Sentenza n.40/98

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SENTENZA N. 40

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato            GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco        GUIZZI         

- Prof.    Cesare             MIRABELLI

- Prof.    Fernando        SANTOSUOSSO     

- Avv.    Massimo         VARI 

- Dott.   Cesare             RUPERTO    

- Dott. Riccardo           CHIEPPA     

- Prof.    Gustavo          ZAGREBELSKY     

- Prof.    Valerio            ONIDA         

- Prof.    Carlo               MEZZANOTTE       

- Avv.    Fernanda         CONTRI       

- Prof.    Guido              NEPPI MODONA   

- Prof.    Piero Alberto  CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale         MARINI                   

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), aggiunto con il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216, promossi con ordinanze emesse: 1) il 25 luglio 1996 dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna sul ricorso proposto da AL.CO. Albertini Costruzioni s.n.c. contro il Ministero dei lavori pubblici ed altri, iscritta al n. 1352 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1997; 2) il 25 giugno - 3 ottobre 1996 dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna sul ricorso proposto dal Consorzio Artigiani Edili e Affini - CAREA s.r.l. contro lo IACP della provincia di Bologna ed altri, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 25 luglio 1996 (reg. ord. n. 1352 del 1996) nel corso di un giudizio diretto ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione di un appalto mediante licitazione privata indetta dal Provveditorato alle opere pubbliche per l’Emilia-Romagna, per essere stata esclusa l’offerta con un ribasso maggiore di quello risultato ammissibile, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici).

La disposizione denunciata, aggiunta con il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216, nell’adottare il criterio del prezzo più basso per l’aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto o licitazione privata, stabilisce (al comma 1-bis, ultima parte) che fino al 1° gennaio 1997 sono escluse dagli appalti di lavori pubblici di importo superiore ed inferiore alla soglia comunitaria le offerte che presentino una percentuale di ribasso che superi di oltre un quinto la media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse.

Il Tribunale amministrativo ritiene di dover applicare questa norma, nonostante sia in contrasto con il diritto comunitario, che non consente l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse ma ne prevede la verifica in contraddittorio con l’interessato, perchè l’importo dell’appalto é inferiore a quello considerato dalla disciplina comunitaria. Lo stesso giudice ritiene, tuttavia, che l’esclusione delle offerte, basata su di un criterio matematico di determinazione del massimo ribasso consentito, sia in contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, enunciato dall’art. 97 della Costituzione. Difatti essa impedirebbe in modo assoluto di fruire del prezzo più vantaggioso e di realizzare gli obiettivi dell’amministrazione con il minor sacrificio economico. Il criterio adottato dal legislatore sarebbe inoltre suscettibile di provocare effetti distorsivi, rendendo possibile interferire in un meccanismo i cui valori sono determinati dalle imprese, le quali, accordandosi nella presentazione delle offerte, potrebbero menomare ingiustamente la posizione di chi non partecipa all’accordo e presenta un’offerta con un prezzo inferiore.

  2. - Con ordinanza emessa il 25 giugno - 3 ottobre 1996 (reg. ord. n. 193 del 1997) nel corso di un giudizio promosso per ottenere l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione di lavori a seguito di licitazione privata indetta dall’Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Bologna, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, ultima parte, della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

Il giudice rimettente rileva che i lavori, il cui importo é inferiore a quello previsto per l’applicazione della disciplina comunitaria, sono stati aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, determinato mediante offerte a prezzi unitari, e ritiene che debba essere applicata la norma che prevede l’esclusione automatica delle offerte con una percentuale di ribasso che superi di un quinto la media aritmetica di tutte le offerte ammesse. In base a questo criterio la ditta aggiudicataria dell’appalto avrebbe dovuto essere esclusa. Ma proprio il criterio adottato dal legislatore sarebbe in contrasto con il principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione), perchè non consentirebbe di realizzare i lavori da appaltare con il minor sacrificio economico possibile. Inoltre l’obbligo di esclusione generalizzata delle offerte anomale, senza la loro puntuale verifica in contraddittorio con l’offerente, potrebbe provocare effetti distorsivi, rendendo possibile ai partecipanti alla gara di interferire in un meccanismo i cui valori sono determinati dalle stesse imprese, le quali potrebbero accordarsi nel presentare le offerte, per alzare o abbassare la soglia di ammissibilità delle offerte. Sarebbe inoltre irragionevole, ed in contrasto con il principio di buona amministrazione, che la stessa offerta successivamente esclusa concorra a determinare la media alla quale si rapporterà il livello di ammissibilità delle offerte.

