ORDINANZA N.316
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), introdotto dall’art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, e dell’art. 82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), aggiunto dall’art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, nella legge n. 431 del 1985, promossi con ordinanze emesse il 16 luglio, l’11 giugno, il 16 luglio, il 28 maggio e il 4 giugno 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, il 7 marzo e il 18 aprile 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, e il 16 luglio, il 1° ottobre, il 15 ottobre, l’8 ottobre, il 5 novembre e il 22 ottobre 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte ai nn. 731, 742, 751, 769, 771, 821, 822, 847, 864, 878, 912, 917 e 918 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 44, 45, 46, 48, 50, 52 e 53, prima serie speciale, dell’anno 1997 e n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 1° luglio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che, con dieci ordinanze di identico contenuto, emesse tra il 28 maggio e il 5 novembre 1997 (r.o. nn. 731, 742, 751, 769, 771, 847, 864, 912, 917 e 918 del 1997), nel corso di altrettanti procedimenti penali nei quali era chiamato ad applicare, tra l’altro, l’art. 1-sexies del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della predetta norma;
che, ad avviso del giudice a quo, essa si porrebbe anzitutto in contrasto con gli artt. 42 e 97 della Costituzione (per quanto il richiamo a tale secondo parametro, pur presente nella parte motiva di tutte le ordinanze, non figuri, poi, nel relativo dispositivo), rimandando alla nozione di aree protette quale desumibile dalla espressa elencazione normativa di cui all’art. 1 dello stesso d.l. n. 312 del 1985, che individua i beni oggetto di tutela per categoria;
che siffatta elencazione sarebbe illegittima, non consentendo che la individuazione dei beni con naturale attitudine al vincolo, e conseguenti limitazioni al diritto di godimento e di disposizione, avvenga nelle forme del giusto procedimento, sia al fine di rendere conoscibili le ragioni che connotano il particolare pregio del bene, sia per consentire ai privati di introdurre le proprie osservazioni ed istanze;
che, inoltre, la norma in questione recherebbe vulnus all’art. 9 della Costituzione, introducendo un regime particolarmente afflittivo senza alcuna certezza che lo stesso sia in sintonia con interessi effettivamente sussistenti, proprio per non essere la tutela del valore ambientale affidata a concreti atti della pubblica autorità di individuazione del bene da tutelare;
che, parimenti, essa, per il suo carattere prevalentemente formale, risulterebbe irragionevolmente più afflittiva rispetto alla previsione di cui all’art. 734 cod. pen., che considera la deturpazione di fatto ed in concreto del bene ambientale;
che, nella prospettazione del giudice rimettente, l’art. 1-sexies violerebbe, altresì, l’art. 25, secondo comma, della Costituzione, per il contrasto con il principio della legalità, avuto riguardo alla indeterminatezza della pena da applicare, oltre che della condotta incriminata, individuata con generico riferimento alla violazione delle disposizioni dello stesso d.l. n. 312 del 1985, e che, per le stesse ragioni deve intendersi denunciato, in assenza di motivazione al riguardo, il contrasto con l’art. 27 della Costituzione;
che in tutti i predetti giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza delle questioni, analoghe ad altre già risolte in tal senso dalla Corte costituzionale;
che la medesima questione é stata sollevata in riferimento ai medesimi parametri dallo stesso Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con altra ordinanza emessa il 15 ottobre 1997 (r.o. n. 878 del 1997) e dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con due ordinanze emesse rispettivamente il 7 marzo e il 18 aprile 1997 (r.o. nn. 821 e 822 del 1997);
che con le predette ordinanze é stata altresì sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 82, quinto comma, lettera h), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), aggiunto dall’art. 1 del d.l. n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
che, ad avviso dei giudici a quibus, la predetta norma, nel sottoporre a vincolo paesaggistico tutte le zone gravate da usi civici e le aree assegnate alle università agrarie, violerebbe:
l’art. 9 della Costituzione, che comporta che il valore estetico culturale sia ragionevolmente individuato e preventivamente riconosciuto e sia effettivamente sussistente, in relazione a caratteristiche ad esso proprie e non attraverso la utilizzazione di caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche;
l’art. 42 della Costituzione per l’illegittimo vincolo ablatorio apposto a beni individuati senza alcun riferimento alla loro struttura fisica ubicazionale e/o morfologica;
l’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree gravate da usi civici che vedono gravemente limitate le facoltà di godimento ed utilizzo loro spettanti senza che sia mai stata accertata la relativa valenza paesistica, e gli altri cittadini;
l’art. 97 della Costituzione e il principio del giusto procedimento, interferendosi nell’attività di gestione delle aree e nell’esercizio delle facoltà e diritti dei proprietari e utenti senza alcuna norma di coordinamento e procedimentale;
che anche in tali giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
