SENTENZA N. 127
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 6, 7, 8 e 9 legge 7 luglio 1901, n. 283 (Sugli onorari dei procuratori e sul patrocinio legale nelle preture), nonché degli artt. 1, commi primo, secondo e terzo del R.D.L. 13 agosto 1926, n. 1459 (Norme riguardanti i patrocinatori legali), e dell'art. 1 della legge 28 giugno 1928, n. 1415 (Norme per il patrocinio innanzi alle preture), in riferimento agli artt. 3, comma primo, 24, comma secondo, e 33, comma quinto, Cost., promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa l'8 febbraio 1980 dal pretore di Salò nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Pelizzari Virgilio e Hofman Victor ed altra iscritta al n. 194 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 138 dell'anno 1980;
2) ordinanza emessa il 13 aprile 1981 dal Tribunale di Pistoia sull'istanza proposta da Casubolo Giuseppe iscritta al n. 476 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 dell'anno 1981;
3) ordinanza emessa il 25 giugno 1981 dal Pretore di Padova nel procedimento civile vertente tra Furegon Giuseppe e Vavalle Roberto iscritta al n. 673 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26 dell'anno 1982;
4) ordinanza emessa il 28 luglio 1983 dal Tribunale di Pisa sull'istanza proposta da Pantani Andrea iscritta al n. 95 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 dell'anno 1984.
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 marzo 1985 il Giudice relatore Aldo Corasaniti
udito l'avvocato dello Stato Carlo Carbone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un procedimento di opposizione all'esecuzione di convalida di sfratto davanti al pretore di Salò, nel quale gli opposti Hofman Victor e Tonolini Matilde si erano costituiti col ministero di un patrocinatore legale abilitato al patrocinio ai sensi dell'art. 7 della l. 7 luglio 1901, n. 283, il pretore, su iniziativa di parte, con ordinanza emessa il 9 febbraio 1980, sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, lett. b), e 7 della legge suindicata - i quali consentono, nei comuni sede soltanto di pretura, l'esercizio del patrocinio davanti al pretore, sia in materia civile che penale: a) ai notai, ai laureati in legge ovvero a chi abbia superato determinati esami di detta facoltà; b) alle persone di incensurata condotta, fornite di licenza liceale o di istituto tecnico o di licenza normale superiore, o del diploma di segretario comunale, o agli ex funzionari di cancelleria o di segreteria presso le autorità giudiziarie, abilitate con decreto del Tribunale adottato in camera di consiglio - per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 33, quinto comma, Cost..
Premesso che la questione é rilevante, per la sua incidenza sulla ritualità della costituzione in giudizio degli opposti, osserva l'ordinanza che cardini dell'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore, ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, sono: l'iscrizione all'albo professionale (art. 1) ed il possesso della laurea in giurisprudenza (art. 17, n. 4). Nella medesima legge, il patrocinio legale davanti alle preture nel distretto della corte d'appello é previsto, per gli iscritti nel registro speciale dei praticanti, soltanto in rapporto al tirocinio professionale e per un periodo di tempo limitato a quattro anni dalla legge (art. 8).
Per contro, le disposizioni di cui agli artt. 6, lett. b), e 7 l. n. 283/1901 consentono il patrocinio illimitato, nei comuni sede soltanto di pretura, anche a non laureati (nella specie il patrocinatore era un cancelliere in pensione) con abilitazione concessa dal tribunale con provvedimento amministrativo.
Ne deriva la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., in quanto l'esercizio della stessa professione, avanti all'organo giudiziario di base, non può essere disciplinato da norme contrastanti fra loro, con l'effetto di porre sullo stesso piano professionisti con titolo di studio diverso; soggetti a regole disciplinari ben determinate gli uni ed estremamente vaghe gli altri (dovere di "probità e delicatezza" previsto dall'art. 9 della l. n. 283/1901); con diverso regime previdenziale (per i patrocinatori non v'é possibilità di pensionamento).
