Ordinanza n. 75/99

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ORDINANZA N.75

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI  

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 82, terzo comma, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 20 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace); dell’art. 47 della medesima legge 21 novembre 1991, n. 374; dell’art. 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), promosso con ordinanza emessa il 2 luglio 1998 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra le associazioni culturali "Teatro Aperto" e "Teatri Possibili", iscritta al n. 731 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che nel corso di un giudizio nel quale l’avvocato che rappresentava e difendeva la parte attrice aveva conferito la delega per essere sostituito in udienza ad un laureato in giurisprudenza, iscritto nel registro dei praticanti avvocati ed ammesso ad esercitare il patrocinio davanti alle preture del distretto, il Pretore di Milano, con ordinanza emessa il 2 luglio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: dell’art. 82, terzo comma, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 20 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace); dell’art. 47 della medesima legge 21 novembre 1991, n. 374; dell’art. 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore);

che queste disposizioni, secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente e che il giudice rimettente condivide, consentirebbero al praticante avvocato, dopo un anno dalla iscrizione nell’apposito registro tenuto dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, di essere ammesso ad esercitare temporaneamente il patrocinio e la difesa per tutte le cause di competenza del pretore davanti alle preture del distretto;

che il Pretore di Milano, nel motivare il denunciato contrasto con l’art. 33, quinto comma, della Costituzione, ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che la legge può riservare l’esercizio di determinate attività professionali a soggetti iscritti, sulla base di requisiti culturali, in appositi albi, ma in tal caso é necessaria una verifica dell’idoneità tecnica mediante l’esame di Stato richiesto per l’abilitazione all’esercizio professionale; lo stesso giudice ritiene che ammettere al patrocinio, anche per cause che possono presentare notevoli difficoltà, i praticanti avvocati, i quali non hanno ancora superato l’esame di Stato prescritto per l’esercizio della professione, possa essere in contrasto con il diritto di difesa in giudizio (art. 24, secondo comma, della Costituzione), giacchè non sarebbe assicurata alle parti una difesa tecnica adeguata alle conseguenze permanenti che possono loro derivare, tanto più che il valore delle cause di competenza del pretore é stato decuplicato (art. 8 cod. proc. civ., nel testo sostituito dall’art. 3 della legge 26 novembre 1990, n. 353 e successive modificazioni). Inoltre, consentire ai praticanti avvocati la rappresentanza e difesa in giudizio determinerebbe, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, una irragionevole disparità nel trattamento di situazioni analoghe, sia perchè nelle altre professioni per il cui esercizio é egualmente prescritto il superamento di un esame di Stato i praticanti non potrebbero svolgere neppure temporaneamente e per questioni di minore importanza la relativa professione, sia perchè, nell’ambito del patrocinio cui sono ammessi i praticanti avvocati a seguito della prevista soppressione delle preture, alcune cause pendenti davanti al pretore verranno decise da questo giudice con la difesa affidata a praticanti avvocati, mentre altre proseguiranno dinanzi al giudice unico, davanti al quale, secondo il giudice rimettente, tale patrocinio non sarà ammesso.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale investe esclusivamente l’art. 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), quale risulta dal testo prima sostituito dall’art. 1 della legge 24 luglio 1985, n. 406 (Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle preture e degli esami per la professione di procuratore legale) e poi modificato, solo per la durata del patrocinio consentito ai praticanti, dall’art. 10 della legge 27 giugno 1988, n. 242 (Modifiche alla disciplina degli esami di procuratore legale): difatti é questa la norma che consente ai praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nell’apposito registro speciale tenuto dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, di essere ammessi ad esercitare il patrocinio, per un periodo non superiore a sei anni, davanti alle preture del distretto, mentre invece le altre disposizioni denunciate non disciplinano tale situazione;

