Sentenza n. 88/98

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SENTENZA N.88

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

- Prof. Annibale MARINI  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1996 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Berteramo Angela contro la USL FG/10 ed altro, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visto l’atto di costituzione di Berteramo Angela nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 1998 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto in fatto

1. - Il Consiglio di Stato ha sollevato - nel corso di un giudizio per l’annullamento della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia aveva respinto il ricorso contro il provvedimento 12 marzo 1992, n. 103 dell’Unità sanitaria locale di Cerignola di nomina a collaboratore amministrativo - questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione.

Il collegio remittente premette in fatto che l’USL di Cerignola aveva indetto un concorso pubblico per due posti di collaboratore amministrativo e che aveva nominato vincitori i primi due classificati. Successivamente, resisi vacanti, in momenti diversi, altri posti della medesima qualifica, l’USL aveva assunto in servizio il primo degli idonei e, in forza della riserva ex lege n. 482 del 1968, il terzo degli idonei, quale invalido civile. Tale ultimo provvedimento era stato impugnato dalla seconda degli idonei avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, che ne aveva respinto il ricorso. Avverso tale pronuncia veniva proposto appello.

2. - Il Consiglio di Stato rileva che, ai sensi della norma impugnata, nei concorsi a posti delle carriere direttive e di concetto negli enti pubblici, gli appartenenti alle categorie protette, che siano stati dichiarati idonei, sono inclusi nell’ordine di graduatoria tra i vincitori fino a che non sia stata raggiunta la percentuale del 15 per cento dei posti di organico.

Il giudice a quo sottolinea che, circa le assunzioni degli appartenenti alle categorie protette negli enti pubblici, il legislatore ha previsto il sistema dell’assunzione diretta per le qualifiche di cui all’art. 12, primo comma - personale operaio, delle carriere esecutive e ausiliario - mentre per le carriere di cui all’ultimo comma del medesimo articolo - carriere direttive e di concetto - ha ritenuto che l’interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori debba avvenire attraverso un concorso.

Tale procedura, prosegue il remittente, assolve alla duplice funzione di accertare l’idoneità degli aspiranti e di assumerli secondo la graduatoria di merito, in attuazione dell’art. 51 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini possono accedere ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza. L’invalidità, compatibile con le mansioni di un determinato posto di lavoro, può invece impedire, alla persona che ne é affetta, di svolgere le ordinarie prove concorsuali, e porla, nella competizione, in una condizione sfavorevole non corrispondente ad un’inferiorità di merito. La legge, che ben potrebbe in ottemperanza al disposto di cui all’art. 3 della Costituzione prevedere apposite procedure, muove, invece, all’ultimo comma dell’art. 12, dal presupposto che l’invalido partecipi alle ordinarie procedure concorsuali in posizione di parità e che nulla gli precluda di classificarsi tra i vincitori in base ai criteri di selezione concorsuali.

In questi termini, secondo il remittente, non si giustifica la riserva che, mentre non risolve le cause ostative alla partecipazione alla procedura concorsuale, fa preferire l’interesse alla scelta dell’appartenente alle categorie protette rispetto a quello della scelta del concorrente migliore. Tale logica non sarebbe del resto più giustificata, poichè avulsa da situazioni di emergenza quali quelle del periodo postbellico e comunque non in sintonia con un sistema razionale di assistenza sociale e di gestione della cosa pubblica.

In conclusione la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, per il privilegio istituito a favore del concorrente appartenente alle categorie protette rispetto agli altri concorrenti; e con gli artt. 97, ultimo comma, e 51, primo comma, della Costituzione, dal momento che la scelta secondo l’ordine della graduatoria di merito, nella quale la regola del concorso consiste, viene alterata senza razionale giustificazione. L’art. 97, in particolare, consentirebbe di derogare alla regola del concorso solo quando ciò sia giustificato alla luce di altri principi dell’ordinamento, come avviene nel caso di nomina per scelta, di assunzione diretta o di elezione, non sembrando che all’interno della procedura concorsuale possano essere previste deroghe.

