SENTENZA N. 199
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 64 del regio decreto-legge 3 febbraio 1938, n. 744 (Norme sul reclutamento ed avanzamento dei sottufficiali e militari di truppa, nonchè sullo stato dei sottufficiali della regia aeronautica), convertito nella legge 16 febbraio 1939, n. 468, e dell’art. 30 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1997 dal Consiglio di Stato, sul ricorso proposto da Elmi Giovanni contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 151 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di Elmi Giovanni;
udito nell’udienza pubblica del 9 marzo 1999 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
udito l’avvocato Orazio Lupini per Elmi Giovanni.
Ritenuto in fatto
1. — Un aviere, arruolatosi volontariamente, veniva sorpreso ad assumere sostanze stupefacenti, e in conseguenza di tale infrazione alla disciplina militare era dapprima punito con la consegna di rigore per quattro giorni, e quindi "prosciolto dalla leva".
Detto provvedimento veniva impugnato dinanzi al tribunale amministrativo regionale, con la denuncia, fra l’altro, della illegittimità del procedimento con cui era stata irrogata la sanzione del proscioglimento, a causa dell’omessa previa contestazione dell’addebito. La sentenza di rigetto del tribunale amministrativo regionale era appellata dinanzi al Consiglio di Stato che rilevava, in fatto, non essere mai stato formalmente contestato all’aviere l’addebito nell’ambito del procedimento finalizzato alla sanzione espulsiva, non essendo sufficiente a tal fine la contestazione orale da parte della Commissione che aveva provveduto, contestualmente, a irrogare la consegna di rigore. In proposito il Consiglio di Stato osservava, in diritto, che il "proscioglimento dalla leva" costituisce una sanzione, la quale incide sullo status di militare, soggiungendo che all’epoca dei fatti (luglio 1990) l’ordinamento non prevedeva alcun obbligo di previa contestazione.
2. — Così ricostruita la fattispecie astratta di riferimento, il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale sia dell’art. 64 del regio decreto-legge 3 febbraio 1938, n. 744 (Norme sul reclutamento ed avanzamento dei sottufficiali militari di truppa nonchè sullo stato dei sottufficiali della regia aeronautica), convertito nella legge 16 febbraio 1939, n. 468, nella parte in cui non prevede che la cessazione dalla leva per motivi disciplinari debba essere preceduta dalla contestazione degli addebiti, sia dell’art. 30 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in cui non estende ai volontari di truppa dell’Aeronautica in ferma breve l’art. 64 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica), il quale a sua volta prevede la previa contestazione degli addebiti nel procedimento preordinato alla irrogazione di sanzioni disciplinari di stato.
Tali norme sarebbero in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza, essendo previsto l’obbligo della previa contestazione per l’irrogazione di sanzioni di status a carico di sottufficiali e militari di truppa dell’aeronautica in servizio permanente; dei militari di truppa della guardia di finanza e dei carabinieri; dei sottufficiali dell’esercito, della marina e dell’aeronautica; nonchè per l’irrogazione di sanzioni di corpo a carico dei militari di truppa dell’aeronautica in servizio volontario. L’esclusione dei volontari di truppa in ferma breve dalla garanzia della contestazione dell’addebito non sarebbe, perciò, sorretta da alcuna ragionevole giustificazione.
Le norme sopra indicate sarebbero altresì in contrasto con il combinato disposto degli artt. 52, terzo comma, 2 e 24 della Costituzione, dovendo i procedimenti disciplinari dei militari essere circondati da garanzie volte a tutelare, anche all’interno dell’ordinamento militare, i diritti fondamentali della persona, fra i quali rientra quello alla difesa che risulterebbe leso nell’ipotesi di omissione della previa contestazione degli addebiti.
Con riguardo alla rilevanza, il rimettente osserva che la mera convocazione dell’incolpato dinanzi al consiglio di disciplina non poteva, nel caso di specie, configurarsi quale contestazione formale dell’addebito, con ciò mostrando, implicitamente, di ritenere che il motivo d’appello basato sull’omessa contestazione si paleserebbe fondato qualora venissero dichiarate illegittime le norme denunciate.
Nel giudizio innanzi a questa Corte si é costituita la parte privata, facendo proprie le argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione.
Considerato in diritto
1. — Il Consiglio di Stato dubita, in riferimento all’art. 3 e al combinato disposto degli artt. 52, 2 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 64 del regio decreto-legge 3 febbraio 1938, n. 744, convertito nella legge 16 febbraio 1939, n. 468, e dell’art. 30 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, nella parte in cui non prevedono la previa contestazione degli addebiti nel procedimento tendente all’irrogazione di sanzioni disciplinari di status a carico di militari di truppa in servizio volontario nell’Aeronautica.
