ORDINANZA N. 172
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Bernardini Rita, Fiori Raffaella e Sabatano Mauro, nella qualità di promotori e presentatori dei referendum abrogativi in tema di esercizio della caccia e di obiezione di coscienza nei confronti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, sorto a seguito degli atti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati con cui sono state approvate fasi del procedimento legislativo vòlto alla approvazione di leggi miranti al superamento dei referendum abrogativi già indetti, con ricorso depositato il 3 giugno 1997 ed iscritto al n. 75 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 3 giugno 1997, i comitati promotori dei referendum abrogativi in tema di "esercizio della caccia" e di "obiezione di coscienza", indetti con d.P.R. 15 aprile 1997 (in Gazzetta Ufficiale n. 90 del 18 aprile 1997), hanno proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in relazione all'approvazione da parte del Senato -- in data, rispettivamente, 26 febbraio e 29 gennaio 1997 -- di un disegno di legge recante "Norme per l'accesso ai fondi agricoli" e di altro recante "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza", nonchè agli atti della Camera dei deputati con cui sono state assegnate in Commissione e poi in Aula la discussione e la votazione sui disegni di legge approvati dal Senato, chiedendo che la Corte, previa declaratoria di ammissibilità e sospensiva degli atti impugnati, dichiari nel merito che non spetta alle Camere approvare leggi che incidono sulle materie oggetto dei quesiti nell'imminenza della consultazione referendaria;
che i ricorrenti hanno altresì chiesto alla Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale -- in riferimento agli artt. 3, 48 e 75 Cost. -- dell'art. 39 della legge 25 maggio 1970 n. 352, nella parte in cui non fissa un congruo termine prima della consultazione referendaria, oltre il quale non possono approvarsi nuove leggi nelle materie oggetto di referendum;
che i ricorrenti prospettano il cattivo uso del potere legislativo, lesivo delle competenze ad essi costituzionalmente garantite, osservando inoltre come il legislatore non sia intervenuto per evitare -- attraverso una modifica della legge n. 352 del 1970 -- quegli intralci agli adempimenti preelettorali che possono conseguire all'approvazione di una legge nell'imminenza delle consultazioni (già segnalati dalla Corte nella sentenza n. 68 del 1978);
che, in particolare, essi rilevano come detta approvazione e la successiva cognizione da parte dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione di una nuova legge in prossimità del referendum impediscano di svolgere la campagna referendaria sul nuovo testo e di provvedere alla stampa delle schede con il nuovo quesito;
che, inoltre, lo stesso Ufficio centrale sarebbe oggetto di un'indebita pressione, non potendo decidere con tranquillità, siccome consapevole "che non vi sarebbe tempo per stampare nuove schede";
che, infine, pur auspicando un'autolimitazione della attività parlamentare fino a quindici - venti giorni prima della consultazione, i ricorrenti ritengono che una soluzione possa trovarsi nell'accoglimento della questione di legittimità costituzionale che come sopra essi chiedono di sollevare.
Considerato che la Corte é chiamata a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi di ammissibilità del conflitto, sintetizzati dall'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nell'espressione "materia di conflitto";
che, sotto il profilo soggettivo, sussiste la legittimazione a ricorrere dei comitati promotori, rappresentanti degli elettori sottoscrittori della richiesta referendaria, i quali agiscono a tutela delle proprie attribuzioni nell'àmbito del procedimento referendario (cfr., da ultimo, ordinanze n. 131 e n. 171 del 1997);
che, sempre sotto il profilo soggettivo, parimenti sussiste la legittimazione passiva della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, essendo essi individuati nella prospettazione come i soggetti che avrebbero posto in essere il comportamento lesivo delle attribuzioni vantate dai ricorrenti;
che, per quanto riguarda poi il requisito oggettivo del conflitto, la lamentata lesione consisterebbe nell'esercizio della potestà legislativa, censurato in quanto non contenuto entro un arco temporale stimato congruo dai ricorrenti;
che, tuttavia, anche in pendenza di un procedimento di referendum abrogativo, "sia nella fase dell'iniziativa e della raccolta delle sottoscrizioni, sia nel corso degli accertamenti sulla legittimità e sull'ammissibilità delle richieste, sia successivamente alla stessa indizione del referendum abrogativo", le Camere conservano la loro potestà legislativa (sentenza n. 68 del 1978), con la conseguenza che il procedimento di formazione della legge, in quanto tale, non può entrare in conflitto con le attribuzioni del comitato promotore del referendum;
che, per altro verso, tali attribuzioni in tutta la loro possibile estensione trovano piena tutela attraverso la garanzia dell'accertamento compiuto dall'Ufficio centrale ai sensi dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970, come risultante dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale pronunciata da questa Corte con la citata sentenza n. 68 del 1978 (cfr. ordinanza n. 45 del 1983), garanzia che non può mai tradursi nella sottrazione, sia pure temporanea, alla competenza del Parlamento di alcune materie soltanto perchè investite dai quesiti referendari;
che, conseguentemente, sarebbe inammissibile il conflitto proposto in ordine a una legge perfetta, già entrata in vigore e diretta ad abrogare le disposizioni investite dal referendum, ed é perciò a maggior ragione inammissibile il conflitto proposto in relazione ad atti del procedimento legislativo anteriori all'approvazione della legge (v. ordinanza n. 45 del 1983);
che con le prospettate eventuali difficoltà nello svolgimento delle operazioni referendarie, derivanti dai tempi delle attività legislative, si ipotizzano inconvenienti operativi ai quali questa Corte non potrebbe comunque porre rimedio (v. sentenza n. 68 del 1978);
che dunque nessuna lesione della sfera di attribuzioni costituzionali del comitato é configurabile per effetto della denunziata attività legislativa in itinere delle Camere;
che la materia del conflitto difetta anche in relazione alla lamentata interferenza sul giudizio dell'Ufficio Centrale per il referendum, in ordine al quale semmai sarebbe tale organo il soggetto legittimato a dolersi;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile, restando assorbita ogni ulteriore questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1997.
Renato GRANATA: Presidente
Cesare RUPERTO: Redattore
Depositata in cancelleria il 5 giugno 1997.