  Ad avviso del giudice rimettente, la lesione della norma costituzionale risulterebbe aggravata quando il ridotto numero delle offerte ammesse o presentate consentirebbe il controllo, in contraddittorio con l’interessato, dei sospetti di anomalia, senza che ne derivino intralci per la speditezza dell’azione amministrativa. L’irragionevolezza sarebbe ancora maggiore nei casi di aggiudicazione con il sistema dei prezzi unitari, che non consentirebbe scarti o ribassi eccessivi, sicchè pur in presenza di offerte sostanzialmente omogenee sarebbero escluse quelle di poco inferiori ad altre ammesse.

L’irragionevolezza del meccanismo di esclusione automatica comporterebbe anche la violazione dell’art. 3 della Costituzione, per l’ingiustificata disparità di trattamento tra offerte ammesse ed offerte escluse, essendo incongruo ed iniquo il criterio della loro differenziazione.

3. - Nei due giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate.

L’Avvocatura premette che, per gli appalti di importo inferiore alla soglia stabilita dalla direttiva comunitaria sugli appalti, la legge italiana non é vincolata a rispettare il modello comunitario, che consente l’esclusione dell’offerta reputata anomala solo dopo che siano state valutate le giustificazioni fornite dall’offerente.

Il criterio automatico di individuazione dell’offerta anomala, adottato dalla disposizione denunciata, non sarebbe criticabile sotto il profilo della congruenza allo scopo e della ragionevolezza o razionalità, giacchè per opere di minore rilievo economico non entrano in gioco divari tra le capacità tecnologiche ed organizzative dell’impresa che possono talvolta giustificare ribassi eccezionali.       La scelta legislativa, dell’esclusione automatica, sarebbe intesa a soddisfare esigenze di speditezza dell’azione amministrativa, che é fattore essenziale del buon andamento. Mentre i possibili inconvenienti, segnalati dal giudice rimettente per il criterio di esclusione delle offerte fondato sull’applicazione di una formula aritmetica, varrebbero per ogni sistema che si avvalga di automatismi basati su indici sintomatici.

Ad avviso dell’Avvocatura, il metodo automatico di individuazione dell’offerta anomala non sarebbe di per sè criticabile sotto il profilo della ragionevolezza. Questo varrebbe ad escludere anche la violazione del principio di eguaglianza per il diverso trattamento delle offerte, in ragione della loro posizione rispetto alla soglia di ammissione fissata con il computo della media.

Considerato in diritto

 

1. - Le questioni di legittimità costituzionale investono i criteri di aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto o licitazione privata. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna ritiene che l’art. 21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) aggiunto con il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216 , nello stabilire, fino al 1° gennaio 1997, l’esclusione automatica delle offerte che presentino una percentuale di ribasso che superi di oltre un quinto la media aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse, sia in contrasto con l’art. 97 (reg. ord. n. 1352 del 1996) o con gli artt. 3 e 97 della Costituzione (reg. ord. n. 193 del 1997).

Ad avviso dei giudici rimettenti, l’esclusione automatica di offerte con maggiore ribasso, senza che debba essere verificata in concreto in ciascun caso la loro affidabilità, contrasterebbe con il principio di buon andamento dell’amministrazione, perchè priverebbe irragionevolmente quest’ultima della possibilità di scegliere l’offerta con il prezzo più vantaggioso. Il criterio di esclusione basato sulla media delle offerte presentate dagli stessi partecipanti alla gara sarebbe, inoltre, irragionevole, sia perchè le imprese potrebbero accordarsi sulle offerte da presentare, sia perchè la media alla quale viene riferita la percentuale di ribasso ammissibile é determinata tenendo conto anche delle offerte che saranno successivamente considerate anomale. La lesione del principio di buon andamento sarebbe evidente se si considera che, quando il numero di offerte é ristretto o quando le offerte escluse presentano un prezzo che si discosta di poco da quello ammesso, sarebbe possibile la verifica di quelle anomale senza che ne derivino intralci alla speditezza dell’azione amministrativa. Il meccanismo automatico di esclusione, essendo irragionevole, renderebbe, infine, non giustificata la disparità di trattamento tra le offerte ammesse e quelle escluse.

2. - Le due questioni di legittimità costituzionale investono, con prospettazioni pressochè identiche, la medesima disposizione. Essendo evidentemente connesse, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia.

3. - I dubbi di legittimità costituzionale non sono fondati.

  La disposizione costituzionale che impone di organizzare i pubblici uffici in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost.) stabilisce sia una finalità da perseguire e da raggiungere che un criterio caratterizzante l’azione amministrativa.

  Il principio di buon andamento riguarda non solo i profili attinenti alla struttura degli apparati ed all’articolazione delle competenze attribuite agli uffici che compongono la pubblica amministrazione, ma, investendone il funzionamento nel suo complesso (sentenza n. 22 del 1966), comprende anche i profili attinenti alle funzioni ed all’esercizio dei poteri amministrativi. Al principio di buon andamento deve essere improntata sia la disciplina dell’organizzazione che quella delle attività e delle relazioni dell’amministrazione con altri soggetti; i relativi procedimenti devono essere idonei a perseguire la migliore realizzazione dell’interesse pubblico, nel rispetto dei diritti e degli interessi legittimi dei soggetti coinvolti dall’attività amministrativa.

