Sentenza n. 140/99

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SENTENZA N.140

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito: a) della delibera della Giunta regionale della Lombardia n. 23995 del 13 gennaio 1997 recante: "Determinazioni in merito alle disposizioni di cui all'art. 8, comma 5, dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 relativamente all'istituto dell'accreditamento", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 4 aprile 1997, depositato in Cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 13 del registro conflitti 1997; b) del d.P.R. 14 gennaio 1997 recante "Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private", promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 21 aprile 1997, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 25 del registro conflitti 1997.

Visti gli atti di costituzione della Regione Lombardia e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi l'Avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e gli Avvocati dello Stato Raffaele Tamiozzo e Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 4 aprile 1997, il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro della sanità, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Lombardia, impugnando la deliberazione della Giunta regionale n. 23995 del 13 gennaio 1997, recante "Determinazioni in merito alle disposizioni di cui all’art. 8, comma 5, dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 relativamente all’istituto dell’accreditamento", emanata sui presupposti della mancata adozione dell’atto di indirizzo e coordinamento relativo ai requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie, di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni, da un lato, e della scadenza del termine biennale previsto dall’art. 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 per l’accreditamento transitorio dei soggetti convenzionati e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialità del nuovo rapporto fondato sull’accreditamento.

I ricorrenti chiedono l’annullamento dell’atto impugnato in quanto gravemente invasivo delle attribuzioni costituzionali dello Stato in materia di disciplina delle attività di ricovero e cura rese in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, di fissazione dei criteri di accreditamento delle strutture pubbliche e private e di individuazione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle predette strutture, in violazione degli artt. 32, 118 e 119 della Costituzione, nonchè dell’art. 8, commi 4 e 7, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; dell’art. 9, comma 1, lettera g), del d. lgs. 7 dicembre 1993, n. 517; dell’art. 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724; dell’art. 8, comma 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; dell’art. 2, commi 5 ed 8, della legge 28 dicembre 1995, n. 549; dell’art. 1, commi 4 e 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Al riguardo, nel ricorso si espone che con la deliberazione impugnata, la Regione Lombardia ha disposto che nelle more dell’emanazione del provvedimento di cui al più volte citato art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, con decorrenza 1° gennaio 1997 siano accreditate:

a.                      le strutture di ricovero e cura già accreditate per il biennio 1995/1996;

b.                      le strutture sanitarie autorizzate ed in esercizio alla data del 13 gennaio 1997;

c.                      le strutture che ottengano l’autorizzazione all’apertura ed all’esercizio nel periodo compreso tra l’adozione della deliberazione e l’emanazione dei provvedimenti regionali di accreditamento attuativi delle disposizioni di cui all’art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo;

d.                     le strutture già transitoriamente accreditate per il biennio 1995/1996, che entro trenta giorni chiedano di modificare la propria organizzazione funzionale, nel rispetto del numero dei posti letto autorizzati, anche con l’istituzione di nuove specialità mediche.

In tal modo sarebbe, di fatto, abolita ogni barriera all’entrata di nuovi soggetti erogatori sul mercato, senza parallelamente provvedere ad introdurre forme di regolazione atte a prevenire e contrastare inconvenienti quali, ad esempio, la formazione di un regime sanitario a doppia velocità, nel senso di far gravare solo sulle strutture pubbliche determinati oneri, come i servizi non necessariamente remunerativi, oppure funzioni di carattere clinico meno premianti.

Nel provvedimento di cui trattasi, inoltre, non si farebbe alcun cenno ai criteri che si intendono adottare per procedere alla contrattazione per la allocazione delle risorse regionali destinate al finanziamento dell’assistenza ospedaliera, con violazione non solo dell’art. 118, ma altresì dell’art. 119 della Costituzione.

Nè l’operato della Regione Lombardia sarebbe giustificato alla luce del principio della libera scelta da parte dell’assistito.

2.- Con atto depositato in data 21 aprile 1997 si é costituita in giudizio la Regione Lombardia, eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità, anche per tardività, del ricorso e chiedendo che lo stesso sia respinto per infondatezza, riservandosi di controdedurre più specificamente.

