SENTENZA N. 419
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge regionale della Sicilia 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per la gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in Sicilia), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 15 dicembre 1992 dal Tribunale di Nicosia nei procedimenti civili vertenti tra la SO.GE.SI S.p.A. e Anello Rosaria e Maria, iscritte ai nn. 161 e 162 del registro ordinanze del 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visti gli atti di costituzione di Anello Rosaria e Anello Maria nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli.
Ritenuto in fatto
1. - Con due ordinanze di identico contenuto, emesse entrambe il 15 dicembre 1992 nel corso delle controversie di lavoro, in grado di appello, vertenti rispettivamente tra la SO.GE.SI S.p.A. e Anello Maria e sempre tra la SO.GE.SI. S.p.A. e Anello Rosaria, il Tribunale di Nicosia, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge regionale della Sicilia 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per la gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in Sicilia), in relazione agli artt. 3 e 4 della Costituzione.
Il Tribunale rimettente rileva che ai sensi del citato art. 5 della legge regionale n. 55 del 1984 i titolari di esattorie in carica alla data del 31 dicembre 1984 sono stati assunti, su loro richiesta, dalla SO.GE.SI. S.p.A., società costituita ai sensi dell'art. 1 della stessa legge ed avente come oggetto sociale la gestione delle esattorie delle imposte dirette in Sicilia; e che in virtù del successivo art. 6 la SO.GE.SI. medesima ha provveduto alla conferma del personale già in servizio presso le esattorie rilevate purchè risultasse iscritto alla data del 31 dicembre 1983 al fondo di previdenza degli impiegati esattoriali.
Ad avviso del Tribunale di Nicosia le norme sopracitate - volte a garantire, tanto ai titolari delle esattorie rilevate quanto ai dipendenti delle stesse, la possibilità di proseguire nella propria attività lavorativa - determinerebbero una ingiustificata disparità di trattamento ai danni dei compartecipi di esattorie costituite in forma di impresa familiare, ai sensi dell'art. 230-bis del codice civile, che resterebbero privi della disposta tutela, non potendo essere equiparati nè ai titolari di esattorie (dal momento che il rapporto associativo del gruppo familiare ha rilevanza esclusivamente interna e solo il familiare-imprenditore risulta gestore dell'impresa con rilevanza esterna) nè ai lavoratori subordinati delle esattorie stesse (dato che tra i partecipanti all'impresa familiare non sussiste alcun vincolo di subordinazione). Pertanto, con la legge sospettata di incostituzionalità si sarebbe determinata una discriminazione tra i lavoratori che, non avvalendosi dell'istituto dell'impresa familiare, sono stati confermati a svolgere la loro attività presso le esattorie SO.GE.SI. e quelli che, facendo ricorso all'impresa familiare, si sono visti respingere le relative richieste di assunzione.
Per questo il giudice a quo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 4 della Costituzione, prospettata dalle resistenti, che si sono viste respingere dalla SO.GE.SI. le proprie richieste di assunzione, in virtù della soprarichiamata normativa regionale, pur avendo svolto attività lavorativa dall'1.1.1977 al 30.9.1980 presso le esattorie comunali di Agira e Nicosia come dipendenti e dal 26.12.1980 fino al conferimento delle esattorie alla SO.GE.SI. quali partecipanti all'impresa familiare costituita con il genitore-esattore.
2. - Con distinti atti di intervento di identico contenuto, depositati fuori termine, sono intervenute nei giudizi Anello Rosaria e Anello Maria, appellante nei procedimenti a quo, per aderire alle tesi formulate dal Tribunale rimettente.
3. - Si é costituita nei due giudizi, con atti di identico contenuto, la Regione Sicilia, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo l'infondatezza della questione.
A giudizio della Regione non potrebbe essere sindacata sotto il profilo della legittimità costituzionale la scelta discrezionale operata dal legislatore regionale di non estendere la tutela di cui alle norme impugnate anche alla diversa e peculiare fattispecie dei compartecipi dell'impresa familiare.
La Regione condivide l'assunto del Tribunale rimettente secondo il quale i suddetti compartecipi non sarebbero assimilabili nè alla figura del titolare-esattore, che é il componente-imprenditore dell'impresa familiare, nè a quella dei lavoratori dipendenti, data l'assenza di un rapporto di subordinazione all'interno della stessa impresa familiare. Ma proprio tali considerazioni, unitamente a quella che i partecipanti all'impresa familiare percepiscono una quota di utili, varrebbero a contrastare - a giudizio della stessa Regione - la pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Nè sarebbe fondata l'asserita violazione dell'art. 4 della Costituzione, in quanto la normativa regionale impugnata non avrebbe interferito in alcun modo sulla libera scelta della forma di svolgimento dell'attività lavorativa da parte di quanti avevano a suo tempo deciso di fare ricorso all'istituto dell'impresa familiare.
