ORDINANZA N.437
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.lgs.lgt. 27 luglio 1945, n. 475 (Divieto di abbattimento di alberi di olivo), promosso con ordinanza emessa il 23 gennaio 1998 dal Pretore di Firenze nei procedimenti civili riuniti vertenti tra V. F. ed altro e la Regione Toscana, iscritta al n. 332 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Pretore di Firenze, con ordinanza del 23 gennaio 1998, nel corso di un giudizio di opposizione contro l’ingiunzione, emessa dal Presidente della Giunta della Regione Toscana, di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per l’estirpazione, non preventivamente autorizzata, di alcune piante di olivo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475 (Divieto di abbattimento di alberi di olivo) in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione;
che la norma denunziata prevede l’applicabilità di una sanzione amministrativa pecuniaria <<per un importo uguale al decuplo del valore delle piante abbattute>> in danno di <<chiunque abbatte alberi di olivo senza averne ottenuta la preventiva autorizzazione>> e che, secondo il Pretore, nella fattispecie sottoposta al suo giudizio, <<é pacifico che nel momento in cui le piante sono state estirpate l’autorizzazione mancava>> e che, <<se la previsione di una sanzione in misura fissa fosse conforme a Costituzione>>, sarebbe inammissibile la domanda diretta ad ottenerne la riduzione;
che, ad avviso del giudice a quo, nonostante la Corte abbia già dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma denunziata, quest’ultima appare in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, in quanto <<la previsione di una sanzione pecuniaria fissa commisurata al valore ed al numero degli alberi abbattuti>> non permette di tenere conto di circostanze quali il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria, ovvero il reimpianto di un numero di piante pari a quello estirpato e, inoltre, la rigidità della sanzione imporrebbe l’eguale trattamento di situazioni che possono essere diverse e sarebbe altresì irragionevole che la sanzione non sia articolata tra un valore minimo ed uno massimo;
che nel giudizio innanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito che la questione é infondata;
che, secondo la difesa erariale, poichè la finalità della norma é di tutelare il patrimonio olivicolo nazionale, é ragionevole sia che il taglio delle piante possa essere effettuato soltanto dopo avere ottenuto la preventiva autorizzazione, sia che l’eventuale loro reimpianto non sia causa di esclusione della responsabilità per l’illecito amministrativo, in quanto quest’ultimo si consuma per il solo fatto dell’estirpazione in mancanza del provvedimento abilitativo, essendo la valutazione della necessità ed opportunità della sostituzione degli alberi riservata all’amministrazione competente.
Considerato che questioni concernenti la norma denunziata, sollevate in riferimento anche al parametro dell’art. 3, primo comma, della Costituzione, e sotto profili in larga parte coincidenti con quelli dedotti dal Pretore di Firenze, sono state dichiarate manifestamente infondate da questa Corte con le ordinanze n. 250 del 1992 e n. 502 del 1987;
che in queste ultime decisioni si é osservato che il modello di sanzione amministrativa proporzionale, graduata in riferimento all’entità oggettiva della violazione ed al valore del bene tutelato, non vulnera il principio di ragionevolezza (ordinanza n. 159 del 1994), tanto più che il giudice dell’opposizione, usando gli strumenti offerti dall’art. 23 della legge n. 689 del 1981, può anche valutare la congruenza della base di calcolo della sanzione (ordinanza n. 250 del 1992);
che la previsione di una sanzione proporzionale consente anche il pagamento in misura ridotta (sentenze n. 187 del 1996 e n. 152 del 1995), il quale, in riferimento al caso in esame, é espressamente previsto dall’art. 7, commi 4 e 5, della legge della Regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85, purchè siano osservate le modalità ed il termine a tale fine stabiliti;
che, ai fini della valutazione discrezionale della compatibilità dell'attività di espianto con l'interesse pubblico alla salvaguardia del patrimonio olivicolo, la norma impugnata subordina il taglio delle piante di olivo ad apposita autorizzazione, che non irragionevolmente é "preventiva", in quanto costituisce una condizione di legittimità dell'intervento di espianto, all'esito di un procedimento amministrativo di ponderazione tra l'interesse privato del richiedente e gli interessi pubblici coinvolti;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475 (Divieto di abbattimento di alberi di olivo) sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Relatore: Piero Alberto CAPOTOSTI
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.