Va inoltre considerato - sempre ad avviso del pretore - che mentre nella legge professionale forense il patrocinio davanti al pretore é strutturato quale fatto temporaneo e finalizzato ad un tirocinio pratico, nella l. n. 283/1901 tale patrocinio ha natura stabile e definitiva, il che, se era giustificabile agli albori del secolo, in relazione alla limitata competenza del pretore, non appare più compatibile con la struttura attuale della pretura, caratterizzata da un contenzioso di crescente complessità e di illimitata competenza.
Appare inoltre violato - prosegue l'ordinanza - l'art. 33, quinto comma, Cost., atteso che, per l'evoluzione della legislazione e per la crescente importanza e complessità del contenzioso civile e penale davanti al pretore, non può ritenersi consentita la deroga al principio della necessità dell'esame di Stato per il conseguimento dell'abilitazione professionale, ritenuta ammissibile dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 58 del 1963 e con successiva ordinanza n. 75 del 1976, in base al rilievo che davanti al pretore le parti possono stare in giudizio di persona, poiché tale possibilità é subordinata comunque ad una autorizzazione del giudice ed appare ormai puramente teorica.
Nessuna parte privata si é costituita. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha contestato la fondatezza della questione.
Osserva l'Avvocatura, circa il preteso contrasto con l'art. 3 Cost., che la posizione degli abilitati al patrocinio ex artt. 6, lett. b), e 7 l. n. 283/1901 é differenziata rispetto a quella dei procuratori legali, in quanto i primi possono patrocinare soltanto nei comuni ove non esiste che la pretura, mentre i procuratori possono operare davanti ai pretori dell'intero distretto di corte d'appello, e, in tale ambito, davanti a tutti gli organi giudiziari non supremi. É quindi del tutto ragionevole che solo per questi ultimi l'ordinamento pretenda una maggiore preparazione ed una più accurata qualificazione professionale. Alla segnalata differenza di posizione si ricollega poi la diversità di disciplina, nell'ambito della quale appare irrilevante la diversità di trattamento pensionistico.
Quanto all'asserito contrasto con l'art. 33, quinto comma, Cost., la sua sussistenza é già stata esclusa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 58 del 1963 (ribadita con l'ordinanza n. 75 del 1976). Né vale opporre l'accresciuta difficoltà del contenzioso pretorile, in quanto trattasi di circostanze sopravvenute, la cui valutazione rientra nell'apprezzamento discrezionale del legislatore.
2. - Il pretore di Padova, nel corso di procedimento civile tra Furegon Giuseppe e Vavalle Roberto, in cui l'attore era patrocinato da persona abilitata con provvedimento del Tribunale di Padova, adottato ai sensi degli artt. 6 e 7 della l. n. 283/1901, con ordinanza emessa il 25 giugno 1981 sollevava d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 7, 8 e 9 della l. n. 283/1901 e della legge 28 giugno 1928, n. 1415, che le predette norme tiene ferme, in riferimento agli artt. 33, quinto comma, e 24, secondo comma, Cost., ritenendola rilevante, per la sua incidenza sullo ius postulandi del procuratore costituito, e non manifestamente infondata.
Osserva l'ordinanza che, consentendo le norme denunciate alle persone abilitate la possibilità di esercizio del patrocinio avanti al pretore in via generale e senza la necessità della autorizzazione prevista per la difesa personale dall'art. 82 c.p.c., ed essendo quella del patrocinatore un'opera intellettuale professionale in tutto identica a quella degli avvocati e procuratori, non si vede perché i primi debbano essere esonerati dall'esame di Stato prescritto per i secondi, sicché appare violato l'art. 33, quinto comma, Cost., diversamente da quanto ritenuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 58 del 1963.
Nel caso di procedimento penale, per reato per il quale é obbligatoria l'assistenza del difensore (art. 125 c.p.p.), l’attribuzione del patrocinio a persone di cui non si é accertata l'idoneità ad esercitarlo appare inoltre in contrasto con l'art. 24, secondo comma, Cost., in quanto il diritto alla difesa deve essere inteso come potestà effettiva di valida assistenza tecnica.
Né vale richiamare i criteri di ragionevolezza, sottesi alla normativa denunciata, enunciati dalla ricordata sentenza n. 58 del 1963, poiché essi appaiono ormai incompatibili con l'avvenuto accrescimento della competenza civile e penale dei pretori, e non giustificati dalla difficoltà, non più sussistente, di reperire un difensore nei piccoli comuni dotati della sola pretura.