3.- Nell’imminenza della data fissata per la udienza pubblica, ciascuna delle parti ha depositato una memoria, con la quale ribadisce le proprie ragioni.

In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri ha fatto presente che alcune Regioni, tra cui la Regione Lombardia, in ottemperanza a quanto prescritto dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al d.P.R. 14 gennaio 1997, hanno provveduto ad emanare vari provvedimenti (leggi regionali e/o decreti giuntali), contenenti le norme in materia di autorizzazioni e di accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private.

La Regione Lombardia, infatti, ha emanato la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31, concernente norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali, e la conseguente deliberazione di Giunta (prevista dall’art. 12, commi 3 e 4 della predetta legge regionale), con cui ha provveduto a definire i requisiti e gli indicatori per l’accreditamento delle strutture sanitarie, con indicazione analitica dei criteri e degli indicatori di riferimento.

Dall’esame di tale ultimo provvedimento il ricorrente ritiene che la Regione Lombardia si sia adeguata alle indicazioni ed alle prescrizioni di cui al più volte citato atto governativo di indirizzo e coordinamento. Tuttavia, nella considerazione che i tempi per l’adeguamento delle strutture sanitarie pubbliche e private già autorizzate e in esercizio ai requisiti minimi stabiliti dal decreto stesso sono previsti, in conformità a quanto stabilito dall’art. 3, comma 3, dello stesso d.P.R. 14 gennaio 1997, in anni cinque - con la conseguenza che la deliberazione impugnata continuerebbe a produrre effetti per il periodo antecedente alla emanazione dell’atto di governo - permarrebbe l'interesse alla declaratoria di illegittimità.

La Regione Lombardia, con la memoria, eccepisce nell'ordine, le seguenti eccezioni:

a) inammissibilità del ricorso, in quanto promosso, oltre che dal Presidente del Consiglio dei ministri, anche dal Ministro della sanità, giacchè, con riferimento all'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87 ed alla conforme giurisprudenza costituzionale, i conflitti in questione devono svolgersi esclusivamente nel contraddittorio del Presidente del Consiglio dei ministri, da un lato, e del Presidente della Regione, dall'altro, mentre il singolo ministro può essere legittimato a proporre conflitto di attribuzione contro le Regioni solo nei limiti di cui al terzo comma del citato art. 39;

b) irricevibilità del ricorso, giacchè il termine per la proposizione dello stesso decorre dall’avvenuta conoscenza dell’atto impugnato da parte dello Stato-persona, attraverso i suoi organi centrali e decentrati, ovvero dalla pubblicazione dell’atto nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, intervenuta in data 24 gennaio 1997.

Quanto alla prima ipotesi, rileva che la deliberazione di Giunta regionale é stata dichiarata esecutiva dalla Commissione di controllo in data 22 gennaio 1997.

Ne deriva, in primo luogo, che l’apposizione del visto di esecutività precluderebbe la successiva proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato; in secondo luogo, l’intervenuta approvazione da parte della Commissione di controllo (gli atti della quale sono indubbiamente imputabili allo Stato) costituirebbe il termine da cui computare la conoscenza dell’atto in questione da parte dello Stato.

Quanto alla seconda ipotesi, l’atto in contestazione é stato pubblicato nel BURL del 24 gennaio 1997, con la conseguenza che da tale data decorre il termine per l’impugnazione della delibera.

Nel merito la Regione Lombardia espone ampiamente le ragioni che dovrebbero condurre all’infondatezza del conflitto, e conclude sottolineando come il Decreto della Giunta regionale n. 39133/98 si adegui puntualmente alla normativa.

