ORDINANZA N. 135
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1997 dal Tribunale di Macerata, iscritta al n. 528 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che con ordinanza in data 10 giugno 1997 il Tribunale di Macerata, nel corso di un procedimento penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altro soggetto concorrente nel medesimo reato, nella quale, pur non essendo stata valutata la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale, sia stata tuttavia valutata positivamente una prova rilevante per la sua posizione;
che il remittente riferisce che due componenti del collegio hanno già giudicato, in procedimento separato e quali membri di altro collegio, due concorrenti nel medesimo reato ascritto ai due imputati attualmente sottoposti a giudizio;
che – espone ancora il giudice a quo – la Corte d'appello di Ancona, pronunciandosi su una dichiarazione di ricusazione, relativa ai due magistrati avanzata dai due residui coimputati, l'ha dichiarata inammissibile per tardività, osservando tuttavia che l'incompatibilità conseguirebbe a quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 371 del 1996, con la quale é stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata;
che, ad avviso del remittente, il processo sottoposto al suo esame pone una questione estranea al tessuto argomentativo della richiamata sentenza, poichè nel pronunciarsi nei confronti di un concorrente il tribunale non pervenne affatto a una valutazione della responsabilità dei correi allora estranei al processo ed attualmente sottoposti al suo giudizio, ma si limitò a valutare una prova rilevante anche nel successivo giudizio nei confronti degli altri concorrenti;
che il Tribunale di Macerata, ritenendo che anche in questa ipotesi gli artt. 3 e 24 della Costituzione sarebbero violati per la possibilità che il giudice nel successivo giudizio sia prevenuto, sollecita una ulteriore sentenza additiva sull'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale nei termini sopra riferiti.
Considerato che, secondo l'ordinanza di rimessione, la logica sottesa alla sentenza n. 371 del 1996 comporterebbe che il giudice che si sia pronunciato in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni concorrenti sia per ciò solo colpito da incompatibilità in relazione al processo che venga successivamente celebrato nei confronti di altro o altri concorrenti;
che, invece, quella sentenza mantiene espressamente ferma la precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale alle sentenze n.186 del 1992 e n. 439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di persone nel reato, la autonomia delle posizioni di ciascun concorrente consente, pur nella naturalistica unitarietà della fattispecie, una segmentazione di processi e la scomposizione del fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in processi distinti, senza che la decisione dell'uno possa influenzare quella dell'altro;
che con la sentenza n. 371 del 1996 si é però affermato che il principio costituzionale del giusto processo impedisce che uno stesso giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato;
che l'incompatibilità del giudice non può essere dunque estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti dei concorrenti nel reato, ma deve essere circoscritta ai casi in cui, con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilità penale di un terzo concorrente nel medesimo reato;
che l'avere in una precedente sentenza valutato una prova nei confronti di un imputato non significa necessariamente esprimere valutazioni circa la responsabilità penale degli ulteriori concorrenti nel reato rimasti estranei al processo;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Macerata con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in cancelleria il 16 aprile 1999.