Sentenza n. 55 del 1961
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SENTENZA N. 55

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 3 giugno 1950, n. 375, promosso con ordinanza emessa il 16 maggio 1960 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Olimpo Amilcare, iscritta al n. 66 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 174 del 16 luglio 1960.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 21 giugno 1961 la relazione del Presidente Gaspare Ambrosini;

uditi l'avvocato Arturo Alfieri, per Olimpo Amilcare, e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Simi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nel procedimento penale avanti al Pretore di Brescia a carico di Olimpo Amilcare, imputato per il reato di cui agli artt. 14 e 22 della legge 3 giugno 1950, n. 375, conseguente alla mancata assunzione nella sua azienda di quattro invalidi di guerra per n. 264 giornate lavorative e di tre invalidi civili per fatto di guerra per n. 198 giornate lavorative, la difesa dell'imputato sollevò eccezione sulla legittimità costituzionale di tale legge.

Con ordinanza emessa il 16 maggio 1960 il Pretore di Brescia ha ritenuto che la legge stessa, prescrivendo l'assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi di guerra, sembra in contrasto con gli artt. 38, 41 e 42 della Costituzione, sia perché violerebbe il principio della libertà della iniziativa economica privata e delle garanzie della proprietà privata, sia perché porrebbe a carico di determinati gruppi di privati cittadini, oneri e retribuzioni spettanti alla collettività. Ed osservato che la definizione del giudizio penale dipende dalla risoluzione di tale questione di legittimità costituzionale, ha disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza é stata notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alla parte, comunicata ai Presidenti delle due Camere legislative e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 luglio 1960, n. 174.

La difesa di Olimpo Amilcare si é costituita depositando delle deduzioni in data 5 giugno 1960 nelle quali, rilevato che gli artt. 14 e 22 della legge 3 giugno 1950, n. 375, impongono al datore di lavoro di assumere, in percentuali diverse, invalidi militari e invalidi civili di guerra, si osserva che costoro, pur soffrendo di una invalidità determinante una diminuzione della propria attività lavorativa (che può anche essere superiore al 50 per cento della normale capacità), hanno diritto, ai sensi dell'art. 21 del D.P.R. 18 giugno 1952, n. 1176, ad una retribuzione pari a quella spettante al personale valido occupato.

Tale obbligo di assunzione degli invalidi sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto sanzionerebbe una disuguaglianza dei cittadini e violerebbe l'art. 36 della Costituzione, perché la retribuzione da corrispondersi agli invalidi non sarebbe proporzionata alla quantità e qualità del lavoro.

Richiamando la sentenza emanata da questa Corte il 16 dicembre 1958, n. 78, sull'imponibile di mano d'opera in agricoltura, la difesa privata sostiene che la legge in esame violerebbe l'art. 38 della Costituzione in quanto porrebbe a carico di una sola categoria di cittadini, e senza tenere conto della loro capacità contributiva di cui all'art. 53, un onere che per la sua natura di spesa pubblica di carattere assistenziale dovrebbe essere sopportato dallo Stato.

La legge impugnata contrasterebbe, inoltre, col principio della libertà della iniziativa economica privata sancito nell'art. 41 della Costituzione e col principio della garanzia della privata proprietà affermato nel successivo art. 42, e violerebbe, altresì, i principi generali che si evincono dal coordinato esame delle citate norme costituzionali.

Per il Presidente del Consiglio dei Ministri é intervenuta nel giudizio l'Avvocatura generale dello Stato depositando in data 6 giugno 1960 deduzioni a stampa, nelle quali sostiene che la questione in esame differisce da quella già prospettata e decisa dalla Corte in ordine alla disciplina dell'imponibile di mano d ' opera, e che é, invece, simile all'altra riguardante il collocamento dei mutilati e invalidi del lavoro, decisa dalla Corte con la sentenza dell'8 giugno 1960, n. 38. La legge impugnata non violerebbe, pertanto, gli artt. 38, 41 e 42 della Costituzione, perché l'obbligo di riservare agli invalidi una aliquota di posti di lavoro nell'impresa non avrebbe carattere assistenziale e non comporterebbe intervento dello Stato nell'attività di organizzazione economica, né lesione della garanzia della proprietà privata, ma soltanto una modesta riserva di posti a favore di cittadini minorati, che sarebbero così messi in condizione di avere assicurato un lavoro adeguato alle loro possibilità.  

Considerato in diritto 

Con l'ordinanza emessa il 26 maggio 1960 il Pretore di Brescia ha proposto la questione di legittimità costituzionale della legge 3 giugno 1950, n. 375, concernente "l'assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi di guerra", in riferimento agli artt. 38, 41 e 42 della Costituzione.

Per quanto riguarda la prospettata violazione dell'art. 38, é da osservare che non sussiste il presupposto su cui si basa l'ordinanza, che cioè la legge impugnata, nel disporre agli artt. 14 e 22 l'obbligo dei datori privati di lavoro di assumere nelle loro aziende un certo numero di invalidi di guerra, "porrebbe a carico di determinati gruppi di privati cittadini oneri e restrizioni spettanti alla collettività".

La legge impugnata, infatti, non detta, come sembra ritenere l'ordinanza in esame, provvidenze assistenziali a favore di invalidi al lavoro, per l'attuazione delle quali sono chiamate a provvedere, in base al penultimo comma dell'art. 38, "organi ed istituti disposti ed integrati dallo Stato", ma predispone un sistema inteso ad assicurare il lavoro ed a reinserire nella vita economica produttiva nazionale persone, che sono bensì minorate, ma che conservano una capacità di lavoro e si trovano ancora in grado di prestare la loro opera.

