Ordinanza n. 254

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ORDINANZA N.254

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 123, comma 4, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1996 dal Pretore di Fermo nel procedimento civile vertente tra Macarri Massimo e la Cassa di Risparmio di Fermo s.p.a., iscritta al n. 434 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1997 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza emessa in data 7 marzo 1996 (r.o. n. 434 del 1996), nel corso di una causa civile vertente tra Macarri Massimo e la Cassa di Risparmio di Fermo s.p.a., il Pretore del circondario di Fermo, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 123, comma 4, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657);

che, secondo il giudice rimettente la norma censurata, nel far riferimento, ai fini del diritto del titolare della esattoria ad essere assunto presso il nuovo concessionario, "non al reddito che il titolare (o il suo dante causa) abbia tratto dalla gestione dell'esattoria, bensì ad un dato non significativo, quale l'ammontare delle riscossioni", vanificherebbe la finalità della disposizione stessa diretta a tutelare "il titolare il quale abbia prestato attività lavorativa assimilabile a quella dei dipendenti";

che l'ordinanza sollecita una pronuncia della Corte volta all'introduzione di un criterio che faccia, invece, riferimento al reddito effettivamente conseguito dal titolare o dal suo dante causa, da rapportarsi al reddito di lavoro, percepito, all'epoca, dai lavoratori dipendenti dalle esattorie, garantendo così la tutela effettiva del lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" (art. 35 della Costituzione) ed evitando una discriminazione in danno dei titolari delle esattorie "che abbiano svolto attività assimilabile a quella degli (eventuali) loro dipendenti";

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sollevata sia dichiarata infondata.

Considerato che l'art. 123 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, dopo aver previsto (comma 1) per i titolari di esattorie delle imposte da data anteriore al 31 dicembre 1980, in carica alla data di entrata in vigore della legge 4 ottobre 1986, n. 657, nonchè per gli eredi succeduti nella gestione dopo il 31 dicembre 1980, il diritto ad essere assunti alle dipendenze dei concessionari del servizio di riscossione dei tributi, esclude, tuttavia, con la disposizione impugnata, "i titolari di esattorie nonchè gli eredi succeduti nella gestione, se nell'anno 1983, per dette esattorie, sono stati percepiti aggi, per riscossioni in base a ruolo e per versamento diretto, complessivamente superiori a 50 milioni di lire";

che, contrariamente a quanto assume il rimettente, il dato di riferimento adottato per individuare il diritto ad essere assunti dalle nuove concessionarie del servizio si può considerare espressivo sia dell'entità delle riscossioni, sia del reddito conseguito dall'esattore;

che, comunque, il criterio accolto é frutto di scelte discrezionali del legislatore medesimo al quale soltanto spetta di stabilire non solo in ordine all'an, ma anche in ordine ai presupposti del diritto all'assunzione, con il solo limite della non arbitrarietà o manifesta irragionevolezza della scelta operata;

che, a parte ciò, l'art. 4 della Costituzione é disposizione che, come già evidenziato dalla Corte, non offre una garanzia costituzionale in ordine alla conservazione del posto di lavoro ove siano intervenuti, come nel caso di specie, mutamenti nelle situazioni giuridiche ed economiche, su cui il rapporto di lavoro risulti fondato (sentenza n. 419 del 1993), mentre l'art. 35 della Costituzione enuncia solo un principio generale di garanzia del lavoro, demandando al legislatore, in concreto, la disciplina per la protezione delle varie forme di attività lavorative (sentenza n. 1 del 1986);

che la questione, pertanto, deve ritenersi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 123, comma 4, del d. P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dal Pretore del circondario di Fermo, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.