Ordinanza n. 127/99

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ORDINANZA N. 127

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 30 aprile 1997 dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, ed il 9 giugno 1997 dal Pretore di Bassano del Grappa, rispettivamente iscritte ai nn. 481 e 745 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 30 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, con ordinanza in data 30 aprile 1997 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice, che abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen. nei confronti di uno o più concorrenti nel reato, a giudicare con il rito ordinario altri concorrenti nel medesimo reato;

che il remittente riferisce che egli ha già pronunciato, previa separazione del processo, sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., nei confronti di un concorrente nel medesimo reato ascritto anche agli imputati ora sottoposti al suo giudizio, e che il presidente del tribunale ha rigettato la sua successiva dichiarazione di astenersi nel giudizio nei confronti dei concorrenti;

che uno dei coimputati – riferisce ancora il remittente - ha presentato in prosieguo dichiarazione di ricusazione, che é stata però respinta dal tribunale;

che l'ordinanza richiama la sentenza n. 371 del 1996, con la quale questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata;

che, alla luce di tale pronuncia – argomenta il giudice a quo – la valutazione di merito, compiuta nella sentenza che ha definito il rito speciale, in ordine alla rilevanza penale di una condotta ascritta, a titolo di concorso, a più imputati, non potrebbe non riflettersi sulla posizione dei concorrenti che lo stesso giudice sia chiamato successivamente a giudicare con rito ordinario, "attesa la struttura unitaria che il reato commesso in concorso di persone – ancorchè eventuale e non già necessario – presenta";

che, per ovviare alla vulnerazione che altrimenti ne conseguirebbe al principio del giusto processo, si imporrebbe un ulteriore intervento additivo sull'art. 34 del codice di procedura penale nei termini prospettati;

che, con altra ordinanza in data 9 giugno 1997, il Pretore di Bassano del Grappa ha sollevato, in riferimento ai medesimi parametri, analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di altri soggetti, chiamati a rispondere della stessa imputazione in concorso di persone con il primo;

che, con argomentazioni non dissimili da quelle contenute nella precedente ordinanza, il remittente osserva che con la sentenza che ha definito il rito speciale egli ha comunque esaminato il merito dell'accusa, pervenendo alla conclusione che non ricorrevano i presupposti di una sentenza di proscioglimento degli imputati che avevano richiesto la pena concordata;

che tale valutazione, a suo avviso, non potrebbe non riflettersi sulla posizione dei residui concorrenti che hanno inteso affrontare il rito ordinario, in quanto la sentenza di applicazione della pena su richiesta implicherebbe quanto meno l'opinione della sussistenza del fatto e della sua previsione come reato;

che in difetto di una dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua dell'art. 34 del codice di procedura penale verrebbe violato il principio del giusto processo, la cui latitudine sarebbe maggiore della questione decisa dalla sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte;

che in quest'ultimo giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che le due ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, censurata sotto identici profili, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che i remittenti dubitano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice, che abbia pronunciato sentenza di cui all'art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di un imputato di reato a titolo di concorso eventuale, a giudicare con il rito ordinario altri concorrenti nel medesimo reato;

che, secondo le ordinanze di remissione, la logica sottesa alla sentenza n.371 del 1996 comporterebbe che il giudice che si sia pronunciato in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni concorrenti sia per ciò solo colpito da incompatibilità in relazione al processo che venga successivamente celebrato nei confronti di altro o altri concorrenti;

che, invece, quella sentenza mantiene espressamente ferma la precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale alle sentenze n. 186 del 1992 e n. 439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di persone nel reato, la autonomia delle posizioni di ciascun concorrente consente, pur nella naturalistica unitarietà della fattispecie, una segmentazione di processi e la scomposizione del fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in processi distinti, senza che la decisione dell'uno possa influenzare quella dell'altro;

che con la sentenza n. 371 del 1996 si é però affermato che il principio costituzionale del giusto processo impedisce che uno stesso giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato;

che l'incompatibilità del giudice non può essere dunque estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti dei concorrenti nel reato, ma deve essere circoscritta ai casi in cui, con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilità penale di altro coimputato rimasto formalmente estraneo al processo;

che adottare una sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di alcuni dei concorrenti nel reato non significa necessariamente esprimere valutazioni circa la responsabilità degli ulteriori concorrenti estranei al processo;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, e dal Pretore di Bassano del Grappa con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 aprile 1999.