stata ritenuta in contrasto con le esigenze di salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità dei magistrati contabili in servizio nella Regione, per il rischio di un intreccio fra detti incarichi e le funzioni istituzionali svolte dalla sezione regionale della Corte dei conti; e per questo motivo essa é stata ritenuta costituzionalmente illegittima.

Diversa é la fattispecie oggetto del presente giudizio. L’Ufficio regionale del referendum, previsto dalla legge regionale della Sardegna, ha dei compiti ben delimitati, destinati ad essere svolti non continuativamente, ma solo in occasione della presentazione di richieste di referendum regionali, e consistenti nella verifica della legittimità delle richieste stesse (artt. 5, terzo comma, 6, settimo e ottavo comma, e 7 della legge regionale n. 20 del 1957, come modificati dagli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 25 del 1984). La sua composizione é mista, e vede la presenza di magistrati delle diverse magistrature (tutti scelti fra coloro che prestano servizio nel territorio regionale) e di funzionari della Regione (art. 6, primo e secondo comma, della stessa legge). L’unico compenso previsto per i componenti é un gettone di presenza per le sedute (art. 6, quinto comma). Non é prospettabile dunque alcun pericolo per l’indipendenza e l’imparzialità dei magistrati chiamati a svolgere siffatto incarico: fermo restando, in via generale, il compito del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, chiamato a conferire o ad autorizzare gli incarichi, di vegliare perchè l’espletamento degli stessi, "tenuto anche conto delle circostanze ambientali", non sia "suscettibile di determinare una situazione pregiudizievole per l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato", o per il prestigio e l’immagine della magistratura contabile (art. 2, comma 2, del d.P.R. 27 luglio 1995, n. 388, contenente "Regolamento recante norme sugli incarichi dei magistrati della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 58, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29").

D’altra parte, siffatto incarico non appare riconducibile ad alcuno dei casi di divieto previsti dall’art. 3, comma 6, del d.P.R. n. 388 del 1995: mentre fra i casi di incarichi espressamente consentiti ai magistrati della Corte dei conti, anche su indicazione nominativa dell’amministrazione richiedente, figurano, fra gli altri, quelli "presso autorità amministrative indipendenti, ovvero presso soggetti, enti e istituzioni, che svolgono compiti di alta amministrazione e di garanzia" (art. 3, comma 3, lettera b, e comma 4, del d.P.R. n. 388 del 1995).

La disposizione denunciata si sottrae dunque alle censure mosse dal giudice a quo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, primo comma, lettera d, della legge regionale della Sardegna 17 maggio 1957, n. 20 (Referendum popolare in applicazione degli artt. 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna), come sostituito dall’art. 2 della legge regionale 24 maggio 1984, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1957, n. 20, concernente: "Referendum popolare in applicazione degli articoli 32, 43 e 54 dello Statuto speciale per la Sardegna"), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 108 e 116 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1999.