Del resto, va altresì sottolineata l'assurdità di una disciplina che consente, mediante l'ammissione al patrocinio, lo esercizio della professione a persone per le quali sarebbe ormai preclusa, a causa del mancato superamento, nel termine di quattro anni dall'iscrizione all'albo dei praticanti, dell'esame di procuratore legale (ipotesi, questa, ricorrente nella specie).
Nessuna parte privata si é costituita. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo l'infondatezza della questione.
L'Avvocatura contesta la violazione dell'art. 33, quinto comma, Cost., in base alle stesse argomentazioni già riassunte al n. 1.
Quanto alla dedotta violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost. in relazione ai giudizi penali, si eccepisce l'irrilevanza del profilo di illegittimità ai fini della decisione di merito, dovendo il pretore decidere una causa civile.
Si osserva, infine, che l'ammissione al patrocinio di persone che, già iscritte all'albo dei praticanti procuratori, non abbiano superato nei termini l'esame di procuratore, deriva da una mera occasionalità di fatto.
3. - Il Tribunale di Pistoia, nel corso del procedimento in camera di consiglio instaurato da Casubolo Giuseppe, laureato in giurisprudenza, per conseguire l'abilitazione al patrocinio ai sensi dell'art. 7 della l. n. 283/1901, con ordinanza emessa il 13 aprile 1981, sollevava d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, lett. b), 7 e 9 della l. n. 283/1901, nonché degli artt. 1, primo comma, 2 e 3 del R.D.L. 13 agosto 1926, n. 1459, e dell'art. 1 della legge 28 giugno 1928, n. 1415, in riferimento all'art. 33, quinto comma, Cost., ritenendola rilevante, in quanto incidente sulla concessione o meno dell'abilitazione, e non manifestamente infondata.
Il giudice remittente osserva che, in base alle norme denunciate, da ritenere tuttora in vigore, il patrocinatore é abilitato ad esercitare, davanti alle preture site in comuni ove non esiste il tribunale, con provvedimento adottato dal tribunale a seguito di procedimento in camera di consiglio, previo accertamento dell'incensurata condotta e del possesso di determinati titoli di studio (o di servizio), senza indagini sulla idoneità professionale dell'aspirante.
Il patrocinatore abilitato, in base al vigente ordinamento, svolge una attività professionale accomunata, almeno in alcuni degli aspetti più caratterizzanti, a quella dell'avvocato e del procuratore, anche se limitata ai giudizi pretorili nei comuni non sede di tribunale.
Ciò comporta, specie ove si consideri l'estensione attuale della competenza del pretore in materie di rilevante importanza sociale e di complessa disciplina giuridica (lavoro, locazioni ecc.), l'esigenza di un elevato livello di preparazione tecnica, che il superamento dell'esame di Stato ex art. 33, quinto comma, Cost., é idoneo a garantire.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, instando per la dichiarazione di infondatezza della questione, in base alle osservazioni già riferite nel n. 1.
4. - Il Tribunale di Pisa, provvedendo in camera di consiglio sull'istanza presentata da Pantani Andrea, diretta a conseguire l'abilitazione al patrocinio presso la pretura di S. Miniato ex art. 7 l. n. 283/1901, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, lett. b), 7 e 9 l. n. 283/1901, nonché degli artt. 1, primo comma, 2 e 3 del R.D.L. n. 1459/1926 e dell'art. 1 della l. n. 1415/1928, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 33, quinto comma, e 24, secondo comma, Cost., ritenendola rilevante, in quanto il suo accoglimento impedirebbe la concessione della abilitazione, e non manifestamente infondata.