Considerato che i giudizi introdotti con le ordinanze in epigrafe presentano sostanziale identità di questioni e possono pertanto essere riuniti e decisi congiuntamente;
che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1-sexies del d.l. n. 312 del 1985 sono già state risolte in riferimento ai medesimi parametri già invocati nel senso della manifesta infondatezza con la ordinanza n. 68 del 1998 (v. anche per taluni profili ordinanza n. 158 del 1998);
che pertanto esse vanno dichiarate manifestamente infondate;
che, quanto alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 - come modificato dall’art. 1 del d.l. n.312 del 1985, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 431 del 1985 é sufficiente osservare, ai fini della manifesta infondatezza, che il legislatore ha voluto introdurre - accanto al sistema di vincoli di cose e località di particolare pregio estetico isolatamente considerate, da individuarsi, in base a procedimento amministrativo di verifica delle condizioni stabilite dall’ordinamento per l’imposizione di vincoli, con provvedimento puntuale, concreto e motivato (legge n. 1497 del 1939) una diversa ed immediata tutela delle bellezze natuali, mediante l’indicazione legislativa di vaste porzioni del territorio;
che l’individuazione legislativa é effettuata secondo varie tipologie, cui consegue una riconsiderazione assidua del territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico culturale (ordinanza n. 68 del 1998), accompagnata dalla esigenza di salvaguardare una serie di zone che si sono conservate nel loro stato naturale o tradizionale. Tra queste zone assumono rilievo le aree di proprietà delle università agrarie ovvero quelle assoggettate ad usi civici, che, proprio per l’esistenza di obblighi correlati al carattere di comunità con rilevanza anche pubblicistica, sono rimaste destinate ad usi agricoli, agro-silvo-pastorali tradizionali o, per la maggior parte, conservate nelle destinazioni che consentono usi collettivi (pascolo, legnatico ecc.);
che, in altri termini, la giustificazione dell’introduzione di vincoli paesaggistici generalizzati e con effetto diretto in base a tipologie risiede nella valutazione che l’integrità ambientale é un bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che deve, pertanto, essere salvaguardato nella sua interezza (v., da ultimo, sentenza n. 247 del 1997 e ordinanze n. 68 e n. 158 del 1998), con il più ampio coinvolgimento di aree allo stato naturale o che hanno subito minori alterazioni, ad opera dell’uomo, rispetto alle destinazioni tradizionali, in modo da tutelarle, imponendo salvo un periodo di salvaguardia per aree e per beni da individuarsi con atto regionale - non un divieto assoluto, ma una pianificazione e, per gli interventi innovativi, un regime di valutazione e autorizzazione rimessa alla autorità preposta al vincolo;
che le tipologie (indicate dal legislatore) rispondono ad una scelta, tutt’altro che irrazionale, diretta a salvaguardare vaste porzioni di territorio, non solo secondo profili tipicamente paesistici ovvero secondo ubicazioni o aspetti morfologici, ma anche secondo lo speciale regime giuridico: regime della loro appartenenza a determinati soggetti pubblici (università agrarie), caratterizzati da natura associativa e da gestione di domini collettivi e dall’amministrazione di terre demaniali di uso civico e, nelle province dell’ex Stato pontificio, anche dalla provenienza da affrancazione da servitù di uso civico (legge 4 agosto 1894, n. 397), con attività rivolta alla cura di interessi generali senza connotati imprenditoriali ed in stretto collegamento, nella maggior parte dei casi, con le strutture municipali, e con la frequente coesistenza, quantomeno nell’origine in talune regioni, con vincoli di uso civico; ovvero regime della particolarità della disciplina pubblicistica (aree gravate da usi civici), caratterizzata da appartenenza a comunità di utenti (demani collettivi, comunali o universali) o da usi che si esercitano su terre aliene da parte di comunità di utenti;
che le zone vincolate in ragione dell’appartenenza a università agrarie o dell’assoggettamento a usi civici comprendono vaste aree con destinazione a pascolo naturale o a bosco, o agricole tradizionali, e risalenti nel tempo nelle diverse regioni in relazione agli obblighi gravanti e alla particolare sensibilità alla conservazione da parte delle collettività o comunità interessate, in modo da consentire il mantenimento di una serie di porzioni omogenee del territorio, accomunate da speciale regime o partecipazione collettiva o comunitaria, e caratterizzate da una tendenza alla conservazione dell’ambiente naturale o tradizionale, come patrimonio dell’uomo e della società in cui vive;
che, pertanto, anche tali questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), introdotto dall’art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevate in riferimento agli art. 42, 97, 9, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con le ordinanze indicate in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24 luglio, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), aggiunto dall’art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, nella legge n. 431 del 1985, sollevate, in riferimento agli artt. 9, 42, 3 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli e sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.
Presidente: Giuliano VASSALLI
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.