Considerato in diritto
l. -Il Tribunale di Nicosia, in funzione di giudice del lavoro, con due ordinanze di identico contenuto ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 5 e 6 della legge regionale siciliana 21 agosto 1984, n. 55, in quanto in tali disposizioni non si prevede-ai fini della possibilità di assunzione, su domanda, presso la SO.GE.SI S.p.A., succeduta alle precedenti gestioni esattoriali delle imposte dirette -l'equiparazione tra i compartecipi di impresa familiare di esattoria ed i titolari o i dipendenti delle imprese esattoriali costituite in altre forme giuridiche.
2. - I due giudizi, stante l'identità di contenuto delle ordinanze di rimessione, possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.
3. - La questione non è fondata.
Nella fase di passaggio tra il vecchio sistema di esattorie in concessione ed il nuovo sistema nel quale il servizio di riscossione delle imposte dirette è stato affidato ad una società di diritto privato, la SO.GE.SI S.p.A., il legislatore regionale, con la legge 21 agosto 1984, n. 55, ha ritenuto di assicurare la possibilità di assunzione, a domanda, presso tale società per due categorie di soggetti: gli imprenditori già titolari delle esattorie concessionarie in carica alla data del 31 dicembre 1984 (art. 5) ed i lavoratori dipendenti delle medesime esattorie, iscritti al fondo di previdenza degli impiegati esattoriali alla data del 31 dicembre 1983 (art.6). La stessa possibilità di assunzione non è stata, invece, prevista dalla disciplina in contestazione per i partecipanti alle imprese esattoriali costituite in forma di impresa familiare ai sensi dell'art. 230- bis del codice civile.
Questa scelta legislativa trova, peraltro, la sua giustificazione nel fatto che l'impresa familiare, così come configurata nell'art. 230-bis del codice civile, si caratterizza come istituto associativo del tutto peculiare: un istituto cioè che è tale da escludere, da un lato, nei rapporti esterni, la presenza di un vincolo societario suscettibile di estendere la responsabilità gestionale al di là della figura del familiare-imprenditore;
dall'altro, nei rapporti interni, la possibilità di ricondurre allo schema proprio del rapporto di lavoro subordinato l'apporto collaborativo prestato dal singolo familiare nell'ambito del l'impresa. Tale particolare configurazione dell'impresa familiare viene, del resto, posta in luce dallo stesso giudice a quo, che, nelle ordinanze di rinvio, rileva come i compartecipi dell'impresa familiare diversi dal familiare-imprenditore non possano essere equiparati nè ai titolari di esattorie (poichè il rapporto associativo del gruppo familiare ha rilevanza esclusivamente interna e solo il familiare- imprenditore risulta gestore dell'impresa con rilevanza esterna), nè ai lavoratori dipendenti delle stesse esattorie (dato che nell'impresa familiare non sussiste il vincolo di subordinazione proprio del rapporto di lavoro subordinato).
Queste considerazioni conducono, pertanto, a escludere- contrariamente a quanto asserito dal giudice a quo - che il legislatore regionale, per il fatto di non avere esteso ai compartecipi di impresa familiare la tutela prevista per le categorie dei titolari di impresa e dei lavoratori dipendenti, possa avere violato il principio di eguaglianza di cui all'art.3 Cost., in quanto la diversa disciplina adottata nelle due ipotesi corrisponde a situazioni obbiettivamente differenziate il cui apprezzamento, in sede di individuazione dell'ambito di operatività della disciplina adottata, non può non risultare riservato alla sfera propria della discrezionalità del legislatore.
Nè va trascurato il fatto che nel d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, istitutivo del servizio di riscossione dei tributi dello Stato, in attuazione della delega disposta con la legge 4 ottobre 1986, n.657 -i cui principi sono stati espressamente riferiti anche alla Regione siciliana, che in materia ha competenza legislativa di tipo concorrente-è stata prevista una salvaguardia dei preesistenti rapporti di lavoro che, in analogia a quella stabilita dalla normazione regionale impugnata, non si estende ai soggetti che hanno prestato la loro attività nell'ambito dell'impresa familiare (v. artt. 122 e 123).
4.-Infine, non può essere accolta la censura formulata con riferimento all'art. 4 Cost., dal momento che questa norma non offre una garanzia costituzionale in ordine alla conservazione del posto di lavoro, ove siano intervenuti mutamenti nelle situazioni, giuridiche ed economiche, su cui il rapporto di lavoro risulti fondato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.5 e 6 della legge regionale siciliana 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per la gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in Sicilia), in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, sollevata dal Tribunale di Nicosia, in funzione di giudice del lavoro, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/11/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 25/11/93.