4.- Con ricorso notificato il 21 aprile 1997 e depositato il 29 aprile 1997, la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 14 gennaio 1997, portante "Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private", sia nel suo complesso che in specie con riferimento all’art. 1, nella parte in cui, pur dichiarando di mantenere ferma la competenza regionale, approva i requisiti minimi; all’art. 2, nella parte in cui tale disposizione impone il rispetto di requisiti minimi generali e specifici e detta criteri generali per la determinazione dei requisiti ulteriori rispetto a quelli minimi generali di cui all’art. 1, per gli standard di qualità per l’accreditamento di strutture sanitarie pubbliche e private; all’art. 3 (Modalità di applicazione), portante disciplina dell’efficacia dell’atto di indirizzo e coordinamento, con particolare riguardo all’incidenza della disciplina stessa sulla realizzazione di nuove strutture e sull'ampliamento o trasformazione di quelle esistenti; nonchè quanto alle tabelle approvate in allegato, portanti l’elencazione dei requisiti minimi generali di natura organizzativa, strutturale e tecnologica e dei requisiti minimi specifici, sotto gli stessi profili, per le prestazioni di assistenza in regime ambulatoriale e in regime di ricovero.

La ricorrente Regione assume che l’atto de quo, che trova il suo fondamento nell’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni, contiene l’approvazione dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi, individuati in allegato, e suddivisi in requisiti organizzativi generali, requisiti strutturali e tecnologici generali, requisiti specifici strutturali, tecnologici ed organizzativi per le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale e per le strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero.

La disciplina di tali requisiti minimi generali sotto il profilo organizzativo contiene, tuttavia, prescrizioni indirizzate direttamente ai direttori generali delle unità sanitarie locali, anzichè alle Regioni, violando le competenze legislative o regolamentari ed amministrative costituzionalmente attribuite a queste ultime dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, esorbitando dalla sua funzione istituzionale e dal suo fondamento legislativo, come individuato dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992 e contravvenendo ai precetti dettati in materia di indirizzo e coordinamento dalla Corte costituzionale.

La lesione delle competenze regionali sarebbe, altresì, ravvisata anche nella disciplina dei "requisiti minimi strutturali tecnologici e organizzativi specifici", la quale, lungi dal porre principi fondamentali, conterrebbe puntuali e dettagliate disposizioni che penalizzerebbero gli spazi di autonomia necessari allo svolgimento delle funzioni regionali, con conseguente violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, anche alla luce del riparto delle competenze di cui alla legge n. 833 del 1978; dell’art. 97 della Costituzione, nonchè dello stesso art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992 sotto il profilo della carenza di fondamento legislativo e della violazione del principio di legalità.

Ad avviso della ricorrente l’atto impugnato introdurrebbe previsioni duramente penalizzanti sotto il profilo dell’entrata in vigore della disciplina e degli effetti di essa sulla normativa regionale vigente (cfr., in particolare, le leggi regionali della Lombardia 7 giugno 1980, n. 79; 17 febbraio 1986, n. 5; 6 febbraio 1990, n. 7), in quanto il primo ed il secondo comma dell’art. 3 fornirebbero interpretazioni diverse per dare attuazione alle disposizioni in esso contenute.

5.- Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero infondato, riservandosi di controdedurre più specificamente.

6.- Nell’imminenza della data fissata per la udienza pubblica, ciascuna delle parti ha depositato una memoria, con la quale ribadisce le proprie ragioni.

In particolare, la Regione Lombardia fa presente che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I-bis, con varie pronunzie, ha parzialmente annullato il d.P.R. 14 gennaio 1997, nelle parti relative all’introduzione, con i relativi criteri, dei requisiti "ulteriori" per l’accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l’autorizzazione.

Inoltre la recente legge 30 novembre 1998, n. 419, recante "Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo n. 502 del 1992" ha attribuito al Governo il potere di definire, ai fini dell’accreditamento in questione, standard minimi di strutture, attrezzature e personale.

Tuttavia, un ulteriore aspetto della illegittima invasività operata dall’impugnato d.P.R. viene evidenziato nel fatto che esso detta prescrizioni indirizzate non alle Regioni, bensì direttamente alle aziende sanitarie nazionali ed ai loro direttori generali.

Anche il Presidente del Consiglio ribadisce le proprie ragioni, sottolineando la necessità di un atto di indirizzo e coordinamento diretto ad uniformare e qualificare il Servizio sanitario nazionale e a predisporre da parte delle Regioni adeguati controlli sull’esistenza dei requisiti minimi e sugli ulteriori standard.