L'ordinanza, dopo aver richiamato le ordinanze del Pretore di Salò, in data 9 febbraio 1980, del Pretore di Padova, in data 25 giugno 1981, e del Tribunale di Pistoia, in data 13 aprile 1981, in precedenza ricordate, fa proprie le argomentazioni ivi svolte al fine di denunciare: la violazione dell'art. 33, quinto comma, Cost., in quanto i patrocinatori sono ingiustificatamente esenti (in relazione all'attuale vasta competenza pretorile) dall'esame di Stato; la violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost., per l'insufficienza della difesa tecnica garantita da persone la cui idoneità professionale non sia stata vagliata nelle forme previste dal suddetto art. 33, quinto comma, Cost.; la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., per essere posti sullo stesso piano, ai fini dell'esercizio della professione davanti al pretore, professionisti soggetti a regime diverso (sul punto viene sostanzialmente riassunta l'ordinanza del Pretore di Salò, alla quale si rinvia).
É intervenuto soltanto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha contestato la fondatezza della questione, svolgendo argomentazioni eguali a quelle sopra riferite.
Considerato in diritto
1. - Le ordinanze sopra indicate riguardano questioni fra loro identiche o connesse, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.
2. - Sono impugnate davanti a questa Corte le norme dettate dagli artt. 6, lett. b), 7, 8 e 9 della legge 7 luglio 1901, n. 283 (concernente gli onorari dei procuratori ed il patrocinio legale nelle preture) nonché quelle, dirette a tener ferme le prime, dettate dall'art. 1, comma primo, del R.D.L. 13 agosto 1926, n. 1459 (contenente norme riguardanti i patrocinatori legali) e dall'art. 1 della legge 28 giugno 1928, n. 1415 (recante norme per il patrocinio innanzi alle preture), nonché quelle dettate dagli artt. 2 e 3 del suindicato R.D.L. n. 1459 del 1926, in quanto applicabili ai patrocinatori di cui all'art. 6, lett. b), della suddetta l. n. 283 del 1901.
É cioé indubbiata la legittimità costituzionale delle norme suindicate, le quali disciplinano l'esercizio del patrocinio legale davanti alla pretura, la cui sede non sia sede di tribunale o di capoluogo di provincia, riservandolo a soggetti iscritti, sulla base di requisiti culturali di vario grado, in un albo formato presso la pretura stessa, sia pure in alternativa all'esercizio del patrocinio legale da parte degli avvocati e procuratori, che ha carattere giù generale.
Si assume, in primo luogo, da tutte le ordinanze che il detto esercizio professionale, pur essendo qualitativamente omogeneo rispetto a quello proprio degli avvocati e procuratori, é ingiustificatamente attribuito a categorie professionali diverse nei requisiti e nel trattamento normativi ed é altrettanto ingiustificatamente esonerato dall'esame di Stato imposto dalla legge professionale forense in conformità dell'art. 33, comma quinto, Costituzione.
Secondo due delle ordinanze (quella del Pretore di Padova e quella del Tribunale di Pisa) la carenza di un controllo mediante esame di Stato sull'adeguatezza tecnica dei detti esercenti il patrocinio legale importerebbe altresì lesione del diritto alla difesa assicurato dall'art. 24, comma secondo, Cost..
La prima questione é posta in relazione a due parametri interferenti fra loro: quelli costituiti rispettivamente dall'art. 33, comma quinto, e dall'art. 3, comma primo, Cost.. Ciò in conformità all'impostazione data al problema da questa Corte con la sentenza n. 58 del 1963, secondo la quale la prescrizione dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale può essere derogata solo per un giustificato motivo.
La questione é fondata.
Quando la legge riserva l'esercizio di un'attività professionale a dati soggetti, iscritti in un albo sulla base di requisiti culturali, dà essa stessa una valutazione di rilevanza al carattere tecnico dell'attività e quindi implicitamente postula la necessità di un controllo sulla idoneità tecnica dei soggetti in parola.
Ma in tal caso la mancata previsione di detto controllo, anzi la mancata elevazione di esso a livello di esame di Stato ai sensi dell'art. 33, comma quinto, Cost. va giustificata razionalmente.
Tale, come si é accennato, é il presupposto argomentativo della sentenza di questa Corte sopra richiamata, la quale ha ravvisato il giustificato motivo della esenzione nella minore difficoltà tecnica che l'attività difensiva presenterebbe nelle cause davanti al pretore, contrassegnate da scarsa importanza in connessione con la facoltà di autodifesa data alla parte. E nel medesimo senso argomenta l'Avvocatura dello Stato quando ravvisa una giustificazione della deroga - e in pari tempo della disciplina differenziata - nella ridotta competenza delle preture minori di cui si tratta.