L’obiettivo del buon andamento dell’amministrazione può essere, tuttavia, perseguito e realizzato con modalità e strumenti diversi, egualmente efficaci, la cui scelta é rimessa, nei limiti della ragionevolezza, alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 103 del 1993).

In questa prospettiva anche la disciplina dei procedimenti amministrativi deve essere improntata al principio di buon andamento, quindi coerente e congrua rispetto al fine che si vuol perseguire (sentenza n. 331 del 1988; sentenza n. 123 del 1968), in relazione sia all’esigenza generale di efficienza dell’azione amministrativa (sentenza n. 266 del 1993) che agli obiettivi particolari cui é preordinata la disciplina di specifici procedimenti.

4. - In materia di appalti mediante pubblico incanto o licitazione privata, l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso persegue l’obiettivo dell’amministrazione di acquisire, con il minor onere economico, la prestazione richiesta e garantisce condizioni di parità tra gli offerenti riconosciuti idonei a fornire l’opera o il servizio, posti in concorrenza tra di loro. Risponde, tuttavia, al pubblico interesse anche evitare che un ribasso eccessivo sia significativo di un’offerta non affidabile e ponga a rischio, nella esecuzione della prestazione, l’esatto o il tempestivo adempimento.

Anche quest’ultimo interesse può essere egualmente perseguito con strumenti diversi.

  La disciplina comunitaria, che regola solo gli appalti di importo superiore ad una determinata soglia, compone l’esigenza di garantire la concorrenza e di acquisire la prestazione al prezzo più vantaggioso per l’amministrazione con l’esigenza di assicurare la serietà delle offerte, prevedendo che l’amministrazione, prima di rifiutare quelle che presentino carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione, chieda le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione dell’offerta e proceda alla verifica, tenendo conto delle giustificazioni fornite (art. 30 della direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993). Non può, dunque, essere disposta l’esclusione di una offerta in base a criteri matematici, ma occorre sempre una motivata valutazione e determinazione dell’amministrazione.

Per gli appalti che non rientrano nella disciplina comunitaria, l’esigenza di garantire la serietà dell’offerta, in relazione al ribasso proposto, può essere perseguita anche con modalità diverse.

  La norma denunciata esclude la discrezionalità dell’amministrazione, restringendo la scelta del prezzo più basso in una fascia delimitata secondo un criterio predeterminato, nel cui ambito si presume che l’offerta sia affidabile. La media delle offerte esprimerebbe un prezzo che, in base appunto ad una valutazione "media", é considerato adeguato e rispetto al quale un ribasso nei limiti della percentuale prevista dalla legge non porrebbe a rischio la serietà dell’offerta. Questa disciplina, oltre ad avere carattere del tutto temporaneo, essendo operante soltanto sino al 1° gennaio 1997, riguarda esclusivamente appalti di minore importo, per i quali una più complessa procedura di analisi delle offerte é considerata eccessivamente onerosa rispetto al beneficio che deriverebbe dal minor prezzo eventualmente ottenibile e tale da rendere meno tempestiva l’aggiudicazione dei lavori. In questi limiti la scelta del legislatore non appare palesemente arbitraria nè incoerente o incongrua rispetto al fine.

Neppure può essere considerato palesemente irragionevole prevedere che la percentuale di ribasso ammissibile sia riferita alla media di tutte le offerte, tenendo conto anche di quelle il cui ribasso sarà poi considerato eccessivo. Difatti ogni offerta dovrebbe esprimere il prezzo considerato effettivamente adeguato da ciascun concorrente ammesso, il quale é sempre un potenziale destinatario dell’aggiudicazione, non essendo prevedibile in anticipo, rispetto alla presentazione di tutte le offerte, la fascia di ribasso consentito, nella quale l’offerta stessa potrebbe poi risultare compresa.

Le ordinanze di rimessione argomentano le distorsioni che potrebbero derivare da accordi tra partecipanti alla gara nella presentazione delle offerte. Vengono, in tal modo, prospettate situazioni patologiche, le quali potrebbero configurare una illecita turbativa della gara e che, appunto in quanto non attinenti al normale funzionamento della disciplina denunciata, non possono essere poste a base di una pronuncia di illegittimità costituzionale (da ultimo, sentenza n. 175 del 1997).

5. La violazione dell’art. 3 della Costituzione per ingiustificata disparità di trattamento tra offerte ammesse ed offerte automaticamente escluse é stata denunciata sul presupposto della irragionevolezza del criterio di determinazione del ribasso ammissibile. Ma, in difetto di questo presupposto, non si può ritenere che il diverso trattamento delle offerte abbia carattere discriminatorio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), aggiunto con il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 5 marzo 1998.