Considerato in diritto

1.- Con il ricorso notificato il 4 aprile 1997 (r. confl. n.13 del 1997) il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro della sanità hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Lombardia, impugnando la deliberazione della Giunta regionale n. 23995 del 13 gennaio 1997, recante "Determinazioni in merito alle disposizioni di cui all’art. 8, comma 5, dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 relativamente all’istituto dell’accreditamento".

Con successivo ricorso notificato il 21 aprile 1997 (r. confl. n. 25 del 1997) la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 14 gennaio 1997, portante "Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private", sia nel suo complesso che in specie con riferimento all’art. 1, nella parte in cui, pur dichiarando di mantenere ferma la competenza regionale, approva i requisiti minimi; all’art. 2, nella parte in cui tale disposizione impone il rispetto di requisiti minimi generali e specifici e detta criteri generali per la determinazione dei requisiti ulteriori rispetto a quelli minimi generali di cui all’art. 1, per gli standard di qualità per l’accreditamento di strutture sanitarie pubbliche e private; all’art. 3 (Modalità di applicazione), portante disciplina dell’efficacia dell’atto di indirizzo e coordinamento, con particolare riguardo all’incidenza della disciplina stessa sulla realizzazione di nuove strutture e sull'ampliamento o trasformazione di quelle esistenti; nonchè quanto alle tabelle approvate in allegato, portanti l’elencazione dei requisiti minimi generali di natura organizzativa, strutturale e tecnologica e dei requisiti minimi specifici, sotto gli stessi profili, per le prestazioni di assistenza in regime ambulatoriale e in regime di ricovero.

Stante la evidente connessione oggettiva e soggettiva i ricorsi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2.- Preliminarmente deve essere preso in considerazione il ricorso n. 13 del 1997 ed esaminata l'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla Regione Lombardia, sotto il profilo che il ricorso é stato promosso, oltre che dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro della sanità.

E' esatto che il singolo ministro, in assenza della ipotesi di delega da parte del Presidente del Consiglio dei ministri - che qui non ricorre non essendo stata neppure indicata nè l'esistenza di delega, nè la qualità in nome e per conto del delegante, peraltro presente come primo ricorrente in sede di proposizione del ricorso - non sia legittimato a proporre per lo Stato conflitto di attribuzioni nei confronti della Regione.

La mancanza di legittimazione da parte del ministro non comporta peraltro la inammissibilità del presente conflitto ritualmente proposto dal Presidente del Consiglio, cui spetta la legittimazione a sollevare i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni, previa deliberazione del Consiglio dei ministri (sentenza n. 172 del 1983).

3.- E’, invece, fondata l'altra eccezione, sollevata sempre dalla Regione Lombardia, relativa alla tardività del ricorso (notificato il 4 aprile 1997), in quanto proposto oltre sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato (deliberazione della Giunta regionale della Lombardia 13 gennaio 1997, n. 23995) nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 24 gennaio 1997 (sentenza n. 286 del 1985).

Detta pubblicazione é normativamente prevista come forma di pubblicità integrale degli atti regionali (come nella fattispecie) contenenti indirizzi rivolti con carattere di generalità ad amministrazioni pubbliche o a categorie di soggetti (art. 2, numero 2, della legge regionale della Lombardia 23 aprile 1985, n. 33), ed é intervenuta dopo che l'atto era stato dichiarato esecutivo dalla Commissione di controllo. Ma tale effetto (ai fini della decorrenza del termine di impugnazione) della pubblicazione nel Bollettino Ufficiale può verificarsi anche quando la inserzione nella Gazzetta o Bollettino abbia "uno scopo di mera pubblicità", tutte le volte che per l'ordinamento vi sia un rapporto di coessenzialità tra pubblicazione su giornale ufficiale di un determinato atto e la produzione di effetti giuridici tipici, compresa la sua conoscenza legale (sentenza n. 611 del 1987).

In realtà quando un atto ufficiale é diretto a destinatari non determinati singolarmente e, come tale, ha un’efficacia indivisibile o non differenziabile da soggetto a soggetto, la sua pubblicazione é assorbente e determinante rispetto a qualsiasi altra forma di conoscenza legale (sentenza n. 611 del 1987).