Rilevanti sono in proposito le norme che la legge impugnata detta, laddove in via generale prescrive all'art. 3, che "le disposizioni per il collocamento degli invalidi di guerra contenute nella presente legge non si applicano: a) agli invalidi che abbiano perduto ogni capacità lavorativa", e quando specificatamente dispone nell'ultimo comma dell'art. 14, che "le imprese di navigazione marittima ed aerea non sono tenute, per quanto riguarda il personale navigante, all'osservanza degli obblighi di cui ai precedenti commi".

Deve, inoltre, tenersi presente che gli invalidi di guerra hanno diritto ad ottenere un posto di lavoro, in quanto essi possano adeguatamente tenerlo in corrispondenza alle loro particolari attitudini e condizioni fisiche.

La legge detta all'uopo varie norme, come quelle relative: alla documentazione della propria attività lavorativa e professionale che deve dare ogni invalido aspirante all'occupazione (art. 6, n. 2); all'indicazione nella tessera personale rilasciata dall'Opera nazionale all'invalido del grado di rieducazione professionale e di capacità lavorativa generica e specifica e dei posti occupati prima e dopo la mutilazione (art. 8, nn. 4, 5 e 7); alla limitazione per le ammissioni di invalidi nei servizi attivi nelle Ferrovie dello Stato e dei servizi pubblici di trasporto in concessione "alle qualifiche ed alle percentuali indicate nella tabella che segue... " (art. 12); all'affidamento ad un apposito collegio medico del l'accertamento delle "condizioni di idoneità fisica degli invalidi concorrenti a posti notarili" (art. 13, secondo comma).

Può, quindi, dirsi che la legge del 3 giugno 1950, n. 375, riguarda bensì gli invalidi di guerra, ma non totalmente inabili al lavoro, e che in favore di questi dispone provvidenze di carattere non assistenziale, ma di avviamento al lavoro.

Detta legge, adunque, non soltanto non contrasta con la norma del penultimo comma dell'art. 38 della Costituzione, ma anzi é in armonia col disposto del terzo comma dello stesso articolo riguardante il diritto degli inabili e minorati "all'educazione ed all'avviamento professionale".

La Corte si é pronunciata in questo stesso senso nella sentenza dell'8 giugno 1960, n. 38, decidendo una consimile questione sulla legittimità costituzionale del D.L.C.P.S. del 3 ottobre 1947, n. 1222, ratificato con legge del 9 aprile 1953, n. 292, concernente "l'assunzione obbligatoria dei mutilati ed invalidi del lavoro nelle imprese private".

Ugualmente infondati sono i motivi inerenti alla proposta questione sulla legittimità costituzionale della legge n. 375 del 1950, in riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione.

Si assume nell'ordinanza del Pretore di Brescia che la detta legge sarebbe in contrasto con gli artt. 41 e 42 "perché violerebbe il principio della libertà della iniziativa economica privata e delle garanzie della proprietà privata".

Ma, in effetti, la legge in esame non limita o comprime l'iniziativa economica privata, né la garanzia della proprietà privata, giacché non incide sull'organizzazione economica delle imprese, non importando per i datori di lavoro altro obbligo che quello di riservare per gli invalidi di guerra una modesta aliquota di posti rispetto al numero totale dei dipendenti, che essi datori di lavoro hanno liberamente determinato e che potrebbero liberamente cambiare.

Anche qui, come nel caso del D.L.C.P.S. del 3 ottobre 1947, n. 1222, sopracitato, ed esaminato da questa Corte con la sentenza n. 38 del 1960, si é in presenza di un sistema che non contrasta con gli artt. 41 e 42 della Costituzione, perché, secondo quanto la Corte osservò in tale sentenza, il sistema predisposto per l'assunzione al lavoro dei minorati si svolge in base a condizioni e criteri prestabiliti e non discrezionali, e senza che venga alterata la valutazione dei datori di lavoro in ordine al dimensionamento delle imprese.

Va, altresì, messo in rilievo che l'assunzione al lavoro degli invalidi di guerra avviene attraverso un procedimento di accertamento della capacità lavorativa e della idoneità dell'invalido aspirante ad un determinato posto di lavoro, e che nel sistema della legge non vi ha discordanza tra la prestazione di lavoro da parte dell'invalido assunto dall'impresa e la retribuzione che deve venirgli corrisposta, - come si desume anche dall'art. 20, il quale prescrive che "agli invalidi ammessi al lavoro in forza della presente legge devono essere applicate le normali condizioni di assunzione e di lavoro delle aziende". E su questo principio ritorna l'art. 21 del D.P.R. del 18 giugno 1956, n. 1176, contenente il regolamento per l'esecuzione della legge, disponendo: "L'invalido assunto in virtù della legge ha diritto alle condizioni di retribuzione vigenti per il personale occupato ed é soggetto agli stessi obblighi stabiliti in genere per il personale dell'azienda ed agli stessi regolamenti e norme di lavoro fermo restando quanto é disposto dal quarto comma dell'art. 4 del presente regolamento".  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione proposta dal Pretore di Brescia con ordinanza del 16 maggio 1960 sulla legittimità costituzionale della legge 3 giugno 1950, n. 375, concernente l'assunzione obbligatoria al lavoro degli invalidi di guerra, in riferimento agli artt. 38, 41 e 42 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1961.

Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria l'11 luglio 1961.