che la legge può riservare agli iscritti in appositi albi l’esercizio di determinate professioni, che presuppongono una particolare capacità tecnica e richiedono, per assicurare il corretto svolgimento dell’attività professionale, sia a garanzia della collettività che a protezione dei destinatari delle prestazioni, una specifica idoneità (sentenze n. 456 del 1993, n. 29 del 1990 e n. 77 del 1964). Per l’abilitazione all’esercizio professionale é prescritto un esame di Stato (art. 33, quinto comma, Cost.), che consente di verificare l’idoneità tecnica di chi, avendo i requisiti richiesti, intenda accedere alla professione ottenendo l’iscrizione nell’apposito albo. Il legislatore può stabilire che in taluni casi si prescinda dall’esame di Stato (sentenza n. 127 del 1985), quando l’idoneità tecnica sia stata in altro modo verificata e sussistano apprezzabili ragioni che giustifichino l’eccezione;

che la disposizione denunciata, consentendo di ammettere i laureati in giurisprudenza, che svolgono la pratica professionale ed hanno frequentato per un anno lo studio di un avvocato, ad esercitare il patrocinio per un tempo determinato e per questioni di limitata competenza, si inserisce nel sistema della pratica forense, che deve essere lodevolmente e proficuamente esercitata per almeno due anni compiendo attività proprie della professione, le quali costituiscono elemento della formazione professionale (artt. 2 e 6 del d.P.R. 10 aprile 1990, n. 101), prima che il praticante sia ammesso a sostenere gli esami di abilitazione, superati i quali può conseguire l’iscrizione nell’albo professionale;

che la temporanea e limitata ammissione al patrocinio nel contesto della pratica professionale presuppone una previa verifica e valutazione, da parte dello stesso ordine professionale, del tirocinio già svolto presso lo studio e sotto il controllo di un avvocato (artt. 7 e 8 del d.P.R. n. 101 del 1990) e non configura una deroga alla regola dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale, giacchè consente un’attività, soggetta al controllo dell’ordine professionale, compresa nell’ambito della pratica forense e che si giustifica nei limiti in cui essa sia preordinata agli esami di abilitazione;

che la possibilità di affidare ad un praticante procuratore la rappresentanza nell’udienza dinanzi al pretore, come del resto espressamente prevede l’art. 9, quarto comma, del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, non lede il diritto di difendersi in giudizio (art. 24, secondo comma, Cost.), giacchè si tratta di attività svolta sotto la responsabilità dell’avvocato che ha nominato il sostituto, con un incarico attribuito ad un soggetto che, sulla base di determinati requisiti, é stato ammesso, sia pure temporaneamente, al patrocinio;

che, inoltre, la configurazione del patrocinio, per un tempo determinato e per questioni di limitata competenza, come elemento della pratica professionale forense, esclude la denunciata violazione del principio costituzionale di eguaglianza, sia perchè non può essere effettuato utilmente il raffronto con la disciplina di altre professioni, peraltro neppure specificate nell’ordinanza di rimessione, prendendo in esame uno solo degli elementi che caratterizzano le attività preordinate all’accesso alla professione, sia perchè é inesatto il presupposto enunciato nell’ordinanza di rimessione quanto al patrocinio dei praticanti avvocati dinanzi al giudice unico, patrocinio al quale essi continueranno ad essere ammessi limitatamente ai procedimenti in precedenza attribuiti alla competenza del pretore;

che analoghi dubbi di costituzionalità, sollevati dallo stesso giudice rimettente, sono stati già dichiarati, dopo l’emanazione dell’ordinanza di rinvio, non fondati (sentenza n. 5 del 1999), sicchè la questione deve essere ora dichiarata manifestamente infondata, non essendo stati proposti profili o argomenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli già esaminati dalla Corte.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 82, terzo comma, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 20 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), dell’art. 47 della medesima legge 21 novembre 1991, n. 374 e dell’art. 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 33, quinto comma, della Costituzione, dal Pretore di Milano con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 marzo 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.