In ogni caso, trattandosi di atto, per il quale, rispetto al Presidente del Consiglio, non si può fare questione di soggetto contemplato o al quale si riferisce l’atto o di destinatario di specifica necessaria comunicazione, la conoscenza legale coincide con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale (v. sentenza n. 611 del 1987; n. 158 del 1976).

Del resto l'art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 fa decorrere il termine per produrre il ricorso per conflitto di attribuzioni "dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato", con richiamo a criterio identico a quello previsto per la giustizia amministrativa (sentenza n. 611 del 1987; n.132 del 1976).

Nello stesso tempo l'atto impugnato contiene la formula della pubblicazione nel Bollettino, con carattere creativo dell'obbligo di pubblicazione - come sostenuto dalla difesa dello Stato in sede di discussione orale - ma attuativo della pubblicità prescritta dalla citata legge regionale n. 33 del 1985.

4.- Passando all’esame del conflitto n. 25 del 1997, deve essere rilevato preliminarmente che, per concorde ammissione delle parti (Presidente del Consiglio dei ministri e Regione Lombardia), in adeguamento alle indicazioni dell’atto di indirizzo e coordinamento impugnato (d.P.R. 14 gennaio 1997), la Regione Lombardia ha emanato la legge regionale 11 luglio 1997, n. 31, concernente norme per il riordino del servizio sanitario regionale e la conseguente deliberazione di Giunta regionale 6 agosto 1998 n. 6/38133 (ai sensi dell’art. 12, commi 3 e 4 della stessa legge regionale), con cui sono stati definiti i requisiti e gli indicatori delle strutture sanitarie.

Inoltre, il d.P.R. 14 gennaio 1997 - a prescindere dall’annullamento intervenuto per la parte che qui interessa con tre pronunce del Tar Lazio, che non risultano nè oggetto di pronuncia di sospensione dell’esecutività nè passate in cosa giudicata - é insuscettibile di ulteriore applicazione nella Regione Lombardia e non può produrre alcun pregiudizio lesivo per la sfera delle competenze della stessa Regione.

Infatti, per effetto della contestuale dichiarazione di inammissibilità per tardività del conflitto proposto dallo Stato contro la deliberazione della Giunta della Regione Lombardia n. 23995 del 13 gennaio 1997, per il periodo anteriore all'applicabilità delle citate disposizioni regionali sopravvenute (legge regionale della Lombardia 11 luglio 1997, n. 31 e deliberazione di Giunta 6 agosto 1998 n. 6/38133) rimane incontestato l'assetto derivante dalla deliberazione suddetta. A sua volta, detto assetto é stato sostituito, per il periodo successivo, dalla vigente legge regionale 11 luglio 1997, n. 31 e conseguente deliberazione di attuazione che - si noti - si sono adeguate al sistema dei requisiti fissati dallo Stato per l’esercizio delle attività sanitarie e per quelli ulteriori relativi all’accreditamento.

Nel contempo é sopravvenuta la nuova normativa statale (legge 30 novembre 1998, n. 419), che ha conferito al Governo i poteri per le modificazioni ed integrazioni del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, con specifici criteri che riconducono espressamente nella programmazione sanitaria la scelta dell’assistito nei confronti delle strutture e dei professionisti accreditati con i quali il Servizio sanitario nazionale intrattenga appositi rapporti, prevedendo obiettivi anche di efficienza dei servizi, nonchè la determinazione di un modello di accreditamento in applicazione dei criteri posti dall’art. 2 del d.P.R. 14 gennaio 1997 e, infine, la definizione di standard minimi di strutture ai fini dell’accreditamento con richiamo espresso al succitato d.P.R. 14 gennaio 1997 (art. 2, lettere d), g), gg) e hh), della legge 30 novembre 1998, n. 419).

Di conseguenza, é sopravvenuto il difetto di interesse della Regione Lombardia alla risoluzione del conflitto di attribuzione sul d.P.R. 14 gennaio 1997 e, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità anche del secondo ricorso preso in esame.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

a.                      dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dallo Stato nei confronti della Regione Lombardia, con il ricorso indicato in epigrafe;

b.                      dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione, sollevato dalla Regione Lombardia, nei confronti dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe.

c.                     

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 aprile 1999.