La riserva di posti nei concorsi pubblici si risolverebbe secondo il remittente in una commistione tra le due procedure che, viceversa, si escludono a vicenda. Tale commistione non sarebbe, del resto, senza rilievo: nel caso di assunzione diretta, come quello previsto al primo comma dell’art. 12, si sottraggono posti d’impiego alla totalità dei cittadini che vi aspirino senza che nessuno possa, concretamente e specificamente, chiamarsi danneggiato, in osservanza di quella solidarietà sociale che, ai sensi degli artt. 3 e 38 della Costituzione, deve dirsi collettiva; mentre la disposizione di cui all’ultimo comma, stabilendo l’assunzione di un riservatario, che viene preferito al concorrente utilmente incluso in graduatoria, fa gravare il vantaggio, accordato dalla legge all’invalido, su una determinata persona, che, pur avendo sostenuto e superato le prove concorsuali, classificandosi in posto utile, viene pretermessa; la pretesa solidarietà sociale verrebbe così sostenuta da un singolo individuo, benchè il legislatore, che ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico a ricoprire i posti per concorso, abbia rifiutato l’assunzione diretta per queste carriere.

3. - E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l’infondatezza della questione. La difesa del Governo sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, la norma in esame non é finalizzata al superamento dell’invalidità ostativa alla partecipazione paritaria alla procedura concorsuale, bensì (come l’intera normativa in tema di assunzione obbligatoria) alla rimozione degli ostacoli che impediscono ai portatori di invalidità l’effettiva partecipazione all’organizzazione economica e sociale del paese.

In altri termini, attese, secondo l’Avvocatura, l’impossibilità per il soggetto invalido di svolgere le attività incompatibili con l’handicap di cui é portatore, e le limitazioni di cui soffre in ordine alle prospettive di occupazione, l’ordinamento, in ossequio al principio solidaristico di cui all’art. 38 della Costituzione, gli assicura, tramite provvidenze di carattere non assistenziale ma di avviamento al lavoro, l’opportunità di svolgere le attività per le quali si sia dimostrato idoneo, realizzando, così, il principio di eguaglianza sostanziale sancito dall’art. 3.

Non appare inoltre, sussistere - sempre ad avviso dell’Avvocatura - il preteso contrasto della norma in esame con gli artt. 51 e 97 della Costituzione, essendo comunque richiesto all’invalido il superamento di un concorso, conformemente al principio dell’accesso per concorso ai pubblici uffici, cui partecipa in condizioni di parità con gli altri concorrenti, poichè la riserva in esame, operando successivamente all’espletamento del concorso, non derogherebbe al predetto principio costituzionale, nè inficerebbe le finalità tipiche di esso, limitandosi a riservare agli invalidi, all’interno del ristretto numero dei soggetti risultati idonei, una quota dei posti in organico.

4. - Si é costituita fuori termine la parte privata, ricorrente nel giudizio a quo, sostenendo la fondatezza della sollevata questione.

Considerato in diritto

1. - Il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private).

La norma impugnata prevede che "Nei concorsi a posti delle carriere direttive e di concetto o parificati, gli appartenenti alle categorie indicate nel precedente titolo, che abbiano conseguito l'idoneità, verranno inclusi nell'ordine di graduatoria tra i vincitori fino a che non sia stata raggiunta la percentuale del 15 per cento dei posti in organico".

2. - Il remittente premette che nel giudizio al suo esame la ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale, ad esito di un concorso pubblico, non é stata inclusa nella graduatoria dei vincitori, essendo stato assunto in sua vece, in applicazione della norma impugnata, un invalido civile che si era classificato dopo di lei.

Tale disciplina, a suo avviso, si pone in contrasto con gli artt. 3, primo comma, 97, ultimo comma, e 51, primo comma, della Costituzione, poichè la scelta secondo l'ordine della graduatoria di merito, nella quale la regola del concorso consiste, viene alterata senza razionale giustificazione, privilegiando ingiustamente il concorrente appartenente alla categoria protetta rispetto agli altri.