Ma tali motivi più non ricorrono o non hanno più il valore giustificativo ad essi attribuito.
Va considerato infatti:
che nelle cause davanti al pretore la parte può assumere l'autodifesa soltanto se autorizzata;
che, comunque, l'autodifesa - ammessa in materia penale solo per limitate ipotesi (cfr. art. 125 c.p.p.) - implica che la parte possa scegliere fra autodifesa e difesa tecnica, non già che, se presceglie la difesa "tecnica", questa possa essere sprovvista di garanzie per quel che riguarda la sua "tecnica" adeguatezza;
che il criterio discretivo costituito dalla presumibile maggior o minor frequenza di liti di scarsa importanza é estrinseco rispetto al tipo di esercizio professionale, al tipo di processo e al tipo di competenza del giudice, che sono identici per tutte le preture, senza distinzione fra quelle aventi sede in comuni che siano sede di tribunale o capoluoghi di provincia e le altre;
che in ogni caso la competenza del pretore é andata gradualmente aumentando, per qualità e quantità (cfr. fra l'altro: r.d. 15 gennaio 1934, n. 56, sulla competenza esclusiva del pretore, nelle sedi ove manchi il tribunale, in tema di impugnazione delle delibere delle assemblee condominiali; art. 700 c.p.c. sui provvedimenti di urgenza; l. 15 luglio 1966, n. 604, l. 20 maggio 1970, n. 300 e l. 11 agosto 1973, n. 533, in tema di lavoro; l. 23 maggio 1950, n. 253, l. 1 maggio 1955, n. 368 e l. 27 luglio 1978, n. 392, in tema di locazioni urbane; l. 25 luglio 1966, n. 571 e l. 31 luglio 1984, n. 399, sull'aumento dei limiti di competenza del pretore; l. 31 luglio 1984, n. 400, sulla competenza penale del pretore);
che la censurata disciplina fu introdotta in considerazione della non facile reperibilità nei centri minori di avvocati e procuratori, derivante dalla non facile accessibilità dei centri stessi mediante i mezzi di comunicazione allora in uso: motivo, questo, che già da tempo é divenuto inattuale.
D'altra parte il procedimento diretto all'iscrizione negli albi degli esercenti secondo la normativa impugnata, anche se implica una qualche valutazione, non può considerarsi equipollente dell'esame di Stato prescritto dall'art. 33, comma quinto, Cost., che implica una prova tecnica, circondata da particolari garanzie.
4. - Per le espresse considerazioni l'abilitazione all'esercizio del patrocinio legale di cui si tratta, non preceduta da controllo dell'idoneità tecnica costituito da esame di Stato o da equipollente di esso, di una categoria di soggetti diversa da quella degli avvocati e procuratori, per di più senza limiti di tempo e al di fuori di qualsiasi apprezzabile esigenza, costituisce una ingiustificata deroga all'art. 33, comma quinto, e così violazione del medesimo e dell'art. 3, comma primo, Cost..
Le norme impugnate vanno dunque dichiarate illegittime in riferimento ai due detti parametri, mentre rimane assorbita la questione di illegittimità delle stesse in riferimento all'art. 24 Cost..
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i procedimenti relativi alle ordinanze in epigrafe,
dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 6, lett. b), 7, 8 e 9 della legge 7 luglio 1901, n. 283, nonché dell'art. 1, comma secondo, del R.D.L. 13 agosto 1926, n. 1459 e dell'art. 1 della legge 28 giugno 1928, n. 1415, nella parte in cui tengono ferme le suddette disposizioni della legge n. 283 del 1901, nonché degli artt. 2 e 3 del R.D.L. 13 agosto 1926, n. 1459, in quanto applicabili ai patrocinatori di cui all'art. 6, lett. b), della legge n. 283 del 1901.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1985.
Guglielmo ROEHRSSEN - Aldo CORASANITI
Depositata in cancelleria il 2 maggio 1985.