ORDINANZA N.54
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 222, primo comma, e 203, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa l’11 dicembre 1996 dal Pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Gabellotto Guerrino, iscritta al n. 119 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale per il furto di un borsello e un mazzo di chiavi lasciati incustoditi sul banco di una chiesa, il consulente del giudice rilevava che il soggetto arrestato era "portatore di un’infermità di mente e cioé di una grave debolezza mentale ed eziologica organica" con "capacità di concettualizzazione pressochè nulla e ragionamento e giudizio gravemente deficitari", concludendo, da un lato, per la non imputabilità e, dall’altro, per la sussistenza della pericolosità sociale, perchè "potrà realizzare ulteriori comportamenti di analoga indole e quindi illeciti";
che, ad avviso del Pretore di Padova, ricorrerebbero le condizioni per il ricovero obbligatorio in ospedale psichiatrico giudiziario del prevenuto, ai sensi dell’art. 222 del codice penale, essendo contestato un delitto la cui pena edittale massima consiste nella reclusione fino a sei anni (artt. 624, 625, numero 4, prima ipotesi, del codice penale);
che, inoltre, l’imputato sarebbe noto all’ufficio in ragione di frequenti arresti per fatti di indole e disvalore modesti, onde la "pericolosità sociale" e l’automatismo nell’applicazione della misura di sicurezza (artt. 203 e 222 del codice penale);
che, pur non ignorando le pronunce della Corte costituzionale (nn. 111 del 1996 e 334 del 1994), ove si afferma che l’art. 27, terzo comma, della Costituzione é applicabile soltanto alle pene, e non alle misure di sicurezza, e che la declaratoria di illegittimità, concernente l’ospedale psichiatrico giudiziario, comporterebbe innovazioni normative tali da risultare invasive della discrezionalità del legislatore, il giudice a quo ha sollevato due distinte questioni ritenute "alternative e/o concorrenti", la prima relativa all’art. 222, e la seconda all’art. 203 del codice penale;
che in ordine alla norma contenuta nell’art. 222 il rimettente censura il richiamo a una pena astrattamente irrogabile e non a quella in concreto applicata, o applicabile, così denunciando l’automatismo applicativo della misura; mentre con riguardo all’art. 203 osserva che - al di là di ogni valutazione soggettiva e della tipologia dei reati - la disposizione assume a presupposto la probabile commissione di nuovi fatti idonei a recare pericolo alla collettività;
che il più recente legislatore, disciplinando il procedimento penale per i minori (artt. 36, 37, comma 2, e 39 del decreto legislativo n. 448 del 1988) ha introdotto una ponderata nozione di pericolosità sociale ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza;
che tale ultima previsione non potrebbe essere ricondotta alle specifiche esigenze dei minori, palesandosi criterio valido per tutti gli imputati;
che, in particolare, l’applicazione della misura di sicurezza comporterebbe per il cittadino non imputabile il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario anche quando appaia probabile la commissione di nuovi reati, il cui disvalore, oggetto dell’apprezzamento del giudice, non sia in concreto tale da giustificare un giudizio di pericolosità sociale;
che siffatto automatismo violerebbe gli artt. 2 e 32 della Costituzione, perchè - privato di validi aiuti sanitari, sociali e materiali anche quando le condotte eventualmente realizzabili non si presentino di gravità tale da giustificare le esigenze di tutela della collettività - l’imputato vedrebbe ristretta la sfera della propria libertà personale;
che il Pretore di Padova ha promosso due distinti giudizi di costituzionalità: il primo, relativo all’art. 222, primo comma, del codice penale, "nella parte in cui non prevede che siano fatti salvi i delitti dolosi per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo concretamente determinato non superiore nel massimo a due anni"; il secondo, relativo all’art. 203, primo comma, dello stesso codice, limitatamente alle parole "quando é probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati";
che, secondo il rimettente, le soluzioni indicate non inciderebbero sulla discrezionalità del legislatore: per l’art. 222, sarebbe infatti possibile individuare la pena adeguata al fatto, applicabile dal giudice in caso di proscioglimento dell’imputato per infermità di mente; mentre per l’art. 203 l’eliminazione dell’inciso di cui sopra non determinerebbe alcun vuoto normativo, fornendo nel contempo una disciplina costituzionalmente corretta;
che le due questioni, sollevate con riferimento agli stessi parametri normativi, avrebbero una loro autonomia: l’una, incidendo sui presupposti applicativi delle misure di sicurezza; e l’altra specificamente sul presupposto del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario;
che esse sarebbero rilevanti, perchè l’accoglimento di ciascuna consentirebbe all’imputato di evitare l’applicazione della misura di sicurezza;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o, in subordine, per la manifesta infondatezza.
Considerato che vengono all’esame della Corte le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, primo comma, del codice penale, "nella parte in cui non prevede che siano fatti salvi i delitti dolosi per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo concretamente determinato non superiore nel massimo a due anni", e dell’art. 203, primo comma, dello stesso codice, limitatamente alle parole "quando é probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati"; disposizioni censurate per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione;
che l’ordinanza del Pretore di Padova solleva due questioni di legittimità costituzionale con riguardo a un’unica fattispecie applicativa della misura di sicurezza dell’ospedale psichiatrico giudiziario;
che l’eccezione di inammissibilità avanzata dall’Avvocatura é fondata, perchè il giudice a quo, prospetta le due questioni come "alternative e/o concorrenti", lasciando alla Corte il compito (che é invece del rimettente) di determinarne l’ordine logico;
che le questioni, pertanto, difettano della necessaria univocità, per cui vanno dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità:
a) della questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Pretore di Padova con l’ordinanza in epigrafe;
b) della questione di legittimità costituzionale dell’art. 203, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, e 32 della Costituzione dal Pretore di Padova, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Francesco GUIZZI
Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.