Il meccanismo concorsuale, espone il giudice a quo, é un procedimento che assolve alla duplice funzione di accertare l'idoneità degli aspiranti e di assumerli secondo l'ordine di graduatoria, così perseguendo l'interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori. In questi termini non può più giustificarsi l’istituto della riserva dei posti - oggi avulso da situazioni di emergenza quali quelle del periodo postbellico - che fa preferire l'appartenente alle categorie protette rispetto al candidato, giudicato migliore, che lo precede in graduatoria.

3. - Sotto un ulteriore profilo, infine, emergerebbe la violazione degli artt. 51 e 97 della Costituzione.

Ad avviso del remittente, l’art. 97 con l’inciso "salvo i casi stabiliti dalla legge" consente di derogare alla regola del concorso pubblico: ciò significa che in determinati casi é possibile nominare un pubblico impiegato con procedura diversa, mentre non é legittimo, una volta scelta la via concorsuale, introdurre deroghe all’interno della medesima, perchè così facendo si darebbe luogo ad una sorta di commistione tra le due diverse procedure (assunzione diretta e assunzione per concorso) che, viceversa, si escludono l’un l’altra.

4. - La questione non é fondata.

Occorre premettere che la norma impugnata si colloca nel quadro dell'ampio intervento operato dal legislatore a favore degli invalidi di guerra all'indomani del primo conflitto mondiale, introducendo, in quel tempo, l'istituto della loro assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private.

Tale disciplina é stata successivamente estesa, con diverse modalità di tutela, ad altre categorie ritenute meritevoli di particolare protezione con singole e specifiche leggi, fino ad arrivare alla legge n. 482 del 1968, che ha ridisciplinato organicamente la materia.

Questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi, sotto altri profili, sulla legittimità di tali previsioni legislative, affermando che esse trovano base e giustificazione nel disposto di cui all'art. 38 della Costituzione, e dichiarandole coerenti sia con il dettato del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione - in quanto dirette a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica e sociale del Paese - sia con il principio informatore dell'art. 4 della Costituzione in quanto promuovono e attuano le condizioni che rendono possibile a persone appartenenti a particolari categorie svantaggiate, che siano in possesso di attitudini lavorative e professionali, l’inserimento nell'ambiente del lavoro dal quale altrimenti potrebbero restare escluse (sentenza n. 38 del 1960).

La disposizione censurata, valutata alla luce di tali principi, non può ritenersi nè irragionevole nè priva di giustificazione, in quanto diretta ad assolvere un onere e un compito della collettività al fine di consentire a detti beneficiari, in base a condizioni e criteri prestabiliti (sentenza n. 279 del 1983), un più agevole reperimento di una occupazione, pur nei limiti di percentuali prefissate in rapporto ai posti in organico per ciascuna qualifica, nel contemperamento delle esigenze della pubblica amministrazione per la migliore selezione dei propri impiegati con quelle di tutela delle categorie protette.

Il legislatore, per le qualifiche più elevate, ha riservato la percentuale del 15 per cento dei posti in organico agli appartenenti alle categorie protette, i quali per altro possono accedervi solo dopo aver superato le prove concorsuali in posizione di parità rispetto agli altri concorrenti. Essi, una volta dichiarati idonei, qualora la percentuale dei posti riservati non sia già completa, verranno preferiti nell’ordine di assunzione.

Anche in riferimento al secondo profilo sollevato dal remittente, non pare a questa Corte che, sulla base degli invocati parametri costituzionali, resti preclusa al legislatore la possibilità di introdurre nella procedura concorsuale prescelta, a favore di alcune categorie svantaggiate, deroghe suscettibili di realizzare quella particolare tutela che detta normativa intende perseguire: tale sistema, lungi dall’essere irragionevole o lesivo di quanto disposto dall’art. 97 della Costituzione, é con esso coerente ed anzi costituisce attuazione del fondamentale principio sancito dall’art. 3, secondo comma, della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 1° aprile 1998.