2. — La questione sollevata con riferimento all’art. 30 del decreto legislativo n. 196 del 1995 é inammissibile. Le disposizioni in esso contenute sono infatti applicabili a decorrere dal 1° settembre 1995 (art. 42 di detto decreto legislativo), con la conseguenza che l’art. 30 in esame non poteva, nè avrebbe potuto, trovare applicazione nel giudizio a quo, essendo divenuto efficace successivamente ai fatti che diedero origine alla controversia sottoposta alla cognizione del Collegio rimettente. Tale articolo é inoltre censurato nella parte in cui non prevede l’applicazione d’una norma procedurale, qual é quella della previa contestazione degli addebiti, che per definizione non é suscettibile di retroattività, salvi i casi in cui questa sia espressamente stabilita dal legislatore. In assenza di una simile previsione nel decreto legislativo n. 196 del 1995, si deve ritenere che tutte le norme processuali ivi contenute - o richiamate attraverso la relatio alla legge n. 599 del 1954 - non siano suscettibili di applicazione retroattiva, secondo il principio tempus regit actum.
3. — La questione di legittimità costituzionale dell’art. 64 del regio decreto-legge n. 744 del 1938 é invece infondata con riferimento a tutti i parametri invocati.
Questa Corte ha già affermato, in più occasioni, che il diritto di difesa é indefettibile, anche nei procedimenti finalizzati a irrogare ai militari sanzioni disciplinari sia di status (sentenze nn. 240 del 1997, 126 del 1995, 197 del 1994, 17 del 1991) sia di corpo (sentenza n. 32 del 1992). Tuttavia, l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata potrebbe essere dichiarata, nel caso di specie, soltanto se mancasse nell’ordinamento una norma che imponga all’amministrazione della difesa di contestare previamente gli addebiti al militare di truppa dell’Aeronautica in servizio volontario. Ma questa lacuna non esiste.
Il giudice a quo ha accertato che - al momento della commissione dell’illecito da cui é scaturita l’irrogazione della sanzione di stato - l’incolpato aveva, ai sensi dell’art. 11, quarto comma, della legge n. 212 del 1983, lo status di militare di truppa in servizio volontario. In proposito va rilevato come l’art. 35, quinto comma, della legge n. 958 del 1986, stabilisca che "per il proscioglimento della ferma volontaria contratta si applicano le specifiche norme di cui al titolo III della legge 31 luglio 1954, n. 599, e successive modifiche, nonchè quelle previste dalla legge 10 maggio 1983, n. 212, per gli allievi sottufficiali"; e va sottolineato come nello stesso articolo siano disciplinati, al primo comma, la domanda di commutazione della leva in ferma prolungata e al secondo comma l’arruolamento volontario. Ciò induce a ritenere che il quinto comma, sopra trascritto, abbia portata generale e si applichi a tutte le ipotesi in cui un rapporto di servizio del militare di truppa, volontariamente iniziato, sia prodromico all’assunzione del grado di sottufficiale, tanto in servizio permanente, quanto in ferma prolungata.
Il richiamo al titolo III della legge n. 599 del 1954, contenuto nell’art. 35, quinto comma, della legge n. 958 del 1986, fa sì che al militare di truppa - arruolatosi volontariamente con la prospettiva di conseguire il grado di sottufficiale alla scadenza del dodicesimo mese di servizio - si applichi l’art. 40 della legge n. 599 del 1954, il quale statuisce che la cessazione dalla ferma volontaria, o dalla rafferma, se disposta per motivi disciplinari, debba essere preceduta da inchiesta formale. E questa "comporta la contestazione degli addebiti con facoltà al sottufficiale di presentare le sue discolpe" (art. 64 della legge n. 599 del 1954).
Ne consegue che, contrariamente all’avviso del Collegio rimettente, non sussiste nell’ordinamento la denunciata lacuna, perchè si prevede espressamente, attraverso un rinvio, l’obbligo della previa contestazione dell’addebito per tutti i casi di proscioglimento dalla ferma volontaria. Sebbene tale rilievo abbia carattere assorbente, mette conto ricordare altresì che l’obbligo della previa contestazione, nel procedimento finalizzato all’irrogazione d’una sanzione disciplinare di status, é principio generale dell’ordinamento, desumibile dall’art. 15 della legge n. 382 del 1978, su cui si é già espressa la giurisprudenza amministrativa, sostenendo che la previa contestazione dell’addebito sottende un’esigenza comune a tutti i procedimenti disciplinari che (pur in assenza di norme espresse) si ricollega al diritto di difesa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
a) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), sollevata, con riferimento all’art. 3 e al combinato disposto degli artt. 52, 2 e 24 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza in epigrafe;
b) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 64 del regio decreto-legge 3 febbraio 1938, n. 744 (Norme sul reclutamento ed avanzamento dei sottufficiali e militari di truppa, nonchè sullo stato dei sottufficiali della regia aeronautica), convertito nella legge 16 febbraio 1939, n. 468, sollevata, con riferimento all’art. 3 e al combinato disposto degli artt. 52, 2 e 24 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 1999.