Sentenza n. 279 del 1983

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SENTENZA N. 279

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1981 dal Pretore di La Spezia nel procedimento civile vertente tra Ferretti Antonio e Confezioni Val di Vara, iscritta al n. 510 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 304 del 1981.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1983 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 13 aprile 1981, nel corso di un giudizio pendente dinanzi a sé, il Pretore di La Spezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4 e 41 Cost., degli artt. 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482 ("Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private"), nella parte in cui prevedono una riserva di posti, in sede di assunzione obbligatoria, in favore dei figli e delle mogli di coloro che siano divenuti permanentemente inabili a qualsiasi lavoro per fatto di guerra, o per servizio o per lavoro.

Secondo il giudice a quo tale riserva crea una situazione di privilegio a favore di una categoria di persone per le quali nessun particolare ostacolo sussiste per il concreto conseguimento del diritto al lavoro. Pertanto, mentre la riserva di posti in favore degli invalidi sarebbe legittima, non lo sarebbe quella in favore dei figli e delle mogli, tenuto anche conto che l'art. 38 Cost. limita specificamente il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale al cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere e che il suddetto privilegio inciderebbe negativamente sul diritto al lavoro garantito dall'art. 4 Cost. agli invalidi, la cui aliquota di riserva verrebbe ad essere ridotta.

La suddetta normativa, inoltre, violerebbe anche l'art. 41 Cost. giacché la possibilità che il datore di lavoro privato venga obbligato a contrarre un rapporto di lavoro con un soggetto privo di qualificazione o, comunque, inutilizzabile nell'ambito

dell'organigramma aziendale, comporta l'assunzione da parte del medesimo di un onere in alcun modo riconducibile a quella finalità ed utilità sociale che unicamente può consentire una limitazione alla sua libertà di iniziativa economica e mentre l'obbligatorietà dell'assunzione degli invalidi sarebbe giustificata in via generale dal disposto degli artt. 4 e 38 Cost., essa non potrebbe essere estesa a categorie beneficiate a causa di circostanze esulanti dalla personalità del lavoratore.

Dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata irrilevante o non fondata, sostenendo nel merito che la normativa impugnata trova ragionevole giustificazione nell'opportunità di agevolare l'accesso al lavoro di persone la cui famiglia ha sofferto una grave menomazione che si riflette inevitabilmente sulla capacità produttiva come fonte di sicurezza economica per l'intero nucleo familiare.

Considerato in diritto

1. - Il giudice a quo ravvisa l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 (e di conseguenza dell'art. 9) della legge 2 aprile 1968, n. 482 ("Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private"), nella parte in cui essi, ai fini del collocamento obbligatorio, equiparano agli orfani ed alla madre dei soggetti ivi preveduti "i figli e la moglie di coloro che siano divenuti permanentemente inabili a qualsiasi lavoro per fatto di guerra o per servizio o del lavoro".

Il giudice ritiene che questa parte delle citate disposizioni violi gli artt. 3, 4 e 41 Cost. in quanto:

- accorda un privilegio a favore di persone per le quali non esistono limitazioni od ostacoli alle loro possibilità di lavorare che debbano essere eliminate e parifica chi é abile al lavoro a chi non é, così riducendo le possibilità di impiego dei secondi; d'altronde l'art. 38 Cost. limiterebbe la assistenza agli invalidi non abbienti e non parla dei loro congiunti;

- pone all'imprenditore ed alla libera organizzazione della impresa un vincolo non riconducibile alle finalità sociali di cui é parola nell'art. 41 Cost., imponendo l'assunzione di persone prive di qualificazione e non utilizzabili nell'azienda.

2. - La questione non é fondata.

La disposizione censurata, infatti, non può essere considerata alla stregua di un privilegio e non é priva di giustificazione: essa prende in considerazione la moglie ed i figli di coloro i quali siano divenuti permanentemente inabili a qualsiasi lavoro per la ovvia ragione che costoro costituiscono il più ristretto nucleo familiare di coloro che sono più gravemente infortunati ed hanno l'obbligo di provvedere all'assistenza ed al mantenimento materiale e morale dell'infortunato stesso (artt. 143, terzo comma, e 315 cod. civ.).

Si tratta, allora, in realtà, di una ulteriore provvidenza la quale viene accordata ai più stretti familiari e, almeno di riflesso, anche agli stessi invalidi.

Ciò esclude la violazione dell'art. 3 Cost., perché non crea situazioni di disparità di trattamento né concede a soggetti abili al lavoro privilegi non giustificati: la norma, di conseguenza, non appare priva di giustificazione.

Quanto all'art. 38 Cost. questo prende bensì in considerazione gli inabili non abbienti ma non contiene alcuna preclusione alla adozione di norme legislative che possano allargare la sfera di assistenza, soprattutto quando questa, come si é già detto, in definitiva si riverberi sugli invalidi.

La razionalità della riserva prevista dalle norme impugnate in favore delle categorie in questione comporta che esse non contrastano neppure con l'art. 4 Cost., non incidendo illegalmente sul diritto al lavoro.

Infine la modestia dell'aliquota riservata rispetto al numero totale dei dipendenti fa sì che non sussista la dedotta violazione dell'art. 41, poiché, per quanto sopra detto, il vincolo che viene imposto alle aziende ha la cennata giustificazione di carattere sociale e, come ha già osservato questa Corte a proposito di situazioni analoghe (sent. n. 38 del 1960 e n. 55 del 1961), non si comprime la iniziativa economica privata né si incide sulla organizzazione delle imprese. Il sistema predisposto per la assunzione obbligatoria si svolge, poi, in base a condizioni e criteri prestabiliti e non discrezionali, osservando le norme procedurali di cui al titolo III della legge n. 492/1968 e senza alterare la valutazione dei datori di lavoro in ordine al dimensionamento delle imprese.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 della legge 2 aprile 1968, n. 482 ("Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private") sollevata dal Pretore di La Spezia con